Questa storia è dedicata a Martina. Non so come hai fatto a convincermi a scrivere un capitolo su un quarantenne sposato.
Preferivo aspettare in classe, piuttosto che fuori, che iniziasse la lezione. Il giorno prima il preside ci aveva avvisato che l'insegnate di storia si era rotto entrambe le gambe sciando e che avremmo avuto un supplente per il resto dell'anno. Povero signor. Jackson, chi sa che dolore.
Il fatto che preferisca le deprimenti e grigie mura della classe ai colori della primavera descrive perfettamente il mio tipo di persona: triste, monotona, noiosa. Sono la classica nerd che viene solitamente presa di mira al Liceo. Il punto è: chi si accanirebbe sulla figlia del preside? Solo un folle si avvicinerebbe, di stupidi in questa scuola ce ne sono tanti, ma non sono pazzi.
Mi aspettavo che il nuovo supplente ci facesse iniziare di nuovo tutto il programma e mi chiedevo come avrei passato le noiose e ripetitive ore di lezione sprecate che mi aspettavano. Fantasticavo sull'aspetto del nostro nuovo supplente: sarà un alcolizzato con la barba grigia e la camicia gocciolante di sudore o uno di quelli che richiamano gli alunni come fossero un branco di cani con versi del tipo "pshhh, ragazzii, per favoree" o schioccando la lingua e dita insieme.
Poveri supplenti.
La campana portò con se il fruscio degli studenti che correvano verso le rispettive aule. Alissa Violet fu la prima a raggiungere la classe, prima ovviamente dopo di me. Erano anni che cercava di superarmi, senza mai avere successo. Dopo di lei l'inseparabile coppietta: Erika Ponts e Logan Matthew per mano - come al solito direi - e, infine, tutti gli altri compagni che presero posto dal fondo della classe fino ai prima banchi.
Quando la classe fu piena, finalmente il nostro nuovo professore entrò con un bel sorriso ottimista sul volto barbuto. Non assomigliava per niente al tipo di supplenti che mi ero immaginata, anzi, era tutto il contrario. Era un uomo alto, spallato, curato, di bell'aspetto.
Appoggiò la cartellina sulla cattedra e si presentò.
"Il mio nome è Ben Affleck, per voi sarò Prof., Professore, Signor. Affleck e semplicemente Ben per chi ha la media generale superiore alla A-, cioè per nessuno di voi." Detto questo sorrise. "Domande?" aggiunse. Come da prassi nessuno osò alzare la mano per paura di rimanere monco, così decisi di rompere il ghiaccio.
"Ha intenzione di farci ricominciare il programma, Ben?"domandai in modo sicuro.
Lui si lasciò andare in una risata sincera e profonda. Infilò una mano nella tasta anteriore dei pantaloni. In quel momento mi accorsi che non portava la fede. "Dritta al punto, eh? Bhe non ho intenzione di farvi ricominciare il programma per il semplice fatto che non ho intenzione di ricominciare a metà anno, percui riprenderemo da dove siete stati lasciati."
La lezione finalmente iniziò. Rimasi stupita di come spiegava; era fluido, chiaro, e faceva degli ottimi esempi. Passai le due ore di scuola più piacevoli di sempre. Alla fine delle ore non c'erano cartine per terra, vetri pieni di palline o qualsiasi altro indice di distrazione dei miei compagni. Ero contenta, perchè avevo avuto un bravo professore, un lato di me sperava che la gamba del signor. Jackson non guarisse mai.
"Signorina, la sua media è superiore alla A-?" quella domanda era tipica di tutti coloro a cui davo una mano per studiare. E come rispondevo a questi, risposi a lui. "A. Per essere precisi." E aggiunsi."Non mi chiami signorina, o signora."
Solitamente la domanda successiva era "Come fai ad avere voti così alti?" . Io rispondevo illustrando il mio metodo di studio, perchè mi vergognavo della mia vita sociale. Avere voti così alti, essere il meglio che si potesse trovare implicava fare dei sacrifici, e questo era uno di questi. Non avevo amici, mai avuti, ne fidanzatini. Mai nulla. Ma questo era il prezzo da pagare, papà lo dice sempre: "Essere il migliore significa anche questo. Sacrificio." Io avevo scelto a cosa rinunciare.
Ma quello che mi chiese il professore mi lasciò di stucco. "Non ti prendi mai del tempo per tè stessa?" In quel momento abbassai la testa, perchè oltre a non sapere cosa rispondere, anche se lo avessi saputo me ne sarei vergognata, così decisi che la cosa giusta da fare era dire una bugia. "E' così che mi prendo del tempo per me stessa, studio e faccio del mio meglio per avere un futuro migliore."
"Immaginare il futuro sa di rimpianto." Involontariamente stava usando il sottotitolo del mio libro preferito contro di mè, decisi che per quella giornata ero stata messa in difficoltà già abbastanza.
Quando tornai a casa piansi tanto, piansi perchè aveva ragione quando diceva che immaginare cosa dovrà accadere è come rimpiangere qualcosa, quando sai che quello che immagini non si avvererà.
La mattina seguente avevamo storia all'ultima ora. La mattinata passò velocemente, troppo velocemente.
Quando entrai in classe lui era già là, ad aspettarci. La sua ora fu l'unica a passare con una lentezza snervante. Il suono delle lancette dell'orologio risuonavano nella mia testa come un lavandino che perde. Goccia dopo goccia, minuto dopo minuto, secondo dopo secondo, sempre più forte, sempre più lento, sempre più angosciante e poi il mio nome tagliò l'aria come se fosse una sassata. La sua voce lo faceva sembrare diverso, più vero, più speciale, più mio.
"A cosa stai pensando di preciso?"
"Dovrebbe interessarle?" Solo dopo aver aperto bocca mi accorsi di ciò che ne era appena uscito. Avevo risposto ad un professore. Per un attimo mi guardò con troppa leggerezza per essere arrabbiato ma allo stesso tempo era un sguardo troppo duro per definirsi indifferente o anche divertito. Poi sollevò le sopracciglia e girandosi verso la lavagna mi risponde con "Effettivamente non mi interessa."
Nel frattempo che io elaboravo l'accaduto mi arrivò una frecciatina dal professore. Uno di quei commenti bastardi che ti pizzicano l'anima.
"D'altronde, a chi interesserebbe?"E mi maledissi. "Come, scusi?"Sperai che con questo si zittisse ma non funzionò, anzi, fu peggio ancora. "Ho detto: a chi interesserebbe cosa pensa?"
"E lei chi sarebbe per rispondermi una cosa del genere?"
"Il suo professore, non alzi il tono con me signorina. Non le conviene."
"Ma chi si crede di essere??"
"Ha impegni questo pomeriggio? Perché lo passerà a scuola. In punizione."