Prologo

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Con i suoi soliti capelli color mogano che le svolazzavano davanti al viso, con gli occhi verde smeraldo che cercavano forzatamente di scorgere la strada davanti a loro, Allison corse imperterrita verso l'università.

Guardò velocemente l'orario sull'orologio che le contornava il polso minuto e constatò amaramente di essere in ritardo.

Poteva benissimo saltare la lezione, ormai non era più al liceo dove per un'assenza si dovevano smuovere mari e monti. Ora era responsabile dei suoi studi ma, soprattutto, di se stessa. Eppure corse ancora più veloce, pur di arrivare in tempo. Il laboratorio di scrittura non se lo sarebbe persa per niente al mondo, data la sua passione per la scrittura e il suo sogno di scrivere romanzi.

Dopo una corsa estenuante, finalmente varcò la porta dell'aula, fermandosi proprio davanti ad essa per riprendere fiato.

Come dal suo solito, si sedette in prima fila, cosi da poter seguir meglio la lezione. Tirò fuori dalla sua tracolla nera un bloc notes e si mise composta, armata di penna e tanti buoni propositi, in attesa di istruzioni da parte del suo professore.

"Ragazzi, prima di cominciare, ho una comunicazione da farvi" annunciò l'insegnante, mentre estraeva dalla sua valigetta una pila di fogli, di cui non si riusciva a capire il contenuto data la distanza.

Allison tese le orecchie, era curiosa. Si sa, la curiosità è donna, soprattutto per una ragazza ambiziosa come lei.

Il professore poi continuò: " Quest'anno ci sarà un concorso per voi studenti del secondo anno di scienze della comunicazione. Consisterà nella stesura di un libro. Per cui, il vostro compito, da adesso fino a settembre, sarà di scriverne uno. Il termine della consegna sarà precisamente il 10 settembre, quindi mancano all'incirca sei mesi. In questo tempo non dovete far altro che mettere in pratica tutto ciò che vi è stato insegnato in questi anni con anche la vostra fantasia. Il tutto sarà revisionato accuratamente da uno scrittore famoso la cui identità sarà segreta fino al giorno della premiazione, che decreterà il vincitore. Il miglior libro sarà pubblicato in tutte le librerie d'Italia e sarà tradotto anche in inglese. Per chi volesse partecipare a fine lezione è pregato di recarsi qui alla cattedra per firmare l'adesione. Detto questo, adesso possiamo incominciare" terminò, per poi girarsi alla lavagna e cominciare a scrivere.

Allison fu incantata per quelle parole, o meglio, per l'opportunità che la vita le stava offrendo. Forse avrebbe potuto realizzare il suo sogno nel cassetto e non stava nella pelle. La sua mente stava già elaborando diverse trame, che eliminava cinque secondi dopo averle pensate. 'Troppo banale, troppo scontata' pensò, tra se e se. Stava già andando in panico. La felicità pian piano si trasformò in ansia ed agitazione.

"Signorina Twen, vuole partecipare al concorso?" la risvegliò il professore. Era cosi concentrata a pensare che non si accorse della fine della lezione.

"Si, adesso vengo a firmare il documento. Mi scuri, ero distratta" si scusò, abbassando gli occhi e dirigendosi verso la cattedra.

"Mi raccomando, conto molto su di lei. E' la miglior studentessa di questo corso. Se avesse bisogno, sa dove trovarmi." la liquidò per poi uscire.

La riteneva la miglior alunna del corso. Era sempre precisa nel portare le consegne a termine nei tempi giusti e la considerava estremamente responsabile, forse troppo. Gli piaceva ciò che la ragazza scriveva durante le sue lezioni: la punteggiatura nei posti giusti, le parole adatte , il linguaggio sciolto. Sapeva che poteva andare lontano e voleva aiutarla, nel caso avesse avuto bisogno di qualche consiglio.

Allison rimase lusingata da quella confessione che le era stata fatta. Non pensò affatto di avere un minimo di stima da parte di una persona sicuramente molto più intelligente e istruita di lei.

Con l'anima felice, decise di recarsi in giardino per fumare una sigaretta.

Aveva iniziato all'età di quattordici anni, a causa di una cotta adolescenziale finita male. Ormai aveva preso il vizio e non riusciva a farne a meno.

"Ciao, Allison" pronunciò una voce dietro di lei. Una voce che riconosceva benissimo, nonostante non la sentisse da quattro anni a questa parte.

Non ebbe il coraggio di girarsi, o almeno, il suo cervello ordinò ai suoi muscoli di irrigidirsi e di piantarsi al suolo. Non potè girarsi, non volle. Quei quattro anni passati a dimenticare, per poi sparire al suono della sua voce. Fù come tornare al passato, come rivivere quel dolore che l'aveva distrutta per tanto tempo.

Finalmente i muscoli si sbloccarono e cominciò a fare passi in avanti, senza girarsi indietro. Non era pronta a rivedere quel viso che l'aveva tormentata nelle notti insonni, non era pronta ad affrontare una cosa che era più grande di lei. Aveva imparato ad andare avanti, ormai si era rassegnata e pian piano era diventata un'abitudine.

Non poteva permettergli di buttare giù il muro che si era costruita attorno a se stessa. L'aveva già fatto una volta, e quel muro le cadde tutto addosso, creando ferite che ancora adesso non si erano rimarginate.

"Aspetta, fermati" la richiamò quella melodia.

Cominciò ad accelerare il passo, sperando di scamparla, quando ad un tratto uno strattone la costrinse a voltarsi.

Eccolo li, il motivo per cui era diventata cosi fragile e spaventata.

Occhi blu come il mare, capelli scuri brizzolati, braccia muscolose, fisico non troppo scolpito riempito di tatuaggi. Il solito uomo misterioso e affascinante.

Non era cambiato per niente, tranne per la barba, che lo rendeva più vecchio di qualche anno.

Era bello, anzi, molto più bello di come se lo ricordava. Quello sguardo penetrante che ancora la rendeva vulnerabile.

Ma può, dopo quattro anni, farle ancora questo effetto? Se questo non è amore, ditemi che cosa è.

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