Mark non aveva mai visto nessuno bello come Kieran. Il ragazzo dormiva a pancia in giù con la luce della luna che gli illuminava la schiena scoperta. Era bello, con i lunghi capelli neri sparpagliati, con il viso imperturbabile senza barba − che ricordava un po' quello di un bambino − le lunghe dita sottili strette a pugno e la pelle pallida quasi trasparente, al punto tale che si potevano vedere le vene blu al di sotto di essa.
Addormentato, Kieran sembrava fragile, come un bicchiere di porcellana, di quelli che se li stringi con troppa foga finiscono per rompersi in mille pezzi. Era questo che Mark aveva pensato la prima volta che lo aveva visto: che fosse fragile, insicuro e solo, un po' come lui. Poi, però, aveva incontrato il suo sguardo e aveva capito di non essersi sbagliato mai tanto in vita sua. Negli occhi di Kieran – uno nero e l'altro argento − ardeva un fuoco combattivo, che avrebbe incenerito chiunque gli si fosse messo contro. Non era fragile, tutt'altro: era solo perché non aveva bisogno di nessuno.
Mark non si sarebbe mai immaginato di finire innamorato di uno come lui. In realtà pensava che non sarebbe mai finito innamorato e basta: a volte aveva la sensazione di essere insensibile all'amore, come se questo gli passasse accanto senza toccarlo. Nella sua vita aveva visto tanti bei ragazzi e tante belle ragazze, ma la bellezza gli era sempre sembrata distante e fugace. Si era sempre sentito attratto da essa, ma mai aveva sentito il desiderio di possederla. Con Kieran era stato del tutto diverso.
Era come se Mark fosse vissuto per anni in mezzo ad un prato di fiori osservandoli dall'alto e poi avesse deciso di prendere il più bello ed oscuro fra tutti; riempendolo d'attenzioni affinché non perisse.
Kieran sbuffò, mezzo sveglio, tastando con la mano il lato vuoto del giaciglio, dove pensava si trovasse il suo amante. Mark sapeva cosa voleva dire quel gesto. "Stenditi vicino a me". Così fece.
Smise di osservare il cielo − quella sera una fitta coltre di nubi oscurava le stelle − e tornò a sdraiarsi al suo posto, accanto a Kieran. Il ragazzo gli accarezzò dolcemente il viso, soffermandosi sul contorno della labbra, per poi scendere giù, con delicatezza, oltre il mento, oltre il collo, oltre il petto, per poi posare la mano aperta sul ventre di Mark. La punta delle dita della fata provocava piccole scosse elettriche lungo tutto il corpo dello Shadowhunter; che desiderò che il ragazzo non si fosse fermato, che fosse arrivato più giù, dove l'avrebbe sentito pronto ad amarlo.
Kieran non aveva mai amato nessuno prima di Mark, anche se ci aveva provato. La sua posizione lo rendeva temuto e rispettato allo stesso tempo, faceva si che nessuno gli si avvicinasse veramente. Quell'isolamento aveva da sempre pesato sulle spalle di Kieran che ne soffriva, nonostante dimostrasse il contrario. Mostrarsi debole, fragile, bisognoso d'affetto, era più difficile di quanto credesse, ma nessuno alla corte delle fate lo aveva preso realmente in considerazione: il loro tipo di amore era totalmente diverso da quello umano, perché avevano tutta l'eternità davanti a loro. Kieran ammirava così tanto l'amore umano che alla fine se ne era innamorato.
Quando vide Mark per la prima volta, fu quasi impossibile resistergli. Nonostante di aspetto fosse come loro, magro, con i capelli scompigliati, le orecchie a punta, gli occhi di colore diverso, dentro era completamente inusuale. Sembrava emanare un'aura di solitudine e tristezza. Dentro, Mark era come Kieran. Il suo essere in parte umano gli conferiva, inoltre, ciò che le fate bramavano disperatamente, perché non possedevano: il coraggio di cedersi, totalmente e incondizionatamente, ad un'altra persona.
«Stai pensando ai tuoi fratelli?» chiese Kieran, geloso di loro. Sapeva che i sentimenti provati da Mark per lui erano diversi dall'amore fraterno, sapeva che gli esseri umani credevano che ci fosse più di un tipo di amore, ma sapere che il cuore dell'amato non gli apparteneva del tutto, che c'era sempre qualcuno con cui dovesse spartirlo gli faceva paura. Era quello il rischio che correva a donarsi totalmente ad una persona ferita: il fatto che, inevitabilmente, non si possa essere l'unico amore della sua vita.
«No» rispose Mark scuotendo leggermente la testa. Essendo in parte Shadowhunter, Mark avrebbe potuto mentire, ma preferì dire la verità. Nel cielo senza stelle era difficile pensare ai suoi fratelli.
Si chiedeva spesso dove fossero, se stessero tutti bene, se Helen vegliasse su di loro. Era difficile essere così lontano da loro, non solo fisicamente, ma anche psicologicamente. Era una fata ormai e lo sarebbe stato per sempre. Il mondo degli Shadohunters lo aveva tradito e ignorato, non avrebbe più voluto tornare a farne parte. Il suo posto era accanto a Kieran, l'unico che poteva salvarlo dal buio nel quale la sua anima era precipitata.
«Desideri tornare con loro?» domandò Kieran con insistenza. La sua gelosia chiedeva a gran voce risposte. Aveva bisogno di sentirsi rassicurato, di sapere che Mark sarebbe rimasto con lui per l'eternità, la necessità di saperlo con lui per l'eternità era impellente.
«Vuoi che me ne vada?» rispose lui, con quel modo di fare che hanno le fate per evitare di dire la verità. Kieran fu rassicurato da quella risposta: è uno di noi. Pensò. Non se ne andrà, appartiene alle fate. Appartiene a me.
Kieran deglutì e accarezzò con mano tremante il volto di Mark. Non era sicuro di voler sentire la verità da Mark, sapeva quanto amava la sua famiglia, quanto tutti fossero importanti per lui. Tutto ciò che poteva fare era dargli così tanto amore da fargli scordare tutto il resto.
«Ti amo, Mark Blackthorn» sussurrò piano.
Quello che accadde dopo fu inevitabile. La mano di Kieran scivolò giù e Mark si irrigidì quando si fermò sul punto desiderato. Con un rapido movimento si sdraiò sopra di lui e iniziò a baciarlo con foga. I due si abbracciarono stretti, così tanto che parvero entrare l'uno nella pelle dell'altro.
Entrambi erano magri, ossa che cercavano il contatto con altre ossa, in cerca di quell'amore tanto desiderato, sperando di poter trovare un po' di sollievo ai propri dolori.
Quando erano avvinghiati in quel modo non erano più due persone distinte, ma solo una che cercava, come meglio poteva, di aggiustarsi. L'amore tra loro due scaturiva da due cuori spezzati che, uniti, tentavano di comporne uno funzionante. Era così difficile amarsi con la loro intensità e cercare di rimanere il più silenziosi possibile.
Mark spesso graffiava la schiena di Kieran o gli lasciava segni di morsi lungo il collo e le clavicole, perché aveva la necessità di esternare l'amore che provava, di dimostrare che ciò che amava era reale e non gli sarebbe stato strappato da sotto gli occhi come l'ultima volta. Non poteva perdersi di nuovo ciò che amava con tutto il suo cuore.
Kieran, invece, sapeva quanto Mark odiasse il dolore e mentre facevano l'amore gli accarezzava delicatamente le cicatrici, sia quelle provocate dalle fate, sia quelle lasciate dai marchi di quand'era ancora uno Shadowhunter. Percorreva il segno della sofferenza dell'amato, sentiva la pelle in rilievo sotto le sue dita e si immergeva nel suo dolore, come se al tempo stesso volesse curarlo e scusarsi per tutto ciò che aveva dovuto sopportare.
Mark non meritava il male che gli era stato inflitto e Kieran non meritava Mark.
Ma come si può pensare a ciò che si merita quando l'amore della tua vita ha il corpo che aderisce al tuo, mentre ti bacia come se in quel bacio trovasse la salvezza dalla dannazione dell'inferno? Come si fa a non essere egoista quando l'amore spinge sempre di più dentro di te, fino ad arrivare al culmine, fino a quando il tuo petto ansante si alza e si abbassa ritmicamente con il suo, i vostri cuori sono sintonizzati sullo stesso ritmo?
Se questo voleva dire amare ed essere egoista, allora Kieran avrebbe amato e sarebbe stato egoista.
Mark e Kieran erano opposti, come la luce ed il buio, il giorno e la notte. Sempre insieme e sempre divisi. A guardali bene sembrava fossero un'unica cosa, come il cielo che sfuma sull'oceano quando sono dello stesso colore e all'orizzonte si perde la linea di confine, così non si capisce bene dove finisca l'uno e dove inizi l'altro.
Dove c'era sofferenza interveniva l'amore a combatterla, ma l'amore veniva sempre sopraffatto da essa. Forse era vero che due cuori rotti amavano molto più di uno sano, perché quello di amarsi non era solo un dono che facevano l'un l'altro, ma una necessità che, se non soddisfatta, avrebbe portato entrambi alla rovina. Non si trattava di innalzarsi al cielo o di marcire all'inferno, ma della linea sottile che divideva la sopravvivenza dall'esistenza.
Ogni volta che Mark e Kieran si amavano, esistevano.
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Esistere
FanfictionAddormentato, Kieran sembrava fragile, come un bicchiere di porcellana, di quelli che se li stringi con troppa foga finiscono per rompersi in mille pezzi. Era questo che Mark aveva pensato la prima volta che lo aveva visto: che fosse fragile, insicu...