Stay.

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Entrammo in cucina e mi guardò con aria di sfida.

"Beh, cosa preparo a una ragazza esile come te e con palese scarsa stabilità?"

"Scusami?!" risposi io alzando il sopracciglio sinistro e accomodandomi fluentemente su uno degli sgabelli vicino a lui.

"No dico, dato che abbiamo avuto prova del tuo scarso equilibrio, preferirei prepararti qualcosa di leggero, onde evitare di doverti soccorrere ancora" ribatté lui.

"Oh, non preoccuparti per me. Prendo la stessa cosa che prendi tu, a meno che non sia tu quello a volersi mantenere leggero..."

Sghignazzò senza rispondere e cominciò a trafficare con le bottiglie.

Avevo iniziato un gioco decisamente pericoloso. Non ero affatto stabile, non tanto fisicamente, come accusava ingiustamente il mio interlocutore, quanto piuttosto mentalmente. I fantasmi della storia con Andrea infestavano ancora il mio quieto vivere quotidiano e mi sembrava di vederlo, qualunque cosa facessi. Quello stesso giochino di sguardi e battutine, in cui mi ero avventurata quella sera, mi ricordava il rapporto che avevamo io e Andrea, prima che la nostra amicizia si trasformasse in una storia vera e propria. Ricordavo l'adrenalina messa in circolo dalle frecciatine e dalle occhiate maliziose e, se non fossi stata alticcia in quel momento, sicuramente non sarei riuscita ad andare avanti.

"Ecco qua! – fece lui porgendomi uno dei due bicchieri che aveva preparato – A questa tua avventura, che possa essere costruttiva ed edificante per il tuo futuro".

Mimai un'espressione di stupore con la bocca e assaggiai il mix. Era fortissimo e, per quanto cercassi di contenermi, un'espressione di disgusto mi si palesò sulla faccia.

"Dio che schifo! – mi anticipò lui – Dammi qua, facciamone un altro!" disse prendendo i bicchieri e svuotandoli nel lavandino. Tornò di fronte al tavolo e il velo di sicurezza che aveva issato cadde rovinosamente a terra, rivelando la sua estrema confusione.

"O Dio! – feci io spostandolo delicatamente – Lascia fare a me, siediti lì e impara".

Harry mi obbedì e stette a guardare. Cominciai a frugare qua e là e, trovati gli ingredienti del Mojito, ne preparai due.

"Wow! – esclamò lui sinceramente stupito – Ci sai davvero fare!"

"Me l'hanno insegnato durante il periodo universitario. Certe abilità possono risultare fondamentali in certi contesti". Gli rivolsi involontariamente un occhiolino e brindammo ancora.

Rimanemmo lì in cucina a parlare per un po', finché non mi chiese di andare a ballare. Nel momento in cui entrammo nel salotto, vidi Magda avvicinarsi alla radio e partì un lento. La fulminai con lo sguardo, ma Harry mi tirò a sé prima che potessi vedere la risposta della mia amica.

Avvolse delicatamente le mani intorno ai miei fianchi e io annodai le braccia dietro il suo collo. Contro ogni previsione, mantenne comunque le distanze di sicurezza e il ballo non prese la piega che temevo prendesse. L'unica cosa che facevamo era guardarci in silenzio. Lui aveva mantenuto un certo piglio malizioso negli occhi, io decisamente quello alcolico. Sentivo le palpebre terribilmente pesanti e la mia espressione non doveva essere delle più intelligenti. La testa mi girava vorticosamente e, dopo qualche minuto così abbracciati, mi staccai per andarmi a sedere sul divano.

"Stanca?" fece lui gettandosi affianco a me.

"Ubriaca più che altro!"

"Già?! Ma allora avevo ragione".

"No, caro! – feci io alzando il dito in aria, in segno di puntualizzazione – Io ho iniziato a bere da un'ora prima che arrivassi tu e soprattutto non mangio nulla da oggi a pranzo".

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