2nd.

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Quella mattina mi svegliai tardi, molto tardi. Purtroppo era di routine arrivare tardi a lavoro e subire tutte le sgridate, giustamente, a me assegnate.
Sarei dovuta arrivare alle 9:00 davanti alle saracinesche ancora chiuse del negozio per essere certa di entrare puntuale, ma quella mattina aprii con difficoltà gli occhi, me li stropicciai e mi sgranchii un po' allungandomi. Guardai istintivamente la sveglia e vidi che erano le dieci meno venti minuti.
Mi alzai di scatto abbandonando il desiderio di sonnecchiare ancora un po'.
Corsi in bagno, mi lavai la faccia e andai a fare colazione, bevvi una tazza di latte freddo accompagnata con dei biscotti al cacao tutto si svolse su una tavola apparecchiata al momento con poco impegno.
Successivamente corsi di nuovo in bagno per lavarmi i denti e profumarmi un po'.
Mi recai in camera ed indossai una comoda tuta trovata nell'armadio.
Prima di uscire passai davanti a uno specchio grande posizionato affianco alla porta principale e persi qualche minuto per osservarmi:
Quella tuta mi ingrassava rendendo la mia esile colonna vertebrale ancora più curva di quello che non era già. Le scarpe da ginnastica erano tutte sporche e risaltavano il fatto che non avevo tanto tempo a disposizione per pulirle.
La felpa mi stringeva i fianchi lasciandomi il segno e i miei polsi passavano a fatica dentro le maniche con gli orli sfilacciati di quell'indumento.
Alla fine guardai il viso, avevo dormito così comodamente e senza pensieri che mi era rimasto sulla guancia il segno delle pieghe del cuscino con la federa rosa confetto.
Uscii di casa e seguii la strada che mi avrebbe portato al negozio dove lavoravo, feci tutto il tragitto a piedi, con i brividi che mi correvano lungo la schiena per la paura di ciò che avrebbero potuto dirmi e farmi a causa dell'evidente ritardo.
Voltai l'angolo della strada e mi ritrovai di fronte a un lungo vicolo, lo percorsi e arrivai di fronte alle vetrine del negozio d'abbigliamento in cui lavoravo.
L'arredamento delle vetrine non risaltava abbastanza la qualità di quel negozio, c'erano manichini vestiti senza interesse ma coperti da abiti solo per il motivo di dover arredare una vetrina. Non mi piaceva lavorare lì, non mi sentivo abbastanza libera e sembrava che quel posto aiutasse ad aumentare il carico di problemi che avevo per la testa.
Mi trattavano con sufficienza senza mai pensare al fatto che io magari non venivo lì perché mi piaceva, ma solo ed esclusivamente per un misero ma pur sempre uno stipendio.
Prima di accettare l'idea di dover andare a lavorare lì avevo passato in rassegna molti altri negozi che però non cercavano personale, quella era stata la mia ultima scelta, nonché l'unico posto in cui cercassero personale. Mi ero stufata di cercare un posto migliore di quello e quindi accettai l'incarico come commessa per un negozio di abbigliamento sportivo.
Quella mattina il negozio era stranamente pieno e il tutto era un pullulare di persone di ogni genere.
C'erano persone che guardavano il comodo, altre che cercavano solo ciò che poteva sembrare bello anche se sportivo.
Alcune persone si potevano permettere le scarpe sportive molto costose solo per il bello di poter andare in giro ricordando a tutti il prezzo di quel favoloso capo e altri, in contrario ai precedenti, non potevano permettersi di spendere molti soldi per l'abbigliamento e cercavano tutto ciò che stava sotto i trenta euro.
Entrai, pensando già al tipo di punizione che il titolare mi avrebbe potuto assegnare, ma notai che i miei colleghi mi accolsero con un saluto accompagnato da un grande e splendente sorriso sul volto.
Non capii subito il motivo di tutta quella felicità che mi si stava donando quella mattina ma una vocina mi risuonò nella testa per come per avvertirmi del fatto che oggi compivo ventun anni.
Le labbra mi si allargarono sul viso in un grande e spontaneo sorriso e da dietro la cassa spuntò la mia torta di compleanno con sopra una scritta improvvisata di crema al cioccolato bianco:
"Buoni 21 anni nostra amata Emily"
Ringraziai tutti del pensiero e mi misi immediatamente a lavorare, in confronto alle altre giornate, quella di oggi era stata una giornata piena ma tranquilla e non eccessivamente faticosa.
Tornai a casa con cinquanta euro di mancia e pensai alla bella giornata passata.
Ero riuscita a far comprare molta merce, dalle scarpe costose a quelle meno care, dai pantaloni alle gonne, dalle felpe alle maglie.
Quella sera non cenai nemmeno, ero troppo stanca ma contemporaneamente felice per il pensiero che mi era stato fatto in negozio.
Prima di mettermi a letto per continuare la lettura del mio libro svuotai la borsa e vidi qualcosa di bianco e appuntito spuntare da una tasca. Era una lettera, la rigirai più volte tra le mani per scorgerne i più piccoli particolari e mi accorsi che era proprio indirizzata a me, Emily Jhane.
Era arrivata in negozio e qualcuno me l'aveva messa dentro la borsa mentre io ero troppo distratta dai clienti.
Me la mandavano dalla Nuova Zelanda, pensai velocemente alle mie poche amicizie per cercare di ricordare qualcuno che abitava nella lontana Nuova Zelanda ma no, nessuno che arrivava da laggiù.

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