Ero immersa nei miei sogni quando sentii la sveglia suonare, erano le sette del mattino e alle nove sarei dovuta essere da Starbucks a cominciare il mio nuovo lavoro.
Controvoglia mi alzai dal letto e mi stiracchiai sbadigliando, guardai fuori dalla finestra e il cielo era cosparso di nuvoloni grigi carchi di pioggia. Amavo i temporali estivi ma il cielo grigiastro che precede quella fastidiosa pioggerellina nel periodo invernale mi metteva una tristezza terribile. La strada era già piena di macchine in coda e i marciapiedi affollati di persone che sgomitavano per farsi largo fra la gente. New York era davvero caotica, troppo rumore, troppe persone, mi metteva davvero troppa ansia. Me ne sarei andata se solo avessi potuto ma purtroppo era già tanto se avevo i soldi per mangiare, figuriamoci per cambiare casa.
Mi avvolsi in un tiepido golfino di lana che era rimasto a scaldarsi sul termosifone acceso tutta la notte e mi recai in cucina per fare colazione, non avevo per niente fame, il mio stomaco era chiuso e al solo pensiero del cibo mi veniva da vomitare. Ingoiai a fatica latte e cereali e tornai in camera a prepararmi.
Uscendo dalla porta di casa notai che dalla cassetta delle lettere spuntava una busta, la aprii e ne lessi il contenuto: " Cara Echo, come stai? Qui manchi a tutti. Tua sorella non vede l'ora di vederti a Natale, verrai a trovarci per le vacanze natalizie vero? Manchi pure a papà... è ancora dispiaciuto per quel giorno, credo che dovresti perdonarlo, ha sbagliato ma ti vuole tanto bene. Rispondimi al più presto. Baci, mamma."
Mia madre era solita a mandarmi una lettera ogni settimana ma io non le rispondevo mai, si riferiva all'anno prima, quando dopo una brutta lite con mio padre me ne andai dalla mia casa in California e non mi feci più vedere. Mi dispiaceva per lei, era una donna così fragile...ma mio padre, beh mio padre non mi mancava nemmeno un po'. Sono sempre stata un fallimento per lui, ogni cosa che facevo era sbagliata ed ero davvero stufa di sentirmi inutile ai suoi occhi.
Misi la lettera in borsa e cominciai a camminare verso la metropolitana. Il vento freddo mi pungeva le guance e le rendeva di un ridicolo colorito rosso acceso. Mi strinsi nel cappotto di lana e accelerai il passo. Presi la metropolitana e scesi alla mia fermata per poi camminare ancora verso Starbucks.
Appena entrai nel negozio un'ondata di profumo di caffè mi accolse. Non era molto affollato ma c'era comunque parecchio brusio.
"Sei quella nuova?" Mi chiese una signora sulla quarantina, aveva i capelli color mogano e profumava di cannella.
"Sì, sono Echo. Piacere." Risposi cercando di abbozzare un sorriso socievole.
"Io mi chiamo Jenna, piacere. Hai mai lavorato da Starbucks?"
"Sì, quest'Estate."
"Fantastico quindi sai già come si preparano le bevande?"
"Sì."
"Benissimo, seguimi."
La seguii dietro al bancone e mi diede il compito di prendere gli ordini e di preparare ciò che chiedevano. Facile.
Come primo giorno non fu male ma Jenna mi diede il compito di restare a pulire e di chiudere una volta finito.
Erano le otto e mezza ed ormai fuori era calato il buio già da un po', odiavo girare per New York di sera, non mi sentivo affatto sicura. Uscii dal negozio e mi avviai a passo spedito verso la metro, per strada non c'era nessuno, probabilmente erano già tutti a cenare. Svoltai per una stradina che sapevo accorciava il percorso di parecchio. Voltai un secondo la testa e notai di avere un signore dietro. Ricominciai a camminare velocemente e notai che anche lui accelerò il passo. Presa dall'ansia iniziai a correre e sentii che pure lui stava correndo. Corsi con tutte le mie forze ma ormai mi aveva praticamente presa. "Aiuto!" Urlai, ma nessuno poteva sentirmi. La strada era deserta. Ad un certo punto lo sentii afferrarmi da dietro. Cercai di urlare ma mi tappò la bocca. Avevo paura. Tanta.
Improvvisamente, quando ormai pensavo di essere spacciata sentii il rumore di una moto avvicinarsi, ne scese un ragazzo con la giacca di pelle e i capelli neri.
"Ehi tu! Cosa pensi di fare?!" Urlò il ragazzo misterioso al signore che mi teneva bloccata.
"Vattene ragazzino se non vuoi farti male. Lasciami qui con questa bella ragazza. Vediamo quanti soldi ha" Ringhiò quello da dietro di me.
Il ragazzo allora gli saltò addosso e io finii a terra sbattendo contro al muro. Bastò qualche pugno e il signore se ne andò correndo.
"Codardo!" Gli urlò il tipo dai capelli neri. Poi mi guardò e mi aiutò a sollevarmi da terra.
"Tutto apposto?"
"Sì..io..io..non so come ringraziarti, se tu non fossi arrivato.." Scoppiai a piangere e mi coprii il viso con le mani.
"Ehi, tranquilla. Non girare più sola per queste strade di sera, è pericoloso."
"Sì.." Mugugnai.
"Io sono Andres, piacere"
"Echo.."
"Senti lo vuoi un passaggio?"
"Non disturbarti..io.."
"Shh zitta. Prendi il mio casco e sali". Mi sorrise.
Salii sulla sua moto e mi aggrappai alla sua schiena. Aveva un buonissimo profumo, come quello dell'oceano dopo una tempesta.
"Arrivati dormigliona." Disse.
Mi ero addormentata addosso a lui...che vergogna.
"Grazie del passaggio." Sussurrai assonnata.
"Figurati. Ci vediamo, Echo."
Partì sfrecciando sulla sua moto e io rimasi sulla porta a guardarlo andar via. Ad un tratto sentii qualcosa di freddo sulla guancia, guardai in alto e notai dei piccoli fiocchi bianchi scendere dal cielo. Neve, da quanto non la vedevo.

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Under the snowflakes
Romance..."Niente... è che sono brava a rovinare le cose belle. Ho la capacità di far crollare i rapporti con gli altri, di sbagliare sempre, di non saper tenermi le persone, di non capire, di non saper dimostrare cosa provo. Da me si può soltanto andare v...