Piccola premessa dovuta. Questa storia vorrebbe essere un capitolo estratto da Diario di un ottimista accidentale. Sfortunatamente invece è solo frutto della mia fantasia.
Capitolo 12
Ho riscritto questo capitolo sei volte. In una prima stesura del libro questo capitolo mancava completamente. Avevo pensato che, non essendo completamente a mio agio a raccontare tutta la storia dal principio alla fine, sarebbe stato meglio non raccontare nulla. Ma non mi soddisfaceva. Non era credibile, non era vero. Così ho cominciato a inserire qualche aneddoto. E pian piano la storia si é formata. Questo è il risultato.
La prima volta in cui l'ho visto ho pensato che fosse uno stronzo. Era molto rigido, dalla sua espressione sembrava si credesse nettamente superiore a chiunque altro nella stanza. Ricordo bene la nostra prima conversazione: dovevamo girare alcuni video promozionali e, dopo essermi presentato, avevo cominciato ad esporgli le mie idee. Lui mi ascoltò con calma, scosse la testa e mi disse: "In video non funzionerebbe mai." Avevamo parlato per meno di due minuti e già lo detestavo. Decisi che fosse altezzoso e arrogante e mi riproposi di stargli alla larga. Non avevo neanche minimamente preso in considerazione l'idea che fosse agitato e si sentisse molto sotto pressione. Tutti i membri della mia squadra avevano esperienza, tranne lui. Aveva paura di non essere preso sul serio, di essere visto come il ragazzino con la telecamera in mano, anziché il regista che sperava un giorno di diventare. Ma io non lo sapevo. E lo giudicai insopportabile.
Ricordo bene anche la prima volta in cui mi colpì in positivo. Eravamo in tour in Europa, erano le quattro del mattino, dopo uno show. Non ero mai andato davvero oltre l'opinione che mi ero fatto su di lui al nostro primo incontro. Pian piano mi aveva dimostrato di essere bravo nelle riprese e nella regia. Avevo imparato ad apprezzarlo come collaboratore. Ma non come persona. Eravamo nella hall dell'albergo in cui alloggiavamo con la crew. Mi trovavo nella hall perché non riuscivo a dormire e le quattro pareti della mia stanza avevano cominciato a starmi strette. Lui era seduto su un divanetto, con il computer in grembo e le cuffie alle orecchie. Gli passai accanto e non potei fare a meno di salutarlo. La hall era deserta, l'albergo completamente in silenzio. Non volevo sedermi accanto a lui ma sarebbe stato troppo scortese ignorarlo. Gli chiesi quindi cosa stesse facendo. Per i video dovevamo sottostare alle direzioni della casa discografica, pubblicandone uno a settimana. Tempistica non proprio ideale ma neppure troppo stringente. La sua risposta quindi mi stupì: stava lavorando al video fatto quella sera stessa. Non so esattamente cosa fu. Forse la semplicità con cui lo disse, come se fosse una cosa ovvia o forse la passione per quello che stava facendo che lessi nel suo sguardo. Fatto sta che improvvisamente la hall dell'albergo deserta e la conseguente sensazione che il resto del mondo non esistesse non mi disturbavano più. Da quel momento cambiai idea su di lui.
Pian piano facemmo amicizia. Imparai molte cose su di lui. Imparai a capirlo attraverso i suoi video. Riusciva a trasmettere qualcosa di sé pur riprendendo me. Da lì capii che un regista lo sarebbe diventato sul serio, un giorno. E imparai a conoscere il mondo che celava al di là della videocamera. E a poco a poco ai miei occhi smise di essere il cameraman e divenne il ragazzo di 22 anni che era. Con tutti i suoi difetti ma anche con i suoi pregi. E con la sua bellezza, che notavo ogni giorno di più.
Non dimenticherò mai il nostro primo bacio. Fu dopo uno show non diverso da tutti gli altri. Ma qualcosa nell'energia del pubblico quella sera mi colpì. E mi contagiò. Non penso mai a nulla che non sia la musica mentre mi esibisco. Ma quella sera durante Happy ending non riuscivo a concentrarmi. Continuavo a pensare a come la situazione fosse cambiata rispetto ai miei diciassette anni; a come un happy ending, se l'avessi voluto e se ne avessi avuto il coraggio, ci sarebbe potuto essere davvero. Finito lo show corsi nel backstage. Lo cercai ovunque e alla fine lo trovai nel mio camerino. E lì capii che aveva deciso. Proprio come me.
Forse ho detto anche troppo. Gli ho chiesto cosa fosse a suo agio che condividessi. Al solito, mi ha dato carta bianca. Quindi ecco cosa sono io a mio agio a condividere. Non è tutta la storia, neppure lontanamente. Ma sono i primi passi, i più importanti.
Angolino autrice:
L'ispirazione per questa piccola OS nasce mesi fa, ma fino ad oggi non ero mai riuscita a trovare le parole adatte da far uscire dalla penna di Mika. Spero di essermi avvicinata quanto più possibile al suo stile. Immagino lo scopriremo quando (se!) pubblicherà il libro.
Grazie per aver condiviso questa storia con me.
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Diario di un ottimista accidentale
FanficNon so esattamente cosa fu. Forse la semplicità con cui lo disse, come se fosse una cosa ovvia o forse la passione per quello che stava facendo che lessi nel suo sguardo. Fatto sta che improvvisamente la hall dell'albergo deserta e la conseguente se...