Nella prima metà dell'Ottocento il filosofo tedesco Arthur Schopenhauer sviluppa una filosofia pessimistica influenzata dal buddhismo e destinata a sua volta ad esercitare una profonda influenza non solo sulla filosofia, ma anche sull'arte e la letteratura. Nell'analisi di Schopenhauer, l'esistenza umana è caratterizzata dalla sofferenza e dalla noia; la prima nasce dal bisogno, che è mancanza ed insoddisfazione, mentre la seconda subentra appena il bisogno viene soddisfatto. Unica via d'uscita è la liberazione dalla volontà, la forza cosmica che ci costringe a cercare la vita con il suo dolore. La liberazione è indicata nel buddhismo con la parola nirvana. Essa è propriamente la cessazione del desiderio, che Schopenhauer, non diversamente dal Buddha, considera realizzata pienamente attraverso l'ascesi. L'incontro di Freud con Schopenhauer avviene nel momento forse più travagliato del suo pensiero, in cui, se da un lato getta le basi della più matura formulazione della sua concezione del soggetto, dall'altra tocca tematiche in cui l'aspetto speculativo sembra prevalere sulla ricerca empirica. Alla fine della seconda guerra mondiale Freud è indotto da quel dramma storico e da alcune tristi vicende personali (principalmente la morte della giovane figlia Sofia) sul lato oscuro, violento, distruttivo dell'essere umano. Nasce così Al di là del principio di piacere, pubblicato nel 1920. Durante e dopo la guerra era diventato particolarmente diffuso il fenomeno delle nevrosi traumatiche, una particolare forma di nevrosi nelle quali un trauma non è solo occasione per l'insorgere della nevrosi, ma diventa anche il contenuto del sintomo nevrotico. La persona affetta da nevrosi traumatica, in altri termini, torna continuamente all'evento traumatico, e ciò principalmente nel sogno, nel quale l'evento viene riproposto sotto forma di incubo ricorrente. Freud mette in relazione questa ripetizione nevrotica di un evento traumatico con il comportamento di un bambino di un anno e mezzo, osservato a casa di amici. Il bambino aveva l'abitudine di scagliare lontano i suoi giocattoli e di farli poi ricomparire (ad esempio lanciando un rocchetto di legno con dello spago arrotolato e tirando lo spago per farlo ricomparire), provando una evidente soddisfazione quando l'oggetto ricompariva. Questo comportamento non era, nella interpretazione di Freud, che una riproposizione in forma di gioco di una scena che doveva procurare non poca angoscia al bambino: la scena dell'abbandono da parte della madre e del suo ricomparire. In entrambi i casi abbiamo dei dati che sono in netto contrasto con il principio di piacere. Sognare un evento traumatico o ripetere, attraverso il gioco, una scena che provoca angoscia come l'allontanamento della propria madre sono cose che non possono dare piacere. In esse si rivela piuttosto qualcosa di diverso: la coazione a ripetere. È una coazione che si manifesta durante la relazione tra il paziente e l'analista, durante la quale il primo, invece di ricordare il materiale infantile rimosso, lo ripete con una esperienza attuale; in questo modo alla nevrosi subentra unanevrosi di transfert. La coazione a ripetere si può osservare anche nella vita di persone prive di sintomi traumatici evidenti: "Ci sono persone – scrive Freud – che danno l'impressione di essere perseguitate da qualche fato maligno o possedute da qualche potenza 'demoniaca'; ma la psicoanalisi è stata sempre del parere che il loro destino è in massima parte da essi stessi fabbricato, oltre ad essere determinato da influenze stabilite nella prima infanzia". Sembra che molte vite seguano un copione ripetitivo, con esperienze finiscano sempre allo stesso modo; dietro questo copione c'è una tendenza del soggetto a ripetere una esperienza originaria, e ciò sia nel caso che la persona sia attiva (ad esempio nella scelta, nella esaltazione e nel rapido abbandono della persona amata) che in quello in cui la persona subisca passivamente quello che sembra essere un destino avverso. Anche in questo caso (Freud cita il caso di una donna che per tre volte si sposa e per tre volte vede morire i mariti poco dopo le nozze) la psicoanalisi ipotizza che sia all'opera una tendenza inconsapevole a ripetere esperienze spiacevoli. In tutti questi casi il principio del piacere si rivela insufficiente. La spiegazione dei sogni come appagamento di un desiderio è inadeguata per spiegare gli incubi che ripropongono un evento traumatico. Essi obbediscono piuttosto alla logica della coazione a ripetere. Ma cosa c'è dietro la coazione a ripetere? C'è una pulsione particolare, che Freud definisce "demoniaca", la cui azione oltrepassa il campo dell'umano. La vita sul nostro pianeta è emersa da materia inanimata, per intervento di una forza di cui nulla sappiamo. Così è nata la vita, nelle sue forme più elementari. In seguito si è evoluta, fino a raggiungere le forme più complesse ed a conquistare la coscienza. Ma questa evoluzione non è, per Freud, una tendenza insita nella vita, quanto piuttosto l'effetto continuato di interventi esterni. Di per sé, la vita ha la tendenza a ritornare allo stato originario della vita inorganica: "Se noi accettiamo come verità, non passibile d'eccezioni, che ogni cosa che vive muore per cause interne - tornando allo stato inorganico -, allora dovremo anche dire che 'la meta di ogni vita è la morte', e, guardando ancora più indietro, che 'le cose inanimate preesistevano a quelle vive'". Questa tendenza demoniaca è la pulsione di morte. Ad essa si contrappongono le pulsioni sessuali, che assumono così il ruolo di pulsioni di vita. Il pensiero di Freud assume così un carattere dichiaratemente dualistico. Non solo nell'uomo, ma in tutto ciò che vive esiste una tendenza alla morte, a tornare all'inorganico da cui è nata la vita, contrastata dalla tendenza a preservare la propria unità e ad associarsi ad altre unità vitali, costituendo organismi più complessi. Per la comprensione delle pulsioni sessuali nulla, per Freud, è più efficace del vecchio mito platonico esposto da Aristofane nel Simposio: in origine esisteva l'ermafrodito, che fu separato da Zeus nel suo elemento maschile e femminile, che da allora cercano di ricostituire l'unità originaria. È così che opera la sessualità nel mondo umano, ma più generalmente si può scoprire una tendenza simile nella vita delle cellule e nella loro tendenza a costituire organismi pluricellulari. Come si vede, può essere fondato il dubbio che il pensiero freudiano sconfini, il Al di là del principio del piacere, nella metafisica o addirittura nel mito. Freud stesso osserva: "Mi si potrebbe chiedere se e in qual misura io stesso sia convinto della verità delle ipotesi che sono state formulate in queste pagine: e la mia risposta sarebbe che io non ne sono convinto né pretendo di persuadere qualcuno a credervi. O, più precisamente, io stesso non saprei dire fino a che punto io vi creda". Sarebbe errato però negare ogni valore scientifico a questa fase del pensiero freudiano, se non altro perché la tendenza alla distruzione ed al ritorno all'inorganico, comunque si giudichi dal punto di vista metafisico, è una tendenza all'opera nella storia, una forza realmente demoniaca che induce l'uomo a ripetere le esperienze della violenza, della guerra, dell'assassinio di massa.
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Freud e la psicoanalisi
Non-FictionQuesto percorso di psicologia fa parte di DISCORSO COMUNE, un progetto di divulgazione delle Scienze Umane presente in internet all'indirizzo www.discorsocomune.info