Un'antologia di testi ed estratti da due delle opere più importanti di Platone: il Fedro e la Repubblica.
→Introduzione
→Traduzione
→Analisi stilistica
La Repubblica si conclude con uno dei miti platonici di più ampio respiro, una grande allegoria escatologica che delinea il destino dell'anima nel suo viaggio dopo la morte.
E la descrizione di un viaggio estatico che richiama quei voli dell'anima che caratterizzavano l'esperienza mistica di alcuni sapienti arcaici (i cosiddetti iatromantio sciamani greci). Infatti, mentre il corpo giace in uno stato di morte apparente, la ψυχήdi Er compie un viaggio nel regno oltremondano, assiste al sistema di premi e di castighi infernali, e ne ritorna per narrare quanto ha visto e appreso nel mondo degli spiriti. Il mito riprende alcuni temi dell'escatologia platonica sviluppati anche in altre opere (come nel Fedone o nel Gorgia), in particolare la teoria della μετεμψύχωσις e quella dell'anamnesi, secondo la quale la sapienza è il risultato delle esperienze di vite precedenti.
Ma il mito di Er è anche un racconto di grandissima potenza narrativa, per la forza visionaria del quadro oltremondano mosso da drammi terrifici e da spettacoli di mistica perfezione.
Riassunto
Er si trova in uno stato di morte apparente e la sua anima compie un viaggio nell'oltremondano, dove ha modo di vedere cosa accade alle anime dopo la morte: il giudizio a cui sono sottoposte, la disposizione a sinistra delle anime cattive e a destra di quelle buone. Ma Er non riceve il trattamento delle altre anime, giacché non è morto e il suo viaggio servirà come testimonianza per i vivi, quando farà ritorno dopo dodici giorni. In particolare, nell'estratto, ci si sofferma sul momento della scelta che le anime devono compiere per vivere poi sulla terra: Platone dice che ognuno è responsabile della propria decisione che porterà di conseguenza ad uno stile di vita giusto o ingiusto. Attraverso la conoscenza che da la filosofia, si può condurre la propria anima ad essere la più giusta possibile.
Testo
Repubblica X, 617d-618c
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Al loro arrivo, le anime dovevano presentarsi a Lachesi. E un araldo divino prima le aveva disposte in fila, poi aveva preso dalle ginocchia di Lachesi le sorti e vari tipi di vita, era salito su un podio elevato e aveva detto: "Parole della vergine Lachesi sorella di Ananke. Anime dall'effimera esistenza corporea, incomincia per voi un altro periodo di generazione mortale, preludio a nuova [e] morte. Non sarà un dèmone a scegliere voi, ma sarete voi a scegliervi il dèmone. Il primo che la sorte designi scelga per primo la vita cui sarà poi irrevocabilmente legato. La virtù non ha padrone; secondo che la onori o la spregi, ciascuno ne avrà più o meno. La responsabilità è di chi sceglie, il dio non è responsabile". Con ciò aveva scagliato al di sopra di tutti i convenuti le sorti e ciascuno raccoglieva quella che gli era caduta vicino, salvo Er, cui non era permesso di farlo. Chi l'aveva raccolta vedeva chiaramente il numero da lui sorteggiato. [618 a] Subito dopo <l'araldo> aveva deposto per terra davanti a loro i vari tipi di vita, in numero molto maggiore dei presenti. Ce n'erano di ogni genere: vite di qualunque animale e anche ogni forma di vita umana. C'erano tra esse tirannidi, quali durature, quali interrotte a metà e concludentisi in povertà, esilio e miseria. C'erano pure vite di uomini celebri o per l'aspetto esteriore, per la bellezza, per il [b] vigore fisico in genere e per l'attività agonistica, o per la nascita e le virtú di antenati; e vite di gente oscura da questi punti di vista, e così pure vite di donne. Non c'era però una gerarchia di anime, perché l'anima diventava necessariamente diversa a seconda della vita che sceglieva. Il resto era tutto mescolato insieme: ricchezza e povertà o malattie e salute; e c'era anche una forma intermedia tra questi estremi. Lì, come sembra, caro Glaucone, appare tutto il pericolo per l'uomo; e per questo ciascuno [c] di noi deve stare estremamente attento a cercare e ad apprendere questa disciplina senza curarsi delle altre, vedendo se riesce ad apprendere questa disciplina senza curarsi delle altre, vedendo se riesce ad apprendere e a scoprire chi potrà comunicargli la capacità e la scienza di discernere la vita onesta e la vita trista e di scegliere sempre e dovunque la migliore di quelle che gli sono possibili: ossia, calcolando quali effetti hanno sulla virtù della vita tutte le cose che ora abbiamo dette, considerate insieme o separatamente, sapere che cosa produca la bellezza mescolata a povertà [d] o ricchezza, se cioè un male o un bene, e quale condizione dell'anima a ciò concorra, e quale effetto producano con la loro reciproca mescolanza la nascita nobile e ignobile, la vita privata e i pubblici uffici, la forza e la debolezza, la facilità e la difficoltà d'apprendere, e ogni altra simile qualità connaturata all'anima o successivamente acquisita. Così, tirando le conclusioni di tutto questo, egli potrà, guardando la natura dell'anima, scegliere una vita peggiore [e] o una vita migliore, chiamando peggiore quella che la condurrà a farsi più ingiusta, migliore quella che la condurrà a farsi più giusta.
Analisi Fin dall'inizio viene sottolineato nel testo che la responsabilità per la scelta del tipo di vita, non è da attribuirsi al dio ma all'individuo stesso (non sarà un demone a scegliere voi ma voi a scegliervi il demone) e (la responsabilità è di chi sceglie, il dio non è responsabile). Con questo l'autore introduce quello che è l'argomentazione principale attorno alla quale si sviluppa il mito. L'obbiettivo del racconto è infatti dimostrare che per qualsiasi condizione di vita sia stata scelta, sarà l'individuo a giudicare, attraverso l'aiuto della filosofia, quale sia la via giusta da percorrere. Ma il giudizio avviene già nell'oltremondano, dove l'anima deve saper valutare con rettitudine quale "combinazione" sia più giusta, infatti viene detto che quello è l'istante più importante e pericoloso per l'uomo poiché tutte le condizioni della vita, povertà e ricchezza, malattia e salute, sono mescolate insieme senza alcun indizio, quale potrebbe essere la gerarchia ( non c'era però una gerarchia di anime, perché l'anima diventava necessariamente diversa a seconda della vita che sceglieva). Il mito ci fornisce una visione piuttosto neutra dell'aldilà, non infarcita di preconcetti di giustizia o ingiustizia, come poteva essere già l'identificazione di un luogo prediletto quale i Campi Elisi, ed in generale si nota anche in altri miti che Platone propende per il pensiero "siamo tutti uguali davanti alla morte".