Capitolo 1

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31 Marzo 2013

Il vento soffia sul viso facendomi volare una ciocca di capelli in bocca mentre il sole tiepido mi bacia le guance. Prendo la cannuccia e succhio un sorso enorme di Margarita alla fragola. Sono al terzo giro: il primo l'ho offerto io, il secondo Sabrina e questo Francesca, ma stasera ce ne sarà anche un quarto. È una nostra tradizione e l'abbiamo sempre rispettata: un cocktail offerto a testa e il quarto spetta alla festeggiata.

Oggi sono io. Immagino una riunione stile "alcolisti anonimi" in cui mi alzo, dico il mio nome e il numero di giorni da cui non bevo. Ok, forse con il terzo drink in mano il paragone non regge, ma è così che mi sento.

"Buongiorno, mi chiamo Margherita Bellini e sono pulita da trecentosessantacinque giorni."

Oggi compio un anno esatto post Riccardo: non è stato facile, ma mi sono disintossicata. Ne sono fuori, ormai nemmeno ci penso più.

«A quella grandissima carogna che ha spezzato il cuore alla nostra amica. Possa morire di una morte lenta e violenta!»

Il brindisi è pronunciato dalla voce limpida e sicura di Sabrina, che appare sempre perfettamente sobria nonostante sia anche lei al terzo giro di Cartizze. Da quando si è sposata, quasi sette anni fa ormai, ha rinunciato ai super alcolici in favore del prosecco. In effetti il flûte che tiene in mano si addice di più al suo aspetto elegante da donna seria e realizzata nella vita. Le bollicine sembrano non farle mai effetto, forse ormai è un'alcolista conclamata: tra gli aperitivi di lavoro e le cenette casalinghe con Raffaele ha sempre un bicchiere in mano.

«Cin cin.»

Sabrina solleva il calice in mezzo al tavolo e Francesca subito la imita, innalzando il suo bicchierone di Gin tonic.

«Prosit.»

Lo esclama sempre e devo ammettere la mia ignoranza: ero convinta fosse un termine russo. Nella mia immaginazione mi figuravo dei ciccioni in cappotto e cappello di pelle di foca tracannare vodka e brindare "Da, da prosit". Invece pare sia un termine latino: dopo averlo sentito più volte ho controllato su Wikipedia. Stravagante e colta la mia cara amica Francesca. Alzo le spalle e faccio tintinnare il mio calice con i loro.

«Ben detto, alla nostra.»

Il liquido mi scende nella gola lasciando una piacevole scia calda e zuccherina. Siamo nel locale che preferisco, non per l'arredamento o la posizione, ma proprio per il Margarita: il migliore che abbia mai bevuto. Lo servono anche in caraffe e devo ammettere di avere pensato più di una volta di ordinarne una intera con una mega cannuccia.

Comunque eccomi qui con il mio cocktail rosa a ripensare alla mia breve gita nella città rosa, un anno fa. La mia storia ha lasciato a bocca aperta tutti quanti: familiari, amici, colleghi. Eh sì, perché quando hai raccontato a tutto il mondo quanto sei fortunata ad avere un ragazzo che ti porta a Parigi per l'anniversario, al ritorno sarai costretta a fornire un resoconto della faccenda. Inoltre se hai esagerato con i dettagli romantici, tirando in ballo anelli e proposte di matrimonio, non ti stupire di essere sommersa da domande per scoprire come è andata.

Purtroppo io mi ero vantata a destra e a manca del mio week-end magico, insomma me l'ero cercata. Avevo fantasticato ad alta voce riguardo a una proposta di matrimonio recitata in cima alla Tour Eiffel e la cosa peggiore era che me l'aspettavo sul serio. All'inizio, appena rientrata dalla Francia, ho provato a essere evasiva affermando che da tempo le cose non andavano a avevamo deciso di comune accordo di prenderci una pausa di riflessione. Ma chi ci poteva credere? Nessuno. Sono crollata dopo le prime insostenibili scuse e ho raccontato tutto: la mia storia tragicomica è diventata leggenda, passando di bocca in bocca.

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