La strada di notte era solo una lingua d'asfalto illuminata dai fari della sua auto che correva veloce. Doveva andare veloce Temperance. Arrivare in quel paese sperduto, senza fermarsi. Nessuna sosta.
Veloce, ma con prudenza. Non doveva dare troppo nell'occhio e rischiare di essere fermata dalla polizia.
Veloce, ma attenta.Era stanca ora Temperance. Guidava da ore ed il pianto di Christine nel sedile posteriore non la aiutava a rimanere concentrata sulla strada che ora era diventata più stretta mentre saliva verso le montagne, piena di curve e lei non la conosceva così bene da sentirsi sicura e per lei era sempre fondamentale avere tutto sotto il suo pieno controllo: non era così e le creava disagio che si accentuava ogni momento che realizzava che da ora in poi non avrebbe più avuto nè controllo nè certezze su gran parte delle cose della sua vita. Non poteva nemmeno accendere il navigatore che le avrebbe dato un minimo di conforto nella guida, facendole vedere la strada e dicendole quanto mancava a giungere a destinazione. Sarebbe stata facilmente rintracciabile, quindi niente. Doveva affidarsi solo a se stessa. E Christine continuava a piangere. Avrebbe voluto trovare uno slargo, una stradina laterale ai margini del bosco, qualsiasi cosa per fermarsi e prendere in braccio sua figlia per qualche minuto. Farla mangiare, cullarla, guardarla dormire. Ne aveva bisogno, non solo Christine ma anche lei: aveva bisogno di sentirsi mamma, di essere in contatto fisico con quello che in quel momento rimaneva della sua famiglia.
Non poteva. Non c'era nessun posto dove fosse saggio fermarsi in quella strada buia e stretta e doveva arrivare a quell'indirizzo che le aveva detto suo padre e farlo il prima possibile. Sperò che la stanchezza vincesse il pianto di sua figlia che la stava lacerando dall'interno, come se quello che aveva appena fatto non fosse sufficientemente straziante. Aveva portato via sua figlia dal padre, si era allontanata dall'uomo che amava e la cosa peggiore era non sapere per quanto tempo avrebbero dovuto vivere così.
Ripensava a Booth, a quando si era reso conto di cosa stesse accadendo, si era imposta di non guardare dallo specchietto retrovisore per non vederlo ancora, ed invece il richiamo di imprimere la sua figura ancora una volta nella sua mente fu più forte di tutto il resto e lo vide, solo in mezzo alla strada ad urlare il suo nome disperato mentre lei andava via. E non riusciva ad immaginare cosa avrebbe provato nel vedere il seggiolino di Christine vuoto fuori la chiesa. Certo, suo padre gli avrebbe spiegato e lui avrebbe anche capito, perché Booth era così, lui provava a capire sempre tutti e a cercare il bene ed il buono nelle persone, soprattutto in lei, da sempre. Temperance lo aveva fatto per la loro bambina, per darle una possibilità di avere ancora una famiglia, in un futuro, perché ne era consapevole: le prove erano tutte contro di lei. Se analizzava la situazione dall'esterno con quello che le prove dicevano, lei si sarebbe condannata da sola. Pelant era stato geniale, aveva creato un delitto perfetto facendo ricadere tutte le colpe su di lei e dimostrare che non era così non sarebbe stato facile, ma doveva farlo e lo poteva fare solo se era libera, continuando ad indagare a modo suo. Doveva fare tutto questo e sperare che i suoi amici e colleghi al Jeffersonian non si arrendessero e continuassero a cercare la verità nascosta dietro le macchinazioni di Pelant. Poteva contare ciecamente solo su una persona: Angela. Sapeva che lei come Booth non si sarebbe mai arresa, nemmeno all'evidenza.
Pensare alla sua migliore amica e a Booth da una parte la faceva stare meglio, perché sapeva che loro sarebbero stati sempre dalla sua parte. Dall'altra, però, la faceva stare ancora peggio perché già le mancavano. Booth, le mancava Booth. Gli mancava tutto di lui e si sforzava di non pensarci mentre guidava perché i suoi occhi si riempivano di lacrime e sommati alla stanchezza non erano il modo migliore per guidare di notte.
Trovò infine quel posto. Una casa anonima, quasi ai margini di una comunità a lei fino a poco prima sconosciuta. Spense il motore davanti all'ingresso del vialetto. Non c'era anima viva in giro a quell'ora. Prese dal portabagagli solo una piccola borsa dove aveva messo il necessario per quella sera e per Christine, liberò sua figlia dal seggiolino e corse verso l'entrata. Le chiavi erano lì dove suo padre le aveva detto. Entrò, accesse la luce, si chiuse dietro la porta che sembrava troppo leggera per i suoi gusti, e ci si appoggiò con la schiena. Le parve di respirare per la prima volta dopo ore. Lasciò cadere la borsa a terra e pensò solo a stringere sua figlia più che poteva a se. Poteva finalmente consolarla e farsi consolare da lei. Dopo un attimo di calore umano dato dalla vicinanza con Christine, Temperance però si rese immediatamente conto che quella casa era fredda, non solo metaforicamente, anche in senso pratico. Vide il grande caminetto già preparato con la legna accatastata, adagiò la figlia sul divano solo qualche istante, il tempo necessario per accendere il fuoco. La riprese tra le sue braccia, si sedette sulla poltrona più vicina al camino e provò a rilassarsi mentre allattava sua figlia, ma l'unica cosa che riuscì a provare fu una profonda tristezza. Si sentiva sola ed era un sentimento nuovo per lei, che nella sua solitudine era sempre stata benissimo fino a quando Booth non era entrato nella sua vita, abbattendo tutte le sue difese. Si chiedeva, adesso, come potesse riuscire a passare quel tempo, che non poteva nemmeno quantificare, senza di lui. Ma soprattutto la colse un senso di paura che esplose nel suo stomaco fino quasi a provocarle un senso di nausea: e se Booth non l'avesse capita? Se non avesse capito perché stava facendo tutto questo? Se quando tutto si fosse risolto lui non voleva perdonarla? Come poteva adesso immaginare la sua vita senza di lui, senza la sua presenza costante, il suo sostegno incondizionato, il suo amore sincero, la sua folle irrazionalità, la sua bontà: senza di lui, semplicemente. No, non poteva pensare a questo, perché sapeva che il pensiero di tornare a casa, di tornare ad essere una famiglia, era l'unica cosa che la spingeva ad andare avanti a non arrendersi alle manipolazioni di Pelant. Booth non l'avrebbe abbandonata, mai. Glielo aveva detto tante volte, doveva credergli. Doveva avere fiducia, adesso più che mai nel loro amore.
Christine aveva finito la sua poppata, si alzò facendo ricorso a tutte le sue forze residue per cambiarla e metterle qualcosa per dormire. Si forzò ulteriormente e si mise anche lei qualcosa di più comodo. Aveva messo alla fine dentro quella borsa, senza farsi vedere, una delle felpe di Booth, aveva ancora il suo profumo e la faceva sentire a casa. L'unica stanza con un letto per dormire in quella casa era ancora più freddo del resto, lontano dall'unica fonte di calore che aveva trovato e non aveva voglia di cercare altro. Prese le coperte ripiegate in fondo al letto e tornò davanti al camino con sua figlia. Si accoccolò nel grande divano un po' sformato dal tempo, sicuramente aveva avuto giorni migliori, ma almeno era comodo. Strinse sua figlia e decise che quella notte avrebbero dormito così, abbracciate, non solo per la temperatura della casa, lo avrebbe fatto ugualmente anche fosse stata una fornace, ma perché ne aveva bisogno. Il profumo di lavanda delle coperte pulite si mescolava con quello del profumo di Booth della felpa e quello di Christine, creando nella sua mente un susseguirsi di emozioni che si scontravano tra di loro. Ripensava a quel bacio con Booth prima di scappare via, avrebbe voluto baciarlo di più, più a lungo, avrebbe voluto che scappasse con lei, ma non poteva rovinargli la carriera, non se lo sarebbe mai perdonato. Avrebbe voluto dirgli tante cose, pensò a tutte le volte che poteva dirgli "ti amo" e non lo aveva fatto, tutte le volte che avevano discusso per cose banali, tutte le volte che lei aveva spezzato la sua euforia con la sua razionalità e rimpiangeva ogni singolo momento in cui non lo aveva abbracciato e non gli aveva dimostrato quanto era importante per lui. Era riuscita solo a dirgli che loro non stavano insieme solo per Christine, ma perché lo amava. Aveva sempre paura che questo non glielo aveva fatto capire, che lui potesse avere dei dubbi, ma non era così, glielo aveva voluto dire per affermarlo ancora, prima di sparire con la loro bambina, perché lei Booth lo amava veramente, anche se non era sempre sicura che riusciva a dimostrarglielo come lui si sarebbe meritato, come lui faceva con lei. Era stata felice di partecipare a quella cerimonia alla quale non credeva minimamente, che riteneva solamente un rito legata alla sua mitologia come si divertiva a chiamare la sua fede per farlo arrabbiare. Era stata felice perché avevano condiviso un momento per Booth così importante loro tre insieme, come una famiglia e chissà quando sarebbe accaduto di nuovo.
Ora piangeva avvolta dalle coperte guardando la fiamma viva del camino fino a quando i suoi occhi furono troppo stanchi per rimanere ancora aperti. Piangeva in silenzio per non svegliare Christine che ignara di tutto era serena tra le sue braccia e si sentì anche tremendamente egoista mentre piangeva, pensando a Booth solo a casa senza nemmeno il conforto di poter abbracciare sua figlia.
Prima di lasciarsi vincere dal sonno, ebbe solo tempo per sperare che suo padre l'avrebbe raggiunta presto.
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Ritornerò
FanficMissing Moments nei pensieri di Bones & Booth nel periodo che va dalla fine della 7x13 quando Bones scappa con Christine per non farsi arrestare, a quando Booth la ritrova nella 8x01. I dubbi, la tristezza e le paure che affiorano nel trovarsi impro...