Hogwarts

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-Binario 9 e tre quarti... Aspetta, cosa? Non esiste nessun binario 9 e tre quarti! Non è così?- nessuno mi rispose, ma una vecchia che stava passando accanto a me mi lanciò un'occhiata piena di pena, come a dire "Povera bambina! Sta qua ad impazzire tutta sola!"... Ma ricevevo spesso queste occhiate dalla gente, ormai ci ero abituata.
I miei genitori sono morti in un incidente stradale anni e anni fa ed io da allora ho cambiato circa otto famiglie di adozione. O scappavo o... Beh, scappavo e basta.
Ho sempre desiderato stare da sola dalla morte dei miei e finalmente ci riuscii, finché, dopo una settimana, mi arrivò una lettera. Okay, può sembrare un evento normale, ma me la consegnò un gufo, cosa alquanto strana, e poi c'era scritto: "Signorina Wright,
è stata ammessa alla scuola di magia e stregoneria di Hogwarts..."
Insomma, tutta roba così. Nonostante la mia adorazione per la solitudine, sono stata curiosa di andare a Diagon Alley. Quando ho letto "magia e stregoneria" io mi immaginavo quei giochetti che adoro tanto con le carte o con le monete... Di certo non mi aspettavo di trovare un'intera città brulicante di studenti e genitori muniti di bacchette!
Solo in quel momento mi sono resa conto quale opportunità mi era stata offerta. Potevo essere qualcuno, finalmente. Non la ragazzina che si diverte a vagare per le strade di Londra, neanche il demone scappato da ben otto famiglie. Potevo diventare qualcuno di importante.
Sono sempre stata molto introversa e non ho mai avuto amici. Sono andata a scuola per un solo anno, ma ricordo di non aver mai parlato con il resto dei miei compagni di classe. Ero sempre la "sfigata dell'ultimo banco". Nessuno mi notava e a me andava bene così. Adesso, invece, stavo per partire verso una delle scuole di magia e stregoneria più famose o valide del mondo, da ciò che ho capito. Stentavo ancora a crederci.
-Ma se neanche riesco a trovare il binario, come farò ad entrare ad Hogwarts...- osservai tristemente. Alla mia destra c'era il binario 10 e alla mia sinistra il 9. A questo punto non sapevo cosa fare.
I minuti passavano ed io rimanevo là, tra i due binari, con le mani che si stringevano convulsamente al carrello, gli occhi lucidi e la speranza di una vita migliore che svaniva piano piano.

Dopo un'eternità accadde il miracolo. Vidi una ragazza con il carrello che correva verso una colonna. Le stavo per urlare di fermarsi o si sarebbe fatta del male, ma, prima che fossi riuscita a proferire parola, lei scomparve.
All'inizio mi limitai a sgranare gli occhi ed a spalancare la bocca per la sorpresa. Poi ritornai in me e capii che quello era l'unico modo per cercare di arrivare al binario 9 e tre quarti. E anche se mi fossi sbagliata cosa avrei avuto da perdere? Okay, forse una gamba, o un braccio, ma dettagli.
Chiusi gli occhi e corsi verso la colonna aspettandomi di sbattere epicamente la testa contro di essa. Invece, quando li riaprii, ero in un posto completamente diverso dalla stazione di King Cross. Davanti a me c'era una locomotiva a vapore rossa e nera, accanto un cartello con scritto "9 e tre quarti" e tutto intorno genitori e figli che si salutavano. Tutti sorridevano, nessuno era triste.

Mi ritrovai a pensare a quanto sarebbe stato bello se i miei non fossero morti, se quell'auto non li avesse urtati e mandati fuori strada. Ricordavo ancora che quel giorno stavano ritornando da un concerto. Io li aspettavo con impazienza perchè volevo dire loro che avevo imparato a fare la ruota. Avevo cinque anni. Quando un infermiere entrò nella nostra casa io sorridevo ancora. Lui cercò di spiegarmi cosa fosse successo, ma io non volevo crederci. Ricordo di aver pianto, gridato e poi più nulla. Il vuoto.

Nel frattempo, senza accorgermene, ero entrata in un vagone della locomotiva. Cercai un posto in solitudine, ma il treno era gremito di gente. Infine riuscii a trovarne uno, ma ben presto tre ragazzi si avvicinarono a me e mi chiesero se potevano sedersi. Io risposi di sì, a malincuore. Erano due ragazze e un ragazzo. Quest'ultimo aveva i capelli corvini e gli occhi verde-azzurri. Una ragazza aveva i capelli ricci e rossi e gli occhi nocciola, mentre l'altra aveva dei lunghi capelli lisci e biondi e gli occhi grigi.
-Piacere io sono Albus Severus Potter, ma puoi chiamarmi Al.- si presentò il ragazzo. -E loro sono Rose Weasley...- continuò indicando la rossa -...e Alice Pandora Scamander.- finì Al indicando la bionda che mi sorrise timidamente. Ricambiai il sorriso e dissi: -Emily Wright.-
-Bel nome, Em!- esclamò Albus.
Ci mettemmo a parlare del più e del meno. Scoprii che entrambi i genitori di Rose e Al e la madre di Alice, Luna Lovegood, erano stati importanti nella storia di Hogwarts, anche se nessuno dei ragazzi sapeva di preciso il motivo.
Il tempo passò velocemente e ben presto ci comunicarono che nel giro di pochi minuti saremmo arrivati ad Hogwarts.
Uscimmo dal treno e prendemmo delle canoe con le quali arrivammo all'entrata principale della scuola.
Ci accolse un certo professor Paciock, che ci accolse con poche parole e ci fece mettere in fila in ordine alfabetico. Rose, che era la più vicina a me mi spiegò che ci avrebbero smistato in una Casa tra Tassorosso, Serpeverde, Corvonero e Grifondoro.
La prima casa era quella degli onesti, la seconda degli astuti, la terza degli intelligenti e la quarta dei coraggiosi.

A questo punto mi prese il panico. Io non ero onesta o altruista, astuta o furba, intelligente, e neanche coraggiosa. E se il Cappello Parlante avesse deciso di mandarmi via da Hogwarts? Sarebbe stato terribile, perchè mi sentivo a casa in quella scuola per la prima volta.

-Albus Severus Potter!- esclamò il professor Paciock. Al trotterellò verso lo sgabello, si sedette e appena gli fu appoggiato il cappello sulla testa, quest'ultimo gridò: -Serpeverde!-
Silenzio. Al sorrise e si unì al tavolo dei Serpeverde. Solo a quel punto l'intera stanza esplose tra applausi ed urla.
I ragazzi del primo anno continuarono ad essere smistati: Alice in Corvonero e Rose in Grifondoro.
-Emily Wright!-
Panico. Panico puro.
Mi avvicinai tremando al professor Paciock che mi appoggiò il cappello sulla testa. Nei primi secondi il Cappello Parlante non proferì parola. Il panico aumentava. Finché...
-Tassorosso!-
Il tavolo alla mia destra era quello che faceva più rumore. Un ragazzo dai capelli castano scuro e ricci e gli occhi verdi-nocciola si alzò e mi abbracciò felicemente. Sorrisi.
Ecco la mia nuova Casa, la mia nuova vita. Ed avevo la sensazione che non sarebbe stata niente male.

EMILY WRIGHT AND THE UNNAMED BOYDove le storie prendono vita. Scoprilo ora