Aprii il cancello, non emise un suono, un cigolio. Ero agitato, le mani al tocco freddo del metallo sussultarono; un brivido percorse la mia schiena. Varcai il cancello e me lo lasciai alle spalle, incamminandomi sul ghiaietto chiaro: un sentiero si snodava fino a raggiungere la cima della collina.
Mi avevano detto che l'avrei sicuramente trovata lassù, sotto il grande albero.
Ad ogni passo il mio cuore batteva sempre di più; da dieci anni che sparito dalla sua vita.
Il nostro era stato un amore improvviso, eravamo già caduti in preda all'amore da quando i nostri sguardi si incrociarono, schiavi l'uno dell'altra. Questo spaventò lo spirito selvaggio che era in me.
L'amore nonostante tutto riuscì a sotterrare l'Indomabile e mi dimenticai di aver paura.
Passarono anni e, finalmente pensammo, che fossimo pronti al passo: al Matrimonio.
Era tutto pronto.
Fino a quel momento, vivemmo ogni giorno il nostro amore e forse, questo, mi consumò.
Non so se fu più la paura della morte o di una vita che potesse sembrare eterna.
Scappai.
A pochi metri dall'altare.
Mentre lei risaliva, candida come un angelo, la navata centrale della grande cattedrale, io esplosi.
Qualcosa scattò in me e ancora non capisco come a lungo possa esser stata nascosta, per tutto quel tempo. Corsi.
Passandole affianco.
Il suo sorriso era svanito.
Passai oltre.
Sentii le sue urla quando ormai ero fuori.
Viaggiai per anni, senza meta, senza neanche un evidente perché se non la fuga e mai amai altra al di fuori di lei.
Certo, vidi il mondo, ma dopo tutti quegli anni, su quel ciottolato, mi chiesi se in realtà l'avessi mai assaporato.
Ma ero tornato.
In ritardo.
Ma ero tornato.
Ero ben cosciente di non potermi aspettare il suo perdono anche se, infondo, cominciavo a sperarci.
Speravo che l'amore di un tempo avrebbe cancellato tutto.
Arrivai ai piedi della collina.
Alzai lo sguardo, oltre la linea che tracciava sull'orizzonte il cielo sembrava annuvolarsi; formava un contrasto acceso fra la sua bianca luce e il nero della collina in ombra.
Il vento mosse le fronde dell'albero.
Chiusi gli occhi, tremai nella brezza che mi avvolse.
Li riaprì quando stavo già percorrendo il sentiero che si arrampicava sulla collina, fino all'albero.
Ripetevo tra me e me le frasi che avrei detto nel momento in cui i nostri sguardi si sarebbero incrociati.
Dieci anni.
Dieci anni erano passati da quel giorno.
Da quel volto.
Da quel sorriso che avevo visto spegnersi, da quell'urlo di cui ero l'artefice.
Stavo arrivando in cima, continuando a farfugliare fra me e me, il vento soffiava forte lassù; ed eccola.
Stava li, sotto l'albero come mi avevano detto.
Forse avrebbe avuto bisogno di una coperta, mi ritrovai a pensare.
Mi avvicinai e appena i nostri sguardi si incrociarono, nel suo lessi l'incredulità.
Come se avesse visto un fantasma.
Mi fermai davanti a lei.
Non proferì parola, non ne aveva la forza.
Stava li, immobile sotto l'albero.
"Ciao Amore- dissi- forse non dovrei neanche chiamarti così. E' passato tanto tempo. Avrei dovuto scriverti, farti sapere che non era colpa tua. Ero io, lo so, che consolazione..."
Mi fermai. Tremavo.
Feci un passo verso di lei.
"Oh, hai quella camicia, la camicetta che ti comprai in quella vacanza, al mare- e abbozzai un sorriso- ti è sempre stata bene. Mi dispiace, mi dispiace per tutto il dolore che hai dovuto passare per colpa mia, la notte speravo mi dimenticassi. Lo so che non posso riavere indietro questo tempo, i dieci anni che avrei dovuto passare con te e lo volevo, puoi credermi. Ma ho temuto. Ho avuto paura, per questi dieci anni ho vagato, spettro di terrore. So che non posso nemmeno avere il tuo perdono, lo so, troppo grave il mio peccato e ormai è troppo tardi."
Alzai lo sguardo al cielo, era scuro e presto avrebbe cominciato a piovere.
"Sta per piovere- continuai, cercando di trattenere le lacrime- avrei dovuto portare un ombrello. Non puoi perdonarmi ma voglio che tu sappia che ci sono- i suoi occhi ancora mi fissavano, la bocca sembrava aver preso una forma più rilassata- sono tornato. Ogni giorno sarò qui. Con te."
Una goccia cadde.
Pensai, sperai fosse una sua lacrima.
Sperai avrebbe presto aperto la bocca per parlarmi e chiamarmi "Amore".
No.
Era la prima goccia di pioggia.
Cadde sulla sua foto, poi percorse lentamente il marmo scuro della sua lapide, fino a terra
Mi voltai e, percorrendo a ritroso il percorso, uscii dal cimitero.
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Della Morte, dell'Amore (e una confessione)
Short StoryUndici Racconti. Unidici storie unite solo dalla provenienza, la penna dell'autore. Undici racconti che ruotano attorno all'amore e la morte, apici alternanti dell'esistenza. La Morte che tutto appiana. La Morte che glorifica. La Morte che vive. L'a...