POV LEXA
Stavo scarabocchiando su un foglio da un'ora. Volevo architettare l'attacco agli Skaikru con minuziosa precisione e dovevo assolutamente trovare una tattica vincente per far esaurire i proiettili al nemico nel minor tempo possibile. Ero ancora china su quegli schemi di guerra quando bussarono alla porta. Titus entrò quasi marciando, chinò il capo in segno di rispetto e, guardandomi intensamente, pronunciò molto lentamente "Heda, l'ostaggio è qui".
"Fallo entrare nella sala del trono, voglio che tutti gli Ambasciatori siano presenti", risposi imperativa, alzandomi dalla vecchia scrivania di quercia. Titus annuì e mi lasciò nuovamente sola. Mi voltai verso lo specchio vicino alla porta e aggiustai meccanicamente la fusciacca bordeaux che mi avvolgeva la vita. Poi presi un pennello, lo intinsi nella pittura nera e iniziai a tracciare un disegno intorno agli occhi. Era il mio simbolo. Il mio simbolo di potere. La prima volta che me lo pitturai fu per il giorno in cui uccisi gli altri Natblida - diventando così Heda - e da allora lo sfoggiavo come se fosse il migliore abito che avessi. Volevo che quell'ostaggio si sentisse come un coniglio nella tana di un lupo, e così lo marcai ripetutamente.
Quando ebbi finito, posai il pennello e uscii dalla mia stanza, diretta verso la sala del trono. Le guardie spalancarono la porta non appena mi videro avanzare nel corridoio, con fare di rispetto. Entrai, decisa e risoluta, proprio come mi era stato insegnato. Gli Ambasciatori dei dodici clan e altre guardie se ne stavano in piedi a formare un semicerchio, lasciando libero solo lo spazio di fronte alla porta, in attesa dell'ostaggio. Fecero un inchino e mi rivolsero saluti lusinghieri. Salii uno scalino del trono, mi voltai e feci un cenno a Titus, che si trovava alla mia sinistra. I soldati entrarono dalla porta e lanciarono l'ostaggio in mezzo alla stanza, dopodiché fecero un inchino e sollevarono il sacco nero, scoprendo il volto della mia prossima vittima. Quello che vidi mi stupì a tal punto che mi sentii vacillare, ma solo per alcuni secondi. Chiusi gli occhi, inspirai profondamente e li riaprii. Non dovevo sembrare debole, non davanti al nemico e alla mia gente. Assunsi una posa intimidatoria e studiai la chioma bionda della ragazza che si trovava in ginocchio di fronte a me, gli occhi ancora chiusi. Poi fece una cosa che non avrei mai più potuto dimenticare: levò lo sguardo e lo posò su di me. Era davvero così sfacciata da osare fissarmi? Mi stava forse sfidando apertamente? Quell'atteggiamento insolente avrebbe potuto portarla alla morte entro qualche minuto, eppure tutto ciò che provai fu ammirazione. Sì, ammirazione. Quella giovane Skaikru si trovava al cospetto di nemici che l'avrebbero giustiziata nel giro di qualche giorno, fatta a pezzi e rispedita al suo accampamento un pezzo alla volta. E tutto ciò che lei mostrava in quel momento erano curiosità e fierezza. Da un angolo della sala sentii qualche schiarimento di voce. Ero rimasta talmente imbambolata a fissare quella ragazza che avevo dimenticato di trovarmi nella sala del trono con altre persone. Mi ricomposi, maledicendomi mentalmente, e sentenziai ad alta voce: "Ambasciatori dei dodici clan, questo è l'ostaggio che i miei uomini sono riusciti a catturare nei pressi dell'accampamento del popolo del cielo. Ella verrà giustiziata dopodomani nell'arena centrale. Mi aspetto che tutti voi siate presenti, in quanto vendicheremo il villaggio raso al suolo dalla sua gente..." Mi fermai un attimo, per verificare che tutti, inclusa l'interessata, mi stessero ascoltando con la massima attenzione. Poi, con impeto, gridai "E spediremo loro le parti del suo corpo!"
Tutti i presenti si levarono in un coro esultante, rivolto a me, e poi iniziarono a maledire ed insultare la Skaikru e il suo popolo. Le rivolsi un'occhiata furtiva e mi sorprese un'altra volta. Non era affatto intimorita, anzi, sembrava ancora piuttosto tranquilla. Quel suo stato d'animo, fin troppo calmo, finì per mettere me a disagio. Perché non piangeva? Per quale dannato motivo non aveva paura?
Senza dire niente me ne andai, lasciando il mio popolo nella più totale euforia. Mi chiusi in camera e mi appoggiai alla porta con la schiena, come a voler escludere il mondo esterno. Ripensai a quegli occhi blu che mi scrutavano, mi studiavano, mi giudicavano. Per la prima volta nella mia vita mi sentii fragile, quasi nuda, nonostante i pesanti abiti che avevo indosso.POV CLARKE
I Grounders mi trascinarono fino alle porte della città, mentre io continuavo a fingermi svenuta, aprendo di tanto in tanto un occhio senza farmi notare. Una volta varcata la soglia della torre, mi avevano coperto la testa con una sottospecie di sacco scuro. Spalancai immediatamente gli occhi, con l'unico scopo di memorizzare la via che mi avrebbe portato all'uscita (sempre che prima fossi riuscita a fuggire), ma i miei sforzi furono tutti inutili. La filigrana del sacco era talmente spessa che nemmeno la luce riusciva a filtrare. Allora cercai di contare i secondi e le direzioni che prendevamo... il buio più totale, letteralmente parlando. Quel posto era un autentico labirinto. Sentii il mio cuore accelerare freneticamente, non sapevo quanto ancora mi rimaneva da vivere. Improvvisamente sentii un chiacchiericcio sommesso provenire dalla direzione opposta. Due uomini stavano impartendosi ordini nella loro lingua e, come al solito, riuscii a captare solo la parola "Heda". Cercai di pensare positivo e mi aggrappai all'immagine dei miei genitori, abbracciati e felici. Mi avevano messo al mondo per lottare ed essere forte, e non per arrendermi davanti alla prima difficoltà. Così, nonostante fossi stremata e non sentissi più le braccia, dopo essere stata trascinata per così tante ore, mi feci forza. Non mi avrebbero intimorito per niente al mondo, nemmeno con la spada più affilata che possedevano puntata alla gola. Due porte si aprirono e un brusio, prima solo lontano e indistinto, divenne un vero e proprio baccano, che però si interruppe all'istante. I giganti ai miei lati mi strattonarono con forza e caddi a terra in ginocchio, impotente. Quando mi tolsero il sacco dalla faccia impiegai qualche secondo per abituarmi alla forte luce mattutina che penetrava dalla finestra, situata sulla parete di fronte. Quello che catturò subito la mia attenzione però, furono due occhi verdi.
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Jus drein jus daun
RomanceIl Cancelliere Pike ha raso al suolo un intero villaggio di Grounders e Clarke, l'unica degli Skaikru a voler instaurare una pace duratura fra i due popoli, viene catturata e portata a Polis, dove lo spietato comandante dei Trikru l'attende per gius...