Capitolo 2. Occhi da cerbiatto

83 12 15
                                    

Se avesse potuto, sarebbe entrato in ogni suo sogno, anche se lì tutto era diverso e un po' spiacevole, tranne quella ragazza.
La luce del giorno entrava dalla finestra all'interno della sua stanza, in special modo sul suo viso: era arrivato il momento di alzarsi, per quanto non ne avesse voglia. Ma a dire il vero, il motivo per cui non voleva alzarsi era perché quel giorno aveva promesso agli amici che sarebbe andato in loro compagnia, nel paese di Ambra, in cerca di ragazze disponibili. Ad accompagnarlo sarebbe stato Mattia già patentato ed altri suoi coetanei e ragazzi più grandi. Fra circa sei mesi avrebbe compiuto 18 anni e la prima cosa che aveva in mente di fare era quella di prendersi la patente. Ma la cosa che più lo opprimeva quella mattina era la sensazione di forte frustrazione che provava. Rammentava l'estate precedente. E ricordava la sensazione che provava quando andava in quel paese, quando il cuore prendeva batterli a mille. Tenevagli occhi ben aperti per non distrarsi, per poterla conoscere fra decine e decine di sguardi estranei.
A volte si meravigliava dei suoi stessi pensieri. In altri casi provava pena per se stesso e si identificava come il più stronzo ed il più imbecille ragazzo che potesse esistere sulla Terra, in cerca di qualcosa di lontano e passato... Purtroppo.
Sentirsi parte di questo mondo e possedere la consapevolezza che tutti, nessuno escluso, sono qualcosa di importante, è una certezza difficile da raggiungere. Ma arrivare a farlo per pochi minuti, grazie alle parole di una sconosciuta che ha rubato un pezzo del tuo cuore e con la quale vorresti rivivere quegli interminabili secondi, è ancora più difficile. Era questo che provava Fabio la maggior parte delle volte. Non che la pensasse sempre, solo quando si sentiva troppo inutile e triste e l'unica cosa in grado di sollevargli il morale, sarebbe stata vederla e sentire le stesse parole di oltre tre anni prima.
Si alzò svogliato, con indosso un paio di boxer neri stropicciati. Si mise le ciabatte e andò in bagno per farsi una doccia. Ma prima si guardò allo specchio, cosa che non faceva spesso. Sentiva la pesantezza nel suo volto, frutto di tutto il peso che si portava dietro le spalle fingendo che tutto andasse bene. Gli occhi scuri gli riportavano alla mente i ricordi di quando era piccolissimo, quando quegli occhi infantili sognavano un mondo migliore.
Ma in quel momento, all'interno di quell'iride, oltre i ricordi, non ci trovava altro che un'immensa solitudine. I capelli gli gli scendevano lungo un lato della fronte in modo irregolare, proprio come tre anni prima.
Era rimasto lo stesso.
Non era cambiato quasi niente, a parte la barba e l'altezza che aveva ereditato da suo padre. Era una delle prime doti che attirava tutte quelle ragazze che gli ronzavano attorno, per quanto lui, ogni volta che si guardava allo specchio, non ci trovasse niente di speciale nella sua immagine riflessa. "Che senso ha essere belli e alti 1.85 cm, quando i valori umani di una persona non vengono mai osservati?" Pensava.
Davanti ai suoi amici, si mostrava come il ragazzo più illuso del paese, quello che credeva di essere il più bello e per il quale le ragazze impazzivano e si sbottonavano la camicetta al suo passaggio.
Ogni tanto si chiedeva se un giorno sarebbe arrivata una ragazza in grado di guardarli gli occhi per cercarli l'anima e strapparli un sorriso, di quelli veri e puri.
Mentre continuava a guardarsi allo specchio, scosse la testa, come per rispondere a quel ragazzo che gli appariva davanti agli occhi e che non trovava risposta alcuna alla sua vita.
Poco dopo entrò nella doccia, trovando consolazione nel getto di acqua bollente che pareva provasse a pulirli ogni sofferenza interiore, scivolando a poco a poco insieme a lei.
Ma il macigno che continuava a portarsi dentro era impossibile da eliminare.
Alle persone non è mai piaciuto parlare del dolore e per questo Fabio sapeva che se avesse scritto la sua vera storia, nessuno l'avrebbe letta. Aveva dunque imparato a non mostrare i suoi sentimenti e a rimanere impassibile davanti alle cose negative.
Rimase nella doccia fino a quando il freddo dell'acqua non lo portò alla realtà.
Si vestì velocemente: t-shirt nera e attillata che metteva in evidenzia la sua forma fisica perfetta, un paio di jeans strappati e scarpe da ginnastica.
Si pettinò leggermente i capelli scurissimi e quasi asciutti: amava tenerli un po' spettinati, dato che erano ondulati naturali.
Erano le otto e mezzo del mattino.
Aprì la finestra e osservò il cielo limpido e il sole che incorniciava quel meraviglioso colore azzurro di sfondo. Rimaneva inerme davanti a cose spettacolari, mentre quasi si emozionava per cose così naturali come una bella giornata! Fabio non si capiva, non lo aveva mai fatto, ma sapeva che se si provano emozioni tutto è giusto e nessuno ha l'obbligo di affermare il contrario.
Subito dopo chiamò Mattia.
- A che ore, bastardo? - gli disse con voce ironica.
-Verso le dieci, coglione- rispose con una stupida risata.
-Ok-
-Tranquillo, anche se non andassimo, qui in paese, ne avresti altre mille in attesa! - continuò Mattia.
-Lo so, bello... Ma ogni tanto si deve cambiare -
-Si, si certo -
-A dopo allora-
Mattia aveva ragione: di ragazze ne aveva tante, dalle più piccole alle più grandi anche per il fatto che mostrava 20 anni e non solo per l'altezza. Era dannatamente bello e viziato: il padre aveva una laurea in Agraria e da pochi anni aveva deciso di comprarsi le pecore e un paio di cavalli; la madre era laureata in medicina e lavorava presso un ospedale di Firenze. Economicamente stavano dunque bene, anche se da qualche anno il padre era diventato instabile, una delle tante cause del male di Fabio.
Perciò molti lo vedevano illuso da una vita finanziariamente stabile. Odiato dagli invidiosi e "venerato" da tante ragazze per ciò che non era.
Scese al piano di sotto, sollevato dal fatto che in casa non ci fosse né il padre, Giacomo, né la madre, Teresa, per bere un bicchiere di latte freddo.
Aveva in corpo un po' di agitazione e non riusciva a dare giustificazione logica a quello stato d'animo. Sentiva un dolorino alla pancia che di solito precede la visita dal dottore.
Probabilmente, quell'ansia era dovuta ad Ambra.
In quel paese vi abitava lei e anche se in altre occasioni non l'aveva mai incrociata dall'ultima volta, si sentiva un po' di... Di... Di qualcosa a cui non sapeva dare nome.
Fra poco più di un'ora sarebbe andato là e sarebbe ritornato con l'amaro in bocca.
Se avesse potuto, sarebbe andato ad abitare vicino a lei.
Sapeva che era rimasta bellissima: un anno prima Alessio gli aveva fatto vedere la foto di Ambra con una sua amica, che la raffigurava mentre si mordeva il labbro e strizzava l'occhio. Stavano parlando degli anni passati, in particolar modo della scuola visitata a Firenze in cui Alessio si era innamorato di Alice, la ragazza che stava affianco di Ambra nella foto e che Ale voleva mostrare all'amico.
Tra un pensiero e l'altro si fecero le nove e mezza e Fabio, conoscendo Mattia che sarebbe arrivato prima dell'orario programmato, guardò alla porta, prese e chiavi e uscì chiudendo tutto, proprio all'arrivo dell'amico.
-Ebbe coglione- lo salutò -tutto bene? -
-Si e te? - rispose Mattia
-Alla grande- disse Fabio entrando in quella meravigliosa auto costosissima. Era un vero e proprio gioiellino che i genitori di Mattia avevano pagato un sacco di soldi.
Mat, come lo chiamavano tutti era ricchissimo, molto di più Fabio ed era altrettanto conosciuto nel paese. Era altissimo ma non era bello: i soldi che aveva erano l'unica arma grazie alla quale riusciva ad attirare tante ragazze.
Fabio lo sapeva bene, ma non gli aveva mai detto niente.
-Gli altri?- chiese
-Adesso prendiamo Fausto e Davide. Gli altri non verranno- rispose
-A ok-
Successivamente si aggiunsero i due amici, poi Mat schiacciò l'acceleratore e in 7 minuti arrivarono alla meta. 7 minuti lunghissimi per Fabio.
-Cazzo fraté, per poco non vomito!- ammise Fausto.
-Avvisami la prossima volta... Non vorrei che mi sporcassi la macchina! - disse.
Fabio, invece, guardava quelle stradine e pensava... Pensava... Si sentiva come un bambino di dieci anni, si sentiva un po' coglione.
-Guardate quello- iniziò Davide -già in cerca... - continuò.
Fabio non rispose, nessuno sapeva veramente cosa provava e nessuno poteva capirlo.
Disse semplicemente:- Andiamo al bar? -
Mattia guardò incerto i compagni: il bar era un po' distante e aveva paura di lasciare la macchina lì dove l'aveva parcheggiata.
-Ok, ma porto la macchina- disse alla fine.
Man mano che indugiavano all'interno del paese, l'ansia di Fabio cresceva. Prima di arrivare al bar, Mat suonò il clacson ad una ragazza che indossava una minigonna inguinale e gli altri due esitarono, tranne lui.
Subito dopo, parcheggiarono all'ombra di un salice piangente, fra due case poco distanti dal bar. Scesero dall'auto e andarono a ordinare da bere. Fuori dal locale, per fortuna, c'era una tenda per fare ombra sui tavoli pieni di gente.
-Buon giorno - disse l'uomo dietro al bancone difronte ai tavoli posti fuori.
-Io un'aranciata, per ora- ordinò Fabio.
-Noi tre birre - disse invece Mattia.
L'uomo arrivò con le bevande ma poi sparì all'interno del bar. Fabio si accorse che nella sua aranciata non c'era ghiaccio e non vedendo il signore, andò in cerca di qualcuno del posto che glielo potesse portare, mentre, i suoi compagni andarono a trovare posto tra i tavoli.
Vide di spalle una ragazza inchinata che porgeva da bere a dei ragazzi seduti su un tavolo che le facevano battute stupide e decise di avvicinarsi.
-Scusi, potrebbe portarmi del ghiaccio? - chiese alla ragazza che gli dava le spalle.
-Si certo- rispose voltandosi con in mano il vassoio e due bicchieri di birra.
Non poteva credere ai suoi occhi. Il mondo si fermò per un' istante stupendo, sembrava che fossero soli, che nessuno più si muovesse e che solo il loro tempo continuasse a scorrere. La ragazza lo guardò negli occhi e rimase anch'essa impietrita.
Fabio la guardò dritta in viso: il cuore prese a batterli velocemente e risentì quelle fitte allo stomaco.
Non riuscirono a controllarsi al punto che a entrambi cadde a terra ciò che avevano fra le mani...
Colpa di quegli occhi da cerbiatto...

(spero che questo capitolo vi piaccia😊)

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: May 19, 2016 ⏰

Aggiungi questa storia alla tua Biblioteca per ricevere una notifica quando verrà pubblicata la prossima parte!

Senza Di TeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora