II. L'accademia

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La mano mi trascinava veloce verso l'ignoto senza lasciarmi il tempo di pensare e di potermi agitare. In alcuni istanti mi sembrava la presa non fosse abbastanza salda ed il terrore di dover abbandonare il mio autista mi rendeva molto agitata. Spostai l'arto libero tra i capelli per poter spostare una ciocca di questi che mi era finita davanti agli occhi impedendomi di captare qualcosa di nuovo.
L'aria era forte ma calda come se delle dolci fiamme la stessero alimentando invitandomi a non fuggire e ad avere fiducia. Non ero una persona che riponeva la sua vita nelle mani degli altri ma quella volta fui costretta a farlo perché lasciando la presa avrei incontrato la morte, e con lei anche mia madre.
Mentre ci muovevamo la terra attorno a me tremava leggermente e percepivo dei sassolini impigliarsi nella mia disordinata treccia. Non ebbi il tempo di spostarli che la velocità divenne sempre minore fino a divenire nulla. Rimasi alcuni istanti sospesa nel vuoto per poi provare ad attutire il colpo con le ginocchia per paura di non riuscire a reggermi in piedi ma non fu necessario perché la mano del mio accompagnatore mi fece atterrare lentamente. Non mi resi conto che avevo socchiuso gli occhi per timore di ciò che mi stava aspettando e quando li aprii mi ritrovai in un luogo nuovo che non avevo ricordato di aver mai visitato.
Forse sto sognando. O sono morta. Pensai. Ma non ebbi il tempo di continuare a farmi idee strane che i miei sguardi iniziarono ad osservare tutto ciò che mi circondava. Il fusto di un albero attraversava la stanza in corrispondenza dell'angolo destro situato davanti a me. Una piccola porta era socchiusa e la vernice azzurra sembrava essere stata applicata molto tempo prima. Seduto dietro una scrivania di ciliegio vi era un uomo che sembrava vivere da molti anni. Gli occhi verdi erano contornati da leggere occhiaie che risultavano meno visibili grazie agli occhiali che aveva sopra posizionato. Le maniche della camicia bianca che indossava erano arrotolate sotto il gomito lasciando intravedere alcune piccole cicatrici.
«Arianne Opal Jones» esclamò alzandosi in piedi e avvicinandosi per porgermi la mano. Era molto tempo che non udivo il mio nome pronunciato per intero e una strana sensazione mi attraversò il corpo. «Benvenuta all'Accademia. E un piacere per noi tutti averLa qui a studiare.»
Continuai a squadrarlo cercando di capire se potesse esserci un piccolo dettaglio che l'avrebbe reso finto, forse un sogno, ho un semplice pensiero. Gli strinsi la mano e abbozzando un sorriso mi presentai cortesemente, fingendo di non averlo sentito pronunciare il mio nome. «Arianne Opal Jones, il piacere è tutto mio» strinsi saldamente la mano; sperando che non sentisse le gocce di sudore che si stavano formando a causa dell'ansia.
«Davis Amadeus Bryan Fitzgerald, direttore dell'Accademia del Sottomondo.» fece un piccolo inchino e notai il ciondolo che aveva appeso al collo per mezzo di un filo nero. Il pendente emise un piccolo rumore quando toccò il bottone della camicia bianca. L'uomo stava per aprire la bocca quando la porta che avevo notato in precedenza si aprì emettendo un leggero cigolio. Da questa entrarono due ragazzi seguiti da una ragazza che sembravano avere all'incirca la mia età.
«Signor Fitzgerald!» esclamò il secondo per poi ricevere il sorriso del signor Fitzgerald stesso che si sedette dietro la scrivania assumendo un aspetto simile a quello del professor Cox la stessa mattina.
Il primo, invece, possedeva due grossi occhi verdi che mi fecero immediatamente posare lo sguardo sul suo viso. Un ciuffo di capelli neri gli copriva la palpebra sinistra donandogli un'aria selvaggia. Si avvicinò a me ma venne fermato dalla ragazza che gli avvolse una mano intorno al braccio.
«Evans, mi pareva di essere stato chiaro riguardo la tua presenza in questa questione» sentenziò il più anziano rivolto a lui, quando la ragazza lo lasciò libero per presentarsi a me.
«Namiyo Fukuda, terzo anno, fuoco» esclamò ripetendo l'inchino precedentemente effettuato dall'uomo. «Già so come ti chiami, risparmiati una presentazione formale.» disse schietta. Mi sentivo un pesce fuor d'acqua e cercai nell'espressione del preside una qualche spiegazione.
«Fukuda, perché tutta questa fretta? Arianne ci ha appena raggiunti e non conosce ancora nulla del nostro mondo. Lasciamole il tempo di orientarsi; non abbiamo nessuna fretta di caricarla di troppe informazioni.»
«Mi scusi, professore.»
«Le ha accettate, non vedi?» domandò in modo retorico il ragazzo dagli occhi verdi rivolto alla bocca da cui provenivano le scuse. I lunghi capelli corvini di Namiyo erano posizionati dietro le orecchie e mettevano in risalto i suoi lineamenti asiatici confermati dagli scuri occhi tendenti al marrone.
«Arianne Opal, perdonami per questa accoglienza un po' strana, non era mia intenzione scombussolare notevolmente la tua vita. Come ti stavo dicendo prima del loro arrivo sei appena arrivata all'Accademia del Sottomondo. Ognuno dei presenti in questa stanza ha affinità con uno dei quattro elementi della natura.»
«Come l'oroscopo cinese?» domandai curiosa.
«Esatto, proprio così.» acconsentì per poi alzarsi dalla sedia. «Il tuo elemento è l'aria, questo poiché sei nata sotto il segno della bilancia. Ma non è facile quanto credi dominare e convivere con un elemento. Per questo motivo è stata creata l'Accademia che suddivide lo studio degli elementi in quattro diversi anni: dai quattordici ai diciassette anni.»
«Sono indietro di due anni, quindi?» chiesi leggermente preoccupata.
«Non è un grosso problema, rimedieremo presto.
Possiedi questo potere a causa di un gene mutato presente nel tuo sangue. Questo è in grado di sintetizzare speciali proteine che ti permettono di avere questi poteri, se così possiamo chiamarli. La mutazione viene trasmessa dalla madre.» A quelle parole il mondo si silenziò per un attimo. L'idea che quegli uomini conoscessero mia madre mi elettrizzò e mi diede l'idea che forse mi avrebbe potuto aiutare a ricordare. «La conoscevate?»
«Meredith Coleman? Sì, è stata nostra studentessa ma ogni cosa ha il suo tempo.» non sembrava felice di trattare l'argomento mia madre e decisi allora di lasciarlo scivolare via. In fondo la mutazione non se ne sarebbe certo andata via da un giorno all'altro: l'avrei accettata e loro avrebbe fatto altrettanto riguardo alle mie curiosità su mia madre.
«Ti presento i tre qui presenti.» fece alcuni passi per raggiungere il ragazzo che si era comportato in modo più educato. «Noah Lacy, anche lui Eletto dell'Aria»
«Eletto?» domandai prima che il biondo potesse stringermi la mano.
«Chi possiede il gene, Jones.» rispose il misterioso Evans, che era stato prima rimproverato dal signor Fitzgerald. Usò un tono scocciato, come se fosse stufo di darmi spiegazioni che io non avevo però mai ricevuto. Noah, che aveva due occhi grigi come i miei, cercò di cambiare argomento porgendomi la mano. «Piacere Arianne Opal» fece lo stesso inchino effettuato dal preside e decisi di imitarlo per provare a sentirmi parte del gruppo. «Annie va bene» mi limitai a obiettare sorridendo. L'idea che sfruttassero tutti il mio secondo nome mi infastidiva parecchio perché in quel momento era come se stessero rompendo il legame con mia sorella. Lily. Il suo pensiero mi travolse e mi ricordai che ormai sarebbe dovuta essere sulla via del ritorno dalle lezioni di nuoto. Alzai il polso per leggere l'ora e notai che le lancette erano ferme alle 18.13, ora in cui l'arto di Davis Fitzgerald aveva avvolto il mio.
«Posso sapere l'ora? Il mio orologio si è fermato e mia sorella sta per tornare​ dalla lezione di nuoto.» Evans scoppiò in una sonora risata e si diresse verso un piccolo sofà che non avevo ancora notato per poi accovacciarsi sopra. «Lily alle lezioni di nuoto? Ti immaginavo più intelligente Jones»
«Il tempo che c'è là sopra non funziona qui, nel Sottomondo.» provò a spiegarmi Namiyo «I due sistemi temporali funzionano in modo differente. Quando sei qua il tempo di sopra rimane fermo e quando sei sopra succede la stessa cosa con il tempo di sotto. Le distanze temporali si annullano alla fine della giornata per essere poi ricreate. Non so se mi spiegò.» Incurvò le labbra in un sorriso e notai la sua straordinaria bellezza.
«Grazie mille Namiyo»
«Namie è okay» sussurrò mettendosi la mano dietro la schiena e facendo ondeggiare la gonna nera.
«Allora Annie, se ti va ti accompagno in un posto speciale mentre ti spiego altre cose.» propose Noah.
«Mi farebbe molto piacere.» decisi che se ero finita in quel posto la cosa più intelligente da fare era provare a comprenderlo. Mi diressi allora verso la porta celeste seguendo Noah pronta ad addentrarmi nei meandri dell'Accademia e a scoprire come facessero a conoscere il nome di mia sorella.

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