Questo capitolo è dedicato a tutti coloro che vorrebbero poter saltare giù dallo Strapiombo per sentirsi liberi, e sentirsi vivi❤
Nel momento esatto in cui Joel chiuse la porta mi resi conto che volevo scappare: dovevo avvertire Marlene che avrei fatto tardi per farle evitare grossi spaventi e, soprattutto, non volevo sgridate da Caroline e Alexander Jonsson.
La stanza era poco illuminata e non riuscivo a percepire nessun minino rumore. Davanti a me potevo notare quattro porte tutte uguali ma con serrature diverse: una verde, una azzurra, una rossa e una bianca. Improvvisamente mi ricordai le parole dell'uomo che mi aveva accolto all'interno dell'Accademia mentre mi spiegava che il mio elemento era l'aria e così pensai di necessitare della chiave bianca. La cosa mi incuriosiva e somigliava molto ad una caccia al tesoro. Evidentemente avevamo dei 'poteri speciali' che ci avrebbero facilitato il ritrovamento dell'oggetto. Cominciai a pensare e poi, quasi per gioco, enunciai:
«Accio chiave bianca!» mentre con la mano avevo fatto un movimento strano come se avessi in mano la bacchetta. Una chiave bianca si avvicinò a me e notai subito che era di un metallo molto antico e al tatto era molto fredda, sopra di essa vi era disegnato un triangolo nero tagliato a metà da una linea. Me la rigirai tra le dita per poi farla ruotare nella serratura che non esitò ad aprirsi. Dentro l'aria era ghiacciata ed era quasi difficile respirare, davanti a me c'era un libro aperto che fluttuava nell'aria senza essere poggiato su nessun piedistallo. Lessi le poche parole che erano sopra state scritte ma non riuscii a decifrare nulla a causa dell'alfabeto a me sconosciuto. Poi, quasi e forse dal nulla, sbucò una donna minuta dagli occhi bianchi come la neve. Aveva i capelli bianchi legati con un cordino per lasciare libero il viso e su un paio di scarponcini marroni ricadeva una lunga gonna nera preceduta da una camicetta rigorosamente bianca leggermente aperta. «Benvenuta!» esclamò con un filo di voce. Sembrava così indifesa nonostante le mani rovinate facevano intuire una lunga esperienza. Io rimasi immobile mentre attendevo qualcosa in più che mi potesse spiegare il perché della mia presenza in quello strano posto. «Ti trovi in Atalo, se per caso te lo stessi chiedendo»
«Grazie dell'informazione» risposi secca mentre osservavo il ciondolo che pendeva dalla sua collana: riportava lo stesso triangolo presente sulla chiave e all'interno era incastonata una pietra bianca tendente all'azzurro.
«Io sono Sylvia Moore e sarò la tua Prima Insegnante dell'aria.»
«Molto piacere. Gretel Opal Bailey.»
«Ooh, non c'è bisogno che tu ti presenti. Conosciamo più cose di te di quanto tu creda» non mi avevano spiegato che diventare una Dominus comportava invadere la privacy altrui e, a pensarci bene, mi accorsi che non mi avevano spiegato assolutamente nulla. «Scusa, non volevo turbarti» continuò la donna mentre si aggiustava una ciocca ribella di capelli. «Ora seguimi. Ci sono molte cose che tu devi sapere.»
Poi, si voltò di schiena e cominciò a camminare verso uno strapiombo senza l'idea di fermarsi in corrispondenza di esso. Io mi bloccai incerta e paurosa di dover porre fine alla mia breve vita.
«Fai schioccare le dita e... Salta!» mi incitò Sylvia.
«Salta?» domandai dubbiosa.«Non mi sembra un vocabolo difficile da comprendere. Piega le gambe, spingiti con le ginocchia e cerca di atterrare qualche decimetro più distante da dove sei ora.» non credevo alle mie orecchie e il solo pensiero che la donna avesse capito che non conoscevo il significato della parola mi rese titubante. Lei mi precedette saltando con serenità portandosi le mani al petto per conferire maggiore spinta al salto e poi non la vidi più. Sarei potuta scappare, aprire nuovamente la serratura e magari rubare il misterioso libro contenente quelle strambe parole per poi riuscire a decifrarle. Di sicuro non avrei potuto contare sull'aiuto di Hayley che quando bisognava ragionare trovava sempre un modo di mettermi in testa strane idee. Avevo così tanti pensieri per la testa, così tante paure ma allo stesso tempo curiosità. Cosa si celava dietro quel temibile Strapiombo? Non mi restava che saltare per scoprirlo. Appoggiai i piedi al limite paurosa di non riuscire a saltare nel modo giusto, eppure l'avevo fatto centinaia di volte durante gli allenamenti di scherma o, mentre ritardataria raggiungevo la sala prove di violino per l'ennesimo concerto. Ricordavo così poco delle prime volte che suonavo ma una cosa che non avevo mai dimenticato era quando, dopo aver vinto un concorso di altissimo livello, Caroline Jonsson si era commossa per la mia dedica. Le avevo lasciato sul tavolino vicino al letto un biglietto con su scritto:
Alla mamma migliore dedico la vita.
La miglior mamma, invece, mi sta dedicando la Sua.
-GreyMi sono sempre chiesta se lei avesse capito che per mamma migliore intendevo quella che mi aveva messo al mondo mentre lei era quella che aveva deciso di crearmi un nuovo mondo.
In quell'istante, però, avevo bisogno di qualcuno che mi fornisse delle verità e mi desse la possibilità di scoprire perché avevo dimenticato dell'esistenza di Natanael, così, dopo aver piegato le gambe mi diedi una piccola spinta con le ginocchia e saltai nel vuoto scioccando le dita desiderosa di scoprire ciò che si celava dietro allo Strapiombo. Il viaggio fu così veloce che non lo percepii neppure, mi parve di essere trasportata giù per un tubo invisibile e poi essere risucchiata. Ma non ebbi il tempo di metabolizzare la cosa che ricaddi perfettamente in piedi vicino a Sylvia che aveva già potuto sistemarsi la chioma di capelli, mentre i miei mi ricoprivano la faccia. Non ero assolutamente abituata a portarli sciolti e quindi, dopo aver disfatto la treccia la rifeci con cura ma molto rapidamente. Ero ancora esterrefatta per ciò che mi era appena accaduto. Non era una cosa comune buttarsi giù verso qualcosa di cupo e misterioso, sapeva molto di Toys Story, quando Bugz-Lighter grida agli amici/giocattoli: "Verso l'infinito e oltre!". Ecco, in quel momento mi ero sentita esattamente così. Una cosa che mi incuriosiva veramente tanto era sapere come era stato possibile perciò non esitai a domandarlo a Sylvia che mi rispose entusiasta:
«È più semplice, ma anche più magnifico di quanto tu possa credere!» si strofinò le mani sulla camicia e mi sorrise per poi proseguire «la tua attitudine per l'aria è stato confermata anche quando nella stanza hai avuto la capacità di far levitare la chiave con il movimento della mano.»
«Aah! Quindi è per via del movimento della mano!?» commentai delusa di sapere che non era perché avessi improvvisamente sviluppato capacità da strega di Hogwarts.
«Per quale altro motivo poteva essere?»
«Nulla, ovviamente!» aggiunsi.
«Comunque, le tue capacità di futura Dominus dell'Aria ti portano a riuscire a raggiungere questo posto buttandoti giù da un luogo di elevata altezza e schioccando le dita.»
«Affascinante!» commentai senza essermi accorta di aver spalancato la bocca. «E gli altri? Voglio dire, come fanno ad arrivare?»
«Non voglio svelarti tutto ora perché altrimenti non avresti più motivo di pormi centinaia di domande in futuro. E poi, potrai chiederlo ai tuoi amico. O compagni, se preferisci.»
Eppure io avevo una voglia enorme di poter sapere tutto e questo mi spinse a promettermi di farmi al più presto degli amici che padroneggiassero altri elementi.
Attorno a noi non c'era nulla e le pareti fredde rendevano l'aria umida. Sylvia cominciò a camminare per poi pormi nuove spiegazioni:
«Allora, tra pochi metri saremo al Ponte.»
«Okay. È un luogo speciale? O qualcosa di magico?»
«Non esiste la magia. Esiste soltanto la capacità di credere o meno e se tu avrai veramente il Dono potrai vedere e sentire tutto ciò che accade lì. Altrimenti, un Dominus del fuoco provvederà a farti dimenticare queste ultime ore.» La cosa mi fece rabbrividire, la sola idea di dover dimenticare ciò che avevo vissuto non mi esaltava affatto. Ma il fatto che la magia non esistesse mi dispiacque parecchio dato che mi ero sempre rifugiata in essa.
Sylvia svoltò a sinistra per entrare in un'ambiente decisamente più caldo e all'apparenza accogliente nonostante fosse identico a quello di prima, alla vista. Lei salutava il vuoto con la mano e rivolgeva occhiate felici a qualcosa intorno a noi.
Devi credere. Mi ripetevo costantemente. Credi Gretel. Fallo per te. Fallo per Marlene, per la mamma... E proprio in quell'istante sentii una mano appoggiata sulla spalla e una voce opaca che esclamò: «Bentornata Grey!» eppure io non ricordavo il suo candido volto incorniciato dai rossi capelli.
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Fawe/Tetrade
Fantasy"Mi chiamo Gretel Opal Bailey e vivo a Stoccolma da quando ho memoria. All'età di undici anni sono stata adottata, con mia sorella Marlene, dai signori Jonsson che si sono rivelati degni di essere considerati nuovi genitori. Non ricordo come è morta...