Camminammo per un po' di tempo, in silenzio naturalmente, ma poi mi trovai davanti ad uno skatepark enorme.
Presi il mio skate e iniziai a skatare(?)
Vidi Edoardo guardarmi con un sorriso stampato in faccia.
Porco due che sorriso che ha.
Gli passo davanti e gli sorrido.
Dopo un po' mi fermo e mi dirigo dal ragazzo che mi fissa.
-visto che non vai sullo skate parlami di te...-dico incuriosita.
-cosa dire...sono Edoardo Incurvati, ho 18 anni, sono sempre stato a Roma, voglio un mondo di bene ai miei migliori amici, amo la musica pop-punk, abito da solo e bho- dice con il sorriso stampato in faccia. -invece tu?-
-mi chiamo Elisa Degiovanni, ho 17 anni,vivevo a Torino poi mi sono trasferita a Milano e ora sono a Roma, amo molto mio padre e mia madre, amo la musica e abito con mio padre-dico cercando di non pensare a mia madre.
Sento il mio cellulare squillare, guardo lo schermo ed è mio padre
-inizio chiamata-
-Papà dimmi
-vieni a casa?
-certo, hai bisogno di qualcosa?
-no, ho solo bisogno di una mano
-okey, arrivo, a dopo
-fine chiamata-
Misi il cellulare in tasca e dissi ad Edoardo che dovevo andare a casa, presi lo skate e saluta i Edoardo, poi vidi che veniva con me ma non ci facevo caso, lo skatepark era vicino a casa mia.
Vidi che Edoardo si fermò alla casa vicino alla mia.
-a quanto lare siamo pure vicini-disse e io gli sorrisi salutandolo.
Entrai in casa posai lo skate e andai da mio padre.
-cosa c'è?-dico scazzata
-devi collegare la televisione con le casse e la PlayStation-dice arrabbiato.
Collego il tutto e lui mi ringrazia.
Prendo lo zaino e salgo in camera.
Guardo dalla finestra, prendo una sigaretta e inizio a pensare.
Perché devo amare mio padre? Lui è quasi sempre ubriaco, mi tratta male quando beve. Lui non è il padre che voglio. Lui mi picchia, lui mi tocca, lui non lo conosco bene.
Tutti lo guardano come se fosse un mafioso, ma non lo è.
Voglio avere il padre di prima, quello che mi amava, che amava mia madre, che voleva il meglio per me.
Sento qualcuno chiamarmi e mi risveglio dai miei pensieri.
-ELISA RISPONDI!- urla mio padre.
-dimmi- dico calma
-stai fumando?-si è calmato per fortuna.
-si.- dico scocciata, adesso inizia a farmi la predica sicuramente.
Sento qualcuno che apre la porta, è mio padre, incazzato nero.
-quante volte ti ho detto di non fumare!?lo sai che ti fa male!-urla, sicuramente Edoardo sentirà tutto.
-tale padre, tale figlia no?- dico io beffarda.
Mi tira un ceffone. Siamo sul balcone quindi chiunque ci può vedere.
-TU NON SEI MIA FIGLIA!- dice incazzato e poi se ne va.
Mi giro verso la casa di Edoardo, e vedo che è fuori da camera sua.
Ottimo avrà visto tutto. E adesso se ne andrà.
-ti tratta sempre così? - dice preoccupato.
Bhe, si, tutti i giorni, ma non mi tira solo ceffoni, mi tocca e mi tira pugni e calci. Ma sono già abituata. Per me è tutto normale, per te no lo so.
-no...emh...solo oggi.- dico con voce triste.
-mi dispiace, se vuoi venire da me vieni pure- afferma con un sorriso a 32 denti.
Mi suona il cellulare. È mia zia.
-inizio chiamata-
-Amore miooo come stai?
-ciao zia, emh...tutto bene dai tu?
-si va avanti, tuo padre?
-sempre la solita storia.
-mi dispiace non essere li con te.
-tranquilla...non preoccuparti.
-va bene, appena posso vengo a trovati.
-si, ti ospito volentieri, almeno controlli quella persona, che non conosco più.
-tranquilla.
-ciao zia, a presto.
-ciao Eli.
-fine chiamata-
Poso il cellulare e mi tolgo la felpa.
Forse non dovevo. Si vedono ancora certi tagli.
Spero che Edoardo non li veda.
-posso farti una domanda?- domanda con gentilezza.
-certo dimmi pure-dico sorridendo.
-ma...tua madre non dice nulla?lo so che non vive con voi ma...-non lo feci finire.
-no, non sa nulla di questo, e poi è successo solo oggi.-mento.
Lui fa cenno con la testa e inizia a guardarmi.
Sto pregando, spero non veda i tagli e le cicatrici.
Inizio a guardare casa sua, siamo molto vicino rispetto alle case di Torino e Milano.
Edoardo continua a fissarmi, poi sento delle urla e guardo giù...
Sono i ragazzi di oggi, quelli che gli sono saltati addosso, ma ci sono anche altri due ragazzi mai visti.
-venite su- afferma Edoardo.
I ragazzi aprono la porta e salgono, poco dopo sono pure loro sul balcone.
-ciao io sono Matt-dice un ragazzo carino con il piercing al naso e al labbro.
-io sono Jared-afferma un ragazzo anche lui carino, con un tatuaggio su entrambi le mani e il cappello.
-io sono Elisa-affermo un po timida.
-vuoi venire da me?- dice sbucando da dietro a tutti Edoardo.
-no grazie, sto a casa, magari mio padre ha bisogno di me-dico con un alone di tristezza.
-okey, allora se non ci vediamo prima, a domani.- afferma sorridendo.
Saluto tutti ed entro in casa.
Scendo e vedo mio padre con varie bottiglie di alcol.
Spero che non inizi a picchiarmi o toccarmi.
-chi era quello?-dice incazzato.
-un mio compagno- affermo. So già cosa mi dirà.
-SEI SOLAMENTE UNA TROIA.- urla.
Ecco che ci siamo di nuovo.
-PURE DOPO IL PRIMO GIORNO DI SCUOLA TE NE PORTI GIÀ A LETTO UNO?VERGOGNATI- continua ad urlare, e io ascolto con le lacrime agli occhi.
-e poi tu sei solamente mia. Solo mia.-dice avvicinandosi a me pericolosamente.
Mi immobilizzo e lui si avvicina sempre di più a me.
-non toccarmi.-affermo fredda.
Lui mi accarezza la guancia e io sposto la testa.
Ricevo un ceffone.
Faccio un passo indietro per andarmene.
Lui mi blocca.
Mi butta a terra e inizia a sfogarsi su di me.
Di nuovo. Perché? Perché deve essere così?
Io non lo capisco, voglio andarmene da lui. Ma non posso.
Voglio uscire da tutta sta merda.
Vorrei avere un padre normale.
Penso a questo e inizio a piangere.
Lui continua a tirarmi calci.
Voglio solo morire.
Voglio farla finita.
Non resisto più in questa vita di merda.
Vorrei avere al mio fianco mia madre.
Dopo un po' smette di picchiarmi e se ne va.
Mi alzo faticando, salgo le scale e vado in camera mia.
Mi guardo allo specchio, ci sono ancora vecchi lividi, che stanno andando via.
Ma adesso ci saranno questi.
Mi asciugo le lacrime e mi metto a letto.
So che è presto ma, non voglio vedere nessuno.
Mi metto sotto le coperte, metto il telefono in silenzioso e chiudo gli occhi.***
Mi sveglio, fuori è tutto scuro.
Guardo il cellulare, sono le 10:00.
Mi alzo e prendo cellulare, sigarette, skate e cuffiette.
Esco di casa, mio padre dorme già.
Accendo una sigaretta, metto la musica e vado sullo skate.
Vado ad un parco li vicino.
Mi fermo su una panchina e guardo il cellulare.
"Edoardo Incurvati ti ha inviato una richiesta di amicizia"
Apro facebook e gli accetto la richiesta.
Spengo la sigaretta, e la getto in un cestino li vicino.
-cosa ci fai qui tutta sola?- dice una voce dietro di me.
Mi volto e vedo Edoardo.
-volevo stare un po' da sola.-affermo pensando alla scena di prima.
-con tuo padre si è risolto tutto?- si siede accanto a me.
No, ma è normale, sai...mi picchia tutti i giorni.
-si-rispondo tranquillamente.
Restiamo lì, in silenzio.
Penso spesso che il silenzio valga più di mille parole.
Con lui stranamente sto bene, non lo conosco bene, quindi non gli racconto la mia vita.
Anche se, il mio istinto mi dice che mi posso fidare.
Quanto mi manca mia madre, adesso non starei qui a pensare.
-prima ho visto che sul braccio destro avevi un tatuaggio-dice con un sorriso.
Adoro il suo sorriso.
È troppo bello.
-oh, si è una frase-dico abbozzando un sorriso.
Alzo la manica non pensando alle conseguenze.
Era notte e c'era pochissima luce.
-c'è scritto: sei il mio angelo custode preferito.-dico guardandolo negli occhi.
Inizia a passare la mano sul mio braccio, poi mi prende l'altro e fa la stessa cosa.
Merda. Sono fottuta.
-perché?-dice con un leggero alone di tristezza.
-nulla, lascia stare-dico tranquilla.
-non ti voglio giudicare, voglio aiutarti.-dice guardandomi.
-prometti di non dire a nessuno quelli che ti dico.-fa un cenno e io continuo-mio padre...quelli che hai visto oggi, lo fa da quando mia madre è morta, per me era come uno sfogo,ogni suo insulto, ogni suo schiaffo era un taglio in più sulla mia pelle.-lasciai stare la parte dove mi menava, dove mi toccava.
-scusa, non volevo...-dice triste.
Inizio a piangere, lui mi abbraccia.
Avevo male alla pancia, ma lasciai stare.
-da oggi, tu fai parte della banda-dice lui felice.
-che banda?- dico io incuriosita...
-quella con i ragazzi che hai conosciuto-afferma con un sorriso.
Questa cosa mi rendeva felice, non sarò più l'asociale della situazione.
Spero che anche gli altri mi accettino.
-unica ragazza?-dico al ragazzo di fronte a me.
-yessss-risponde gasato.
Guardi il cellulare e sono le 11.
Il tempo vola.
Lo saluto e lui mi dice che domani viene a prendermi, per uscire.
Vado a casa tranquilla, arrivo davanti alla porta e vado in camera.
Mi rimetto a dormire.L'indomani...
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You and Me
RandomLei era una ragazza solitaria, veniva chiamata asociale, per il semplice motivo che se ne stava sempre sola. Lui era un ragazzo solare, aveva solo i suoi migliori amici, se non stava con loro stava da solo al parco.