Capitolo due

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Mi addormentai per evitare di pensare a quel fatidico giorno. Cattiva idea.
Quel pomeriggio sognai la giornata.
Era settembre e avevo appena cominciato la prima media nel nuovo paese in cui mi ero trasferita. Non conoscevo nessuno e tutti mi guardavano con diffidenza. "L'hai vista quella lì?" "Ma chi è?" "Come è cicciona." Queste erano tutte le vocine che sentivo. Rimasi seduta sulla sedia, da sola e in silenzio finchè la prof non mi notó: "ma tu chi sei?"
"Bb.. Buongiorno sono Camilla Rossi." Risposi esitando. Tutti scoppiarono a ridere, ma io non capivo il perchè. Prima di sedermi notai del rosso sulla sedia, e sui miei pantaloni. Poi vidi anche un pezzo di carta igienica spuntarmi da sotto la scarpa. Già non stavo simpatica a nessuno. Sarebbe stato bello se la giornata fosse finita lì. Ma no. Uscì un attimo e quando ritornai trovai in cartella una decina di assorbenti è una scritta che diceva: "FAI SCHIFO. SEI SPORCA".
Feci finta di niente. Nella mensa c'era il self service. Io, avendo fame, riempi il mio piatto con un po' di tutto. Ma delle ragazzine mi fecero lo sgambetto e caddi. Il piatto cadde per terra e tutto il mio corpo, molto pesante, fece un tonfo che silenzió tutti. La cuoca mi disse:" bene ora lecca il pavimento per pulirlo." E io lo feci. La bidella scoppió a ridere dicendo che stava solo scherzando ma ormai era troppo tardi. Tutti cominciarono a chiamarmi maiale. E ogni maledetto giorno la bidella mi ricordava di stare attenta a dove mettevo i piedi e tutti scoppiavano a ridere. Iniziarono a prendermi in giro sempre più spesso e poi passarono anche alle mani.

"Camilla sveglia!" Mi gridó mia mamma che mi vide sudare tutta. "È solo un sogno" mi disse per tranquillizzarmi. La cacciai fuori e cominciai a piangere. Andai sulla bilancia e mi pesai: 45 chili. Non potevano più darmi della grassa. Ma lo facevano comunque. Feci i compiti e chiamai Roberta. Roberta era la mia migliore amica nell'altro paese. Lei mi tirava su il morale mi aiutava e mi difendeva. Era l'unica persona che mi voleva bene. E ora non avevo nemmeno lei.
Al telefono non rispose. Sapevo che aveva trovato qualcun'altra ma a volte mi piaceva riascoltare la sua voce.
Le scrissi un messaggio dove le dicevo di chiamarmi il prima possibile.
Andai a mangiare. Ma non mangiai alla fine. Dissi di avere il mal di pancia e andai a sdraiarmi sul letto a leggere.
Roberta aveva visualizzato. E mi aveva risposto: "scusa ma ora non ho tempo per te" . Bello. L'unica amica che avevo non mi calcolava più.
Chiusi gli occhi e cercai di dormire mentre le lacrime continuavano a scendere.

Mi svegliai su una nuvola. Presi il telefono per vedere che ore erano, ma anche quello era una nuvola. Tutto il mondo si era trasformato e tutte le cose erano diventate nuvole. Uscii di casa e gridai :"Erik, ci sei?" Da dietro una nuvola spuntò una figura: eccolo. Gli corsi incontro e cominciai a piangere. "Che hai?" Mi chiese. "La mia vita... Roberta... Niente va bene"
Lui mi strinse a sè e mi disse:" tranquilla ci sono io qui." Mi prese per mano e cominciammo a girare per le strade: mangiammo nuvole, giocammo su nuvole e disegnammo con nuvole. Io gli chiesi :"ma chi sei tu?" , "Camilla io sono.." Inizió a rispondere in modo incerto ma...

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