Capitolo 3

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Ma più quella cavolo di sveglia suonó. Dovevo andare a scuola. CHE PALLE. Mi fondo malata quel giorno. Non riuscivo a sostenere un altro giorno quei "così". La solitudine fa male, lo so. Ma essere presa in giro è peggio. Mi misi a disegnare. Era l'unica cosa che mi salvava dal resto del mondo. Li esprimevo rabbia, gioia, tristezza. Ero una nullità ma quando disegnavo mi sentivo me stessa, unica e speciale. Forse non ero proprio da buttare via. Poi finivo e boom, ritornavo alla realtà.
Avevo già progettato tutto. Appena compiuti i 18 anni sarei scappata. In America o al nord Europa. Ma avrei cambiato vita. Sfuggita da tutto. Io e i miei disegni. Nessuno avrebbe più avuto notizie. Ma avevo bisogno che qualcuno venisse con me. E l'unica persona che avevo in mente era lui. Erik. Ma chi era? Avrei investigato. Stavo per vestirmi per uscire e andare da qualche parte (in realtà volevo solo riflettere al parco e sperare che un ragazzo di nome Erik inciampasse davanti a me) quando mia mamma bussó. Era pomeriggio. Mi nascosi immediatamente sotto le coperte. "Come stai tesoro?"
"Sto male, ho tanta nausea e mal di testa."
"Vedi di guarire."
E uscì. Non rimase lì con me come faceva un tempo. Non mi coccoló anche lei era fredda. Aveva il viso vuoto. Stava per piangere. Ma che era successo?
"MAMMA"
"Che c'è... Amore"
"Mamma che hai?"
"Niente, non preoccuparti. Guarisci e non intrometterti."
Appena scese la seguii. Andó in camera da mio padre e gli disse che così non poteva continuare:
"Senti Matteo, a me non interessa se te ne vuoi andare da me. Ma non lasciare sola Camilla. A scuola non va bene. E se te ne vai ora cadrà a pezzi."
"Non mi importa. Io non ti sopporto più."
"Da quando è successo quello che è successo non ti sopporto più. Hai Camilla. Fattela bastare va."
Mia mamma scoppió in lacrime. Mio papà prese la valigia, io intanto corsi in camera mia. Entró e mi disse: "mi dispiace piccola mia, ma è meglio così." , pensava che stessi dormendo. Venne lì e mi lasció una busta sul comodino, una collana e mi diede un bació. Poi andò via. Non sentii mia mamma fino a che non mi alzai dal letto e andai da lei. Piangeva disperata. Mi sdraiai sul letto con lei. Sapeva che sapevo tutto. La abbracciai e le dissi che tutto sarebbe andato bene. Ma non dovrebbe essere lei a consolare me? Perchè devo fare io la mamma? Perchè devo sentirmi le sue lamentele?
Mentre cercavo di rispondermi mi addormentai tra le sue braccia sperando in un sogno magnifico.

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