three

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Un altro giorno da superare, un'altra mattina, un altro pomeriggio, un'altra sera, un'altra notte.

Erano le sette e cinquanta quando la sveglia di April era suonata. Quel giorno l'entrata a scuola era posticipata di venti minuti per un motivo che April nemmeno ricordava. O non voleva ricordare.

Fatto sta che si alza svogliatamente dal letto, indossa le ciabatte, e dopo aver fatto una radiografia allo specchio del suo aspetto, cammina verso la cucina.

Qualche settimana fa in quella cucina c'era la sua mamma occupata a preparare la colazione a sua figlia e sua madre.

Ora non c'era nessuno.

Era così vuota quella casa, così vuota che April ormai abitava solo nella sua stanza. Raramente ci usciva, e lo faceva solo per bere qualche goccia di succo d'arancia che tanto piaceva a sua nonna.

Apre il mobile in legno ed afferra un bicchiere pulito, si dirige verso il frigo ed afferra la scatola di cartone contenente il succo.

Era la sua colazione da un bel po'. Non per mancanza di soldi, niente del genere, ma a lei andava bene così.

Dopo essersi lavata, vestita, esce di casa per camminare verso la sua scuola. Tira via dalle tasche il cellulare con le cuffie, e dopo aver portato queste ultime alle orecchie, parte una delle canzoni che in parte cercano di rallegrarla.

Le strade piene di suoi coetanei e lei lì, nella strada opposta, con il vuoto nella mente.

Ferma la musica e si libera dalle cuffiette, e dopo aver sentito la campanella dell'istituto suonare, si dirige a passi svelti verso l'entrata.

Nessuno si è mai accorto di lei e lei non ha mai cercato nessun modo per farsi notare. April non ha mai voluto attenzioni, non le ha mai cercate e forse mai lo farà.

«McCartney!» ha urlato un ragazzo che aveva iniziato a correre verso la sua direzione. Improvvisamente tutti i ragazzi che si stavano dirigendo verso le rispettive classi, si erano girati verso di lei.

April non voleva che la guardassero, non era mai successo fino a quel momento.

«Buongiorno.» aveva continuato a parlare il ragazzo dai capelli verdi. Ma April era furiosa, per colpa sua
tutta la scuola si era accorta di lei. Così inizia a camminare, aumentando di passo in passo la velocità, in modo che arrivi in classe e dimentichi ciò che era successo.

«Che ti è preso?» anche il ragazzo decide di aumentare il passo per raggiungerla, non capendo il suo atteggiamento.

Nessuno si è mai accorto dei suoi grandi occhi color nocciola, dei suoi lunghi capelli ondulati, del suo piccolo naso all'insù, del suo corpo minuto e del suo sguardo perso già da un po'.

Entra nell'enorme aula ancora seguita dal ragazzo, e avvistato il suo compagno di banco, lo raggiunge e poggia la borsa sul banco.

«buongiorno, April.» aveva parlato il ragazzo seduto al suo fianco. Il naso di April si arriccia; non aveva nessuna voglia di risponderlo.

«anche se non mi rispondi mai, so che un po' mi vuoi bene anche tu.» sussurra il ragazzo, dopo aver visto l'espressione di April.

A lei però non aveva fatto nessun effetto quella frase, non l'aveva fatta sprridere, ma non l'aveva nemmeno rattristita.

Era tutto così indifferente per April.

Il ragazzo schiude le labbra per riprendere a parlare, ma viene interrotto da una chioma colorata.

«se non vuoi aiutarmi, allora faccio da solo.» michael afferra la borsa di April, frugando alla ricerca del quaderno di matematica.

La ragazza scatta in piedi spingendo il ragazzo all'indietro, così da farlo cadere su un banco.

«stammi lontano.» gli punta un dito contro, dopo aver parlato in tono minaccioso. Afferra poi ancora una volta la sua borsa ed esce da quell'ambiente che ad April stava diventando sempre più sconosciuto. Non le importava cosa sarebbe successo dopo aver sorpassato quella porta, le avrebbe causato molti problemi, ma ormai la voglia di continuare a frequentare la lezione era svanita totalmente. Tanto vale non perdere del tempo che forse potrebbe rivelarsi prezioso.

Si dirige poi verso un parco lì vicino, aveva bisogno di distrarsi e quello era il momento perfetto.

«ciao.» alza immediatamente lo sguardo verso il viso della persona che aveva parlato, che la guarda sorridendo.

«ciao.» ricambia il saluto. Forse si stava rassegnando; forse non avrebbe più avuto modo di distrarsi.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 15, 2016 ⏰

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