1. Storia di un Primo Uomo

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Sono nato quando ancora non esisteva niente di ciò che voi conoscete. Quando ancora non eravate "nei pensieri di mamma e papà".

Sono nato, così, senza che nessuno mi chiedesse il perché e il per come.

All'inizio era un po' noioso, sapete lo disse anche Aristotele che l'uomo è un animale socievole, e invece eravamo solo io e qualche pecora.

E vi chiederete, da dove viene?, anni dopo la mia morte qualcuno dirà che mi ha creato l'acqua o il fuoco o la terra o addirittura il vento. C'è anche chi dice che fosse stato Dio. Io sinceramente non lo so. Sono nato e basta.

Non mi chiamo né Adamo, né Prometeo,né in nessun altro modo che nel tempo mi fu dato. Le pecore mi chiamavano Uomo, mia moglie mi chiamerà Marito, mio figlio mi chiamerà Padre. Io non mi sono mai chiamato.

Non mi importa sapere quando sono nato,né quando faccio gli anni, né tutte quelle altre cose inutili che a voi moderni interessano tanto.

Dunque, dicevo, all'inizio eravamo solo io e qualche pecora. Ovviamente, come starete ben pensando, mi ritrovai un po' sperso. Insomma, non è facile venire al mondo senza una guida di sorta e con l'unica aspirazione di una carriera da pastore, ché i pastori, si sa, se non hanno nessuno a cui vendere il loro formaggio non campano a lungo.

Così mi misi a guidare il mio gregge. All'inizio le pecore non si fidavano di me, poi, col passare del tempo, divenni una sorta di padre per loro. A quel tempo mi trovavo in una regione fertile e dolcemente ondulata che, se solo fossi stato capace, quasi avrei mollato i miei agnellini e mi sarei messo a zappare la terra. Ma ciò avverrà solo molti secoli dopo di me.

Continuavo a spostarmi, seguendo le stagioni e i fiumi. Vivevo del latte delle mie pecore, da cui ricavavo burro e formaggio, e di quello che riuscivo a cacciare e a raccogliere, mai mi sarei permesso di cibarmi delle carni del mio gregge.

Una sera, mentre mi riscaldavo al fuoco, quello, sì, l'avevo già scoperto, mi sembrò di vedere qualcosa che si muoveva tra le fiamme, o oltre le fiamme non so. Mi avvicinai ma non scorsi nulla. Qualcuno, anni dopo di me, nello stesso fuoco ci vide Dio, o come volete chiamarlo, io forse fui troppo cieco, o forse fu Dio ad arrivare su questa Terra dopo di me,che con tutto il daffare che aveva sulle altre stelle e pianeti è comprensibile che per qualche tempo si fosse scordato della Terra.

Ma un giorno, anni dopo questa fugace apparizione divina, vidi davanti a me una donna. Questa volta non potevo sbagliarmi, non c'era niente di sovrannaturale in lei, era una donna, in tutta la bellezza che una donna può suscitare in un uomo che non ne ha mai vista una. Una donna circondata dal suo gregge.

Tu chi sei?

Un uomo. E tu?

Una donna.

Dove vai?

Alla foce del fiume.

Anche io.

Possiamo andarci insieme, se ti va.

Va bene.

E ci avviammo insieme, mentre le nostre greggi, diffidenti, si mescolavano. Fu questo il primo approccio tra un uomo e una donna. Nessun romanticismo, nessuna galanteria. Fu la semplicità a vincerci.

Quella sera stessa conobbi l'amore. Non aspettammo matrimoni né fidanzamenti di sorta, ché al tempo manco si sapeva cos'erano. Non sapevamo se saremmo arrivati all'indomani,al tempo non v'era alcuna assicurazione sulla vita, e quindi decidemmo di provare quel piacere che tante volte avevamo letto negli occhi delle nostre pecore.

Ovviamente qualche impaccio ci fu,pensate voi come dev'essere difficile mettersi a fare l'amore senza millenni di cultura pornografica alle spalle, ma quel che conta è che piacque a tutti e due. E decidemmo che l'avremmo fatto ancora, e ancora e ancora.

Fu così che conobbi l'amore.

Quando arrivammo alla foce del fiume conobbi il mare. Una distesa immensa. Non potevo credere ai miei occhi, né ci potevano credere quelli di mia Moglie. L'emozione fu tanta che ci tuffammo subito. Badate, ci bagnammo fino alla cintola,che di nuotare proprio non se ne parlava.

A mia Moglie crebbe la pancia, e fummo costretti a fermarci. Dopo qualche mese, avevo perso il conto ma voi sapete che sono all'incirca nove, nacque il nostro bambino. Lo chiamai Figlio. Niente più.

Giurai che l'avrei curato come se fosse stato il mio agnellino più bello. E così fu. Mai gli mancò il latte né qualsiasi cosa che potesse servirgli. Cresceva forte e sano e anche bello, ché si sa che "ogni scarrafone è bello a mamma sua". Ma qualcosa non funzionò. Un giorno mio Figlio non si alzò dal suo giaciglio. Era tutto dolorante e scottava. Io e mia Moglie non sapevamo che fare. Non conoscevamo le malattie né rimedi per esse. Non avevamo amici farmacisti o medici, né la tessera della asl. Provammo a dargli delle erbe che, così a naso, speravamo lo guarissero. Non successe nulla.

Allora decisi di andare a cercare aiuto, come avevo trovato mia Moglie avrei trovato anche altri Uomini. O un villaggio addirittura. Dissi a mia Moglie di non muoversi e di vegliare mio figlio. Presi con me qualche forma di formaggio per ingraziarmi un eventuale Medico e partii.

Dopo due giorni di cammino raggiunsi un'altura che dominava tutto lo spazio circostante. Vidi in lontananza quello che mi sembrava un altro gregge. Iniziai a correre. Ma dopo altri quattro giorni non trovai nulla. Non volevo abbandonare la ricerca ma mi resi conto della vanità di questa, è difficile muoversi senza gps e cercapersone di sorta.

Decisi di tornare indietro, che forse davvero eravamo soli al mondo. Quando giunsi al luogo dove avevo lasciato mia Moglie e mio Figlio ammalato non li trovai.

O meglio, non li trovai vivi. Mio Figlio era stato ucciso dalla malattia, mia Moglie dal dolore. Per la prima volta piansi. Piansi finché avevo energia in corpo. Poi caddi addormentato. Non mi sarei mai voluto svegliare. Ma mi svegliai.

Il giorno seguente scavai una specie di tomba per quella che era stata la mia famiglia. Ancora con le lacrime agli occhi partii. Poi di me non si seppe più niente. Io seppi che ero di nuovo solo. Senza un Figlio da curare, senza una Moglie da amare, senza una società in cui rifugiarmi, senza un Dio da pregare,che, come ho già detto, non mi ero ancora dato la pena di inventare. Né mai lo feci.

E così, come sono nato, senza chiedere il perché e il per come, me ne sono andato, abbandonandomi alla mia solitudine, aspettando che qualcun'altro, un giorno, riplasmasse un Primo Uomo, e si desse la pena di collocarlo in un posto con una densità abitativa decente, giusto così per salvaguardare il proprio lavoro.

Questa è la mia storia, unica testimonianza del mio passaggio su questa Terra.



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