Capitolo 1

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Tutti noi abbiamo una frase, una parola che sfoderiamo nei momenti difficili, ci accompagna quando ci sentiamo soli e ci conforta quando ci sentiamo smarriti. Molte volte questa frase è il frutto della mente di uno sceneggiatore, altre della penna di uno scrittore, altre ancora di notti in bianco passate a fissare inermi il soffitto sperando che il buio lasci presto spazio all'alba del giorno seguente. E' stupefacente quanto delle semplici parole possano portare tanto significato nella vita di chi le sa accogliere, molti di queste parole ne fanno una vera e propria filosofia, affidandosi completamente ad esse. La maggior parte delle persone ritiene stupido o da "sfigati cosmici" chi a 16 anni si mette a spulciare libri e romanzi alla ricerca della propria frase speciale, beh ammetto che non è proprio il massimo dello sballo ma a me va bene così.
Per i pochi che mi conoscono davvero, direbbero che la mia vita può essere descritta in una sola semplice parola "libro", in realtà non è del tutto corretto affermare che la mia vita giri tutta intorno alle fantasie di uno scrittore, ma hanno comunque la loro importanza.
Obsidian il libro che ho ora tra le mani, rispecchia a pieno il mio stato d'animo degli ultimi due giorni, un nuovo inizio, così lo avevano definito i miei genitori, ma a mio parere questo sembrava solo un nuovo enorme, gigantesco, mastodontico casino dalle sembianze di un altrettanto enorme punto a capo stampato ad inchiostro indelebile sulla pagina già parzialmente scritta della mia vita.
Insomma nuova casa, nuovi amici e putroppo nuova scuola ed ovviamente nuove opportunità per Jess e Matt Leimann, importanti e famosi proprietari di una delle case cinamatografiche più importanti del paese, ma per me sono solo mamma e papà.
Il profumo di caffè mi riempie le narici e per un istante immagino di essere ancora nello stato di Washington, nel mio cafè preferito proprio di fronte a casa mia. cioè... quella che in realtà era casa mia. Questo posto ha ben poco di famigliare: non c'è il viso dolce e spensierato di Mrs. Blacky che serviva ogni mattina la colazione agli studenti di tutto il quartiere, non ci sono i piccoli tavolini rossi che riempivano di allegria insieme al vociare delle delle persone quel piccolo locale... no, tutto questo era stato spazzato via, come investito da un uragano di ostinazione e di caparbietà che solo i miei genitori erano capaci di sfoderare, ma in compenso di aver lasciato quel posticino accogliente eccoci piombati nel paradiso degli orrori, che invece di luogo di sosta somiglia di più all'incarnazione più verosimile dell'idea che mi ero fatta dell'hotel Dumort leggendo Shadowhunters: pavimento grigio topo che definirlo sudicio a questo punto sarebbe un eufemismo, vernice scrostata alle pareti dove sembrava che le muffe avessero trovato l'habitat ideale per proliferale e ovviamente quel tocco di macabro che mancava per renderlo davveno la dimora perfetta per un serial killer o per i simili di Edward Cullen (i vampiri), le vecchissime lampade a neon che emanano fasci di luce tremolante.
Speravo solo che i miei genitori colpiti da un lampo di buon senso decidessero di proseguire il nostro viaggio al più presto.
< Helen, tesoro non ti sembra un sogno? Stiamo andando a Los Angeles!>
Oh Signore dammi la forza di sopportarla, oppure cosa ben più gradita dammi qualcosa da tirarle in testa possibilmente che faccia male.
Dopo aver preso un lungo respiro per placare le mie manie omicide decisi di risponderle nel modo più pacato e gentile di cui ero capace in quel momento.
<Questa ti sembra la faccia di una persona che crepa dalla voglia di farsi un viaggio di altre otto ore e mezza in mezzo al nulla?> le dissi a denti stretti indicandomi il viso.
<Oh andiamo tesoro, sarà fantastico, troverai nuovi amici, andrai in una nuova scuola e... detto tra noi> disse quasi bisbigliando, e mettendomi un braccio intorno alle spalle avvicinò la sua bocca al mio orecchio così che solo io potessi sentire < se fossi in te non mi lascerei scappare questa opportunità, sai... si dice in giro che a LA vi siano dei ragazzi... ehm com'è che dite voi?> Oh mio Dio ti prego non farglielo dire <Oh si "fighi"> mi disse guardandomi e facendomi un sorrisino malizioso, non posso credere che l'abbia detto davvero... mia madre e il gergo giovanile sono due cose che per principio non dovrebbero coesistere nella stessa frase, insomma è assolutamente contro natura, e poi da quando in qua Jess Leimann pronuncerebbe tali volgarità. Quando vidi la testa di mio padre sbucare alle sue spalle decisi che quello era il momento perfetto per una visitina al bagno, che in quell'istante era diventato ufficialmente il mio miglior alleato nella battaglia "allo sterminio delle domande irritanti".

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