Fort Lauderdale by night

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[Colonna Sonora: Black Diamond - Stratovarius ]

Aidan si era diretto verso la I-95: era convinto che in autostrada sarebbe stato più difficile incontrare degli zombies, o qualunque cosa fossero. Mentre la attraversavamo a tutta velocità, la città sembrava deserta, abbandonata: non una luce, non un’anima viva e nemmeno morta si vedeva per le strade; con un brivido immaginai tante persone rintanate nelle loro case e terrorizzate quanto lo ero io e mi chiesi se fosse giusto andare via così: forse avremmo potuto salvare qualcuno portandolo con noi, invece stavamo scappando senza guardarci indietro.

Controllai il cellulare, ma era ancora privo di segnale.

La frenata brusca di Aidan mi colse di sorpresa, facendomi quasi sbattere contro il cruscotto.

- Ma che ca… ?! – esclamai, voltandomi a guardarlo stralunata

- É rosso, non posso passare. – mi rispose lui, indicandomi l’unico semaforo che avevamo trovato acceso, poco prima dell’ingresso dell’autostrada; non potevo crederci: ligio al dovere anche in questa situazione. Avrei voluto prenderlo a schiaffi.

- Aidan, ti prego. Metti la sirena, se ti fa sentire più a tuo agio, ma andiamo.

- Ho paura che il rumore attirerebbe gli zombies.

- E allora andiamo e basta, Cristo santo! – sbottai – Non è questo il momento per…. – la voce mi morì in gola: al fondo della strada alla sinistra del veicolo, vidi un gruppo di persone che avanzava verso di noi con passo incerto. – Cazzo, cazzo. Aidan, muoviti. Stanno arrivando.

Quando li vide anche lui, non ci fu più bisogno di pregarlo: ripartì immediatamente senza più curarsi del semaforo.

Io chiusi le sicure e mi girai a guardare verso il retro del pick up per controllare che non ci seguissero; mi resi conto che erano troppo lenti per riuscirci, ma questo non bastò a rassicurarmi.

Soltanto quando raggiungemmo l’autostrada riuscii a tirare un sospiro di sollievo.

Nessuno di noi due parlò più, per diversi chilometri.

Superammo Hollywood e mi chiesi perché non avessimo deciso di andare lì, visto che era più vicina, ma poi pensai che Aidan volesse raggiungere Fort Lauderdale perché il Capitano Burke, in pensione da qualche mese, abitava lì e lui sapeva sempre cosa fare.

Nel frattempo mi ero tranquillizzata e avevo iniziato a ragionare più lucidamente. Continuavo a non capacitarmi del fatto che tutto ciò stesse accadendo sul serio, non riuscivo a dare una spiegazione razionale a quel fenomeno ed il non poterlo fare mi riempiva la testa di dubbi; non facevo altro che pensare alla Cloud Nine ed agli studi che erano stati condotti su di essa proprio dal mio professore. Dopo le sperimentazioni era stato stabilito che quella droga era in grado di eliminare completamente i freni inibitori, ma che non induceva al cannibalismo; insomma, bisognava esser cannibali repressi per diventare folli assassini in seguito all’assunzione della droga e anche se tali conclusioni fossero state sbagliate, non si spiegava comunque il perché della rapida diffusione del fenomeno che era avvenuta durante quella notte. I casi del duemiladodici erano stati sporadici, isolati e – non da ultimo – difficilmente riconducibili all’utilizzo della Cloud Nine: infatti, nessuno degli aggressori sembrava averne fatto uso.

Mentre pensavo ancora a quanto strana fosse questa storia, uscimmo dall’autostrada: eravamo arrivati a Fort Lauderdale; la casa di Burke non era troppo distante da lì. Aidan rallentò, visibilmente più tranquillo; io mi guardai intorno in cerca di qualsiasi cosa potesse metterci in allarme, ma sembrava tutto tranquillo. Del resto, nemmeno a Miami avevo avuto quell’impressione, almeno finché non avevo notato il gruppo di zombies.

Raggiungemmo la casa di Burke.

No, non era tutto tranquillo. Sul prato davanti ad essa c’erano quattro cadaveri e due finestre del piano terra erano state sfondate.

Io ed Aidan ci guardammo, fermi sulla strada, barricati nel pick up con il motore ancora acceso.

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