In mare aperto

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[Colonna Sonora: Angel - Massive Attack]

- Non si vede niente, con questa nebbia. Dove sono finiti?

- Non lo so, ma non possono essere lontani, accendi i fari.

- Lo avresti mai detto, che sarebbe andata a finire così?

- No, pensavo che sarebbe rimasta chiusa in casa.

- Comunque avevi ragione: Soledad è perfetta.

- Speriamo che non si infuri quando scoprirà tutto.

- Le stai dando l’occasione di fare un viaggio in Giappone, non era quello che sognava?

oOo

Quegli esseri erano arrivati a pochi metri dalla barca, ma noi ormai ci eravamo allontanati dalla riva; aggrappata a uno dei mancorrenti della prua li osservai svanire nella nebbia. Mi sembrò di vedere uno di loro sbracciarsi.

Ma da quando gli zombies si sbracciano? mi dissi, dandomi della cretina.

C’era qualcosa che non mi quadrava in tutta quella storia, ma Burke e Aidan erano troppo presi dalle manovre di allontanamento e dal discutere su come agire da lì in poi, non mi osai metterli a parte delle mie riflessioni.

Mi sentivo di nuovo al sicuro e sebbene tutta quell’azione mi avesse spossata, ero più fiduciosa rispetto a qualche ora prima: c’era Burke, con noi e lui era uno “tosto”, ci saremmo salvati.

Quando Aidan tornò al mio fianco, tuttavia, non fui affatto rassicurata dalla sua espressione: era teso e sembrava sul punto di crollare da un momento all’altro.

Lo conoscevo soltanto da un paio d’anni, ma avevo imparato ad interpretare alcuni suoi gesti e quando si passava le mani fra i capelli non era mai un buon segno. Forse, in quel momento in cui sembrava di aver scampato il pericolo, la tensione si era abbattuta su di lui tutta insieme: in fondo, fino a poco prima, aveva dovuto pensare per entrambi, visto che io mi ero completamente lasciata prendere dal panico.

A dirla tutta, non lo avevo mai visto così deciso come lo era stato quando mi aveva costretta a salire sulla barca, non al di fuori del lavoro: quando passavamo del tempo insieme, sembrava sempre sul punto di dire o fare qualcosa di carino, ma poi trovava in fretta un sistema per cambiare discorso, per disimpegnarsi; era carino, ma poco intraprendente. E io ero una completa frana, in fatto di uomini, quindi, nonostante tutti pensassero che fra noi sarebbe potuto nascere qualcosa, restavamo semplici amici e niente più.

- Cosa avete deciso, tu e il capitano?

- Aspettiamo che la nebbia si diradi e intanto cerchiamo di stabilire un ponte radio.

- M-mh. D’accordo. Senti, con queste cose me la cavo abbastanza bene. Forse è il caso che tu riposi un po’, ti vedo stanco.

Le nostre voci, nel silenzio tombale del mare aperto, accompagnate soltanto dallo sciabordio dell’acqua, si lasciavano inghiottire dalla nebbia sempre più fitta. Non avevamo acceso nemmeno una torcia, ma non sarebbe servita a molto, contro quel muro denso e bianchiccio.

Aidan incrociò le braccia e si voltò a guardarmi; sembrava sul punto di dirmi qualcosa, ma questa volta non sperai in niente di romantico.

- Se stai per chiedermi di abbatterti nel caso ti trasformassi in uno di quei cosi, Aidan, sappi che lo farò con estremo piacere. – cercai di sdrammatizzare, con un mezzo sorriso – E comunque, se non sei stato morso, non credo che accadrà. Sei stato morso?

Lui scosse il capo – No. – esitò ancora – Sai usare una pistola? Forse è il caso che tu ne abbia una, mentre io dormo.

Non avevo mai toccato un’arma in vita mia, ma non glielo dissi. In fondo, cosa poteva esserci di difficile? Impugni, prendi la mira e spari.

Quando Aidan andò sotto coperta per riposare, io raggiunsi Burke che stava armeggiando con la radio di bordo. Mi lasciò il posto e mentre cercavo di farla funzionare, gli raccontai quello che pensavo sulla Cloud Nine e su quanto stava accadendo, ma non feci in tempo a dire molto, che un forte scossone mi fece finire distesa sul pavimento.

Eravamo andati a sbattere contro qualcosa. Oppure qualcosa era venuto a sbattere contro di noi.

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