Capitolo 1

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Non è una cosa nuova per me essere cacciata: a 12 anni sono stata cacciata dalla chiesa per via di una fuga, ma erano già titubanti di accogliermi per via dei miei capelli rossi, mi davano del "diavolo" "satana" "demonio" e chi più ne ha più ne metta... a 13 anni sono rimasta per tre anni in un orfanotrofio, un esperienza orribile: li i ragazzi più grandi ti picchiavano se non gli davi il tuo cibo, per di più le suore ti frustavano o ti facevano sedere sulle ginocchia sui ceci... vi dico solo che non è una bella esperienza.
In tutti questi anni, a ogni mio compleanno, andavo a trovare mia sorella, che al momento si trovava in una casa famiglia disgustosamente seria. Come dicevo, la andavo a trovare ogni mio compleanno per ricordarle che mancavano pochi anni e forse sarei riuscita ad adottarla. I suoi occhi brillavano di speranza quando glielo ricordavo, ma quella speranza veniva rimpiazzata dal dolore e dalla tristezza quando dovevo andarmene per ritornare da quello schifo di orfanotrofio.
Finché un giorno non ho picchiato un ragazzo diciassettenne. Il ragazzo in questione mi pare si chiamasse Max, l'avevo picchiato poiché faceva il bullo con un bambino di 6 anni, solo perché non gli aveva dato i suoi pochi risparmi. Max si era difeso dicendo il contrario. Ovviamente non hanno chiamato il bambino per testimoniare poiché loro pretendevano solo una scusa per buttarmi fuori. Ora mi trovo in una jeep blu per andare in una nuova casa famiglia. Le spiagge di Miami fanno da sfondo alla mia visuale oltre il finestrino. Tengo la testa posata sulla mano, gli occhi scorrono famelici il cielo. Forse Alex sta guardando quelle stelle: piccole luci che ci tengono unite.
Sono così distratta che non mi rendo conto che Ally ha appena frenato davanti una casa immensa: ha circa 3 piani e più o meno venti finestre. Wow.
Guardo Ally con sguardo implorante. Facevo sempre così con Ally, la nostra avvocata di famiglia. Lei aveva proposto di adottarci, ma la corte aveva deciso che una donna, sola, e che lavorava troppo per dedicarsi a due bambine, non ce l'avrebbe fatta. Mi ricordo ancora che avevo urlato di tutto e di più a quella stronza del giudice. Mossa poco saggia, visto che il nostro caso è affidato a lei...
"Mi dispiace Lily, lo sai come me, non posso tenerti" dice con autentica vice dispiaciuta. Mi guarda con i suoi occhi castani enormi, i capelli biondo scuro erano raccolti in uno chignon ordinato e stretto in nuca. Mi fa una carezza sulla mia guancia tempestata di lentiggini rosse.
"Promettimi che ci proverai, prova a non picchiare qualche bastardo o di non dire parolacce gravi in presenza del signor e della signora Warren." Mi chiede implorandomi con gli occhi e la voce.
"Mmh..." dico facendo un gesto con la mano che doveva rappresentare io che pensavo. Lei mi fulmina con lo sguardo e io mi impongo di fare un sorriso. "Ci proverò..." lei fa un sorriso che le illumina tutto il viso. Mi prende tra le mani il viso e mi deposita un bacio sulla fronte. "Brava Lily, ora però dobbiamo scendere, mi dispiace" detto questo mi lascia il viso e apre la portiera, scende e viene ad aprirmi dall'altro lato. Scendo e la guardo: sta piangendo, come fa sempre quando mi accompagna da qualcuno di nuovo. La abbraccio forte e lei fa lo stesso con me. Quando ci sciogliamo da quell'abbraccio così caldo ci avviamo verso la casa dei Warren. Era dipinta di bianco e il tetto era azzurro, come anche le persiane delle finestre.
Ally mi guarda e chiede: "pronta?"
Penso: cosa poteva aspettarmi dietro quella casa? Che gente c'era? E i Warren come sarebbero stati?
Stringo la presa sulla mia valigia e annuisco.
"Pronta"
Ally bussa il campanello.

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