Grazie amico: ti devo una vita.

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Auschwitz , 13 agosto, 1942.

Salve.
Sono Mail Jeevas.
Ho ventisette anni e sono uno scienziato inglese che risiede a Berlino.
Sono finito.
Mi hanno portato qui...
Ma non potevo permettergli di farlo!!!

Alcuni ufficiali, conoscendo il mio talento nel campo chimico, mi avevano prelevato e spostato ad una loro base per mettere a punto una sostanza...
Un gas.
Utilizzando lo Zirken-B.
Non seppi per quale scopo lo volessero, quindi obbedii.
Mi dissero, una volta finita l'opera, di trasportare il gas fino a qui...
Qui venni a conoscenza del fine dello
Zirken-B.

Scheletri. Quelle non erano più persone. Erano scheletri.
Sentivo il vomito solleticarmi la gola.
L'orrore dilagava nei miei occhi.

Mi ribellai.
Mi rifiutai di consegnare il gas...
E loro mi internarono, definendomi "Traditore della Patria".

Mi tatuarono un numero: 15749.
Mi diedero una sorta di pigiama...
Presero i miei averi, e mi mandarono in una baracca.

E la mia vita in quel momento non si poté più definire tale.

Nella baracca eravamo in sessanta.
Avevamo un nuovo Kapo...
Ci avevano detto di attendere il suo arrivo mettendoci schierati...
Un uomo di mezz'etá aveva impiegato troppo tempo...
Una guardia gli sparò e lui cadde a terra, morto.
Chiusi gli occhi, ricacciando indietro le lacrime.
Eravamo in cinquantanove.

-Ascoltatemi bene!-gridò il Kapo in tedesco -io mi chiamo Mihael Keehl, e pretendo disciplina!!!
Nessuno aveva ancora osato guardarlo.
Il suo tono cambiò -sentite, voi avete tradito la patria e meritate una punizione. Tuttavia, a mio parere, la morte non vi si addice... io non voglio uccidervi, tantomeno farvi del male,ma per ottenere ciò dovrete rispettare delle regole!!! Sveglia alle cinque, appello, lavoro, pranzo, lavoro, cena, sonno!!!

Il Kapo continuò ancora per un po', poi cominciò, partendo dalla parte destra della fila, a squadrarci uno ad uno, chiedendo il nostro numero e...
Il nostro nome...
Poi ci affibbiava un soprannome.
-Voi siete persone!- aveva detto-non numeri!
Fu strano: nessuno si era mai preoccupato dei nostri nomi...
C'era solo lui, nessuna guardia...
La nostra baracca era una delle più grandi ed era isolata...
Si stava avvicinando a me...
E in un attimo mi fu davanti.
Alzai il capo e lo vidi.
Avrà avuto trent'anni, trentacinque,non di più.
Capelli biondi tagliati a caschetto.
Pelle pallida.
Occhi azzurri...
Un angelo.
O meglio...
Un diavolo.
...
Un diavolo con l'aureola, ecco.
Nonstante l'aspetto che metteva un po' in soggezione dissi con voce ferma- 15749!
-Dimmi anche il tuo nome e cognome, ragazzo-disse lui calmo.
-Mail Jeevas.
Lui fece un mezzo sorriso -Ah, lo scienziato...ora sei Matt.
Passò altrove.

Passò qualche giorno.
Lavorammo sodo, eravamo distrutti.
Nonostante Keehl fosse, per quanto potesse e volesse, gentile con noi,l'orrore che gli ebrei,omosessuali e prigionieri di guerra subivano era indicibile.
Quella notte, non mi spiegai perché, non riuscivo a dormire.
Lasciai la mia brandina a un ragazzo più piccolo, che mi ringraziò, ed uscii fuori.
Non c'erano guardie...
Mi appoggiai al muro accando alla porta.
Era da poco passata la mezzanotte in quella bella, splendida nottata di agosto.
Il cielo, pieno di stelle, era meraviglioso.
Se solo anche il resto lo fosse stato...
Sentii un movimento.
Scattai.
-Chi è? -sussurrai, ma presto un'uniforme verde illuminata dalla luna mi si parò di fronte.
Cazzo!
Abbassai il capo.
Cazzo cazzo cazzo!
-Matt? Cosa fai qui fuori a quest'ora?-disse lui...in inglese...
-Ecco...non riuscivo a dormire,signore...
-Vieni con me.
-Cosa?!
-Tranquillo...-mi prese la mano, e un brivido mi attraversò la schiena -non ti farò del male.

Uscii da quel cazzo di sotterraneo con i rigetti di vomito che lottavano per uscire.
No, no, no!
Keehl mi aveva detto che il dottore, un certo Josef, voleva un aiutante e mi aveva "selezionato"...
Quali orrori quell'uomo impartiva ai bambini!
Avevo accettato, e avevo visto il laboratorio...
Non l'avessi mai fatto...
Mi appoggiai al muro, ancora sconvolto.
Sentii una mano posarsi sulla spalla.
-Matt, stai bene?
Mi misi diritto -S-si signore...
E, maledizione, quella volta non riuscii a trattenere le lacrime.

Mi sarei ucciso in quel momento.
Un tedesco mi stava consolando...
Puah...
-Matt...vieni con me, ti porto a fare una doccia e a darti un letto decente con gli altri ricercatori.
-C-cosa?
-Devi essere in forze...Su,asciugati le lacrime... So che è difficile.Lo è anche per me. Odio tutto questo. Ma devo. E devi anche tu. Ora vieni.
E io non potei fare altro se non seguirlo.

La mattina dopo mi svegliai senza le grida delle guardie...
Ora ricordo...
Ero in un dormitorio con altri otto ricercatori e scienziati...
Oh mio Dio, un letto...
Che bella sensazione.
Gli altri non erano ancora svegli.
In quella settimana ero dimagrito parecchio, ma c'era chi era conciato peggio di me...
Restai nel letto ad ascoltare il nulla.
Ah, il silenzio...
La melodia più dolce di tutte.

I giorni passarono e la mia sanità mentale cominciava a risentirne.
Quella sera in particolare...
Una bambina in un esperimento era morta.
Era la prima morte di laboratorio a cui ho assistito.
Poco dopo, alla fine del turno,corsi fuori, fino alla mia veccia baracca.
Mi nascosi appena fuori.
Gettai in terra il camice...
E vomitai l'anima.

-Chi c'è? - risuonò una voce dura.
Mihael...
Io non risposi.
Non feci altro che piangere.
Dei passi.
Si avvicinava.
-Matt! Cosa ci fai qui!?
-N-non voglio...p-più stare con...con quei mostri!
-Matt...ti ammazzeranno. Torna al dormitorio.
-No! Mi ammazzi ora! Ma io mi rifiuto!!!
Mihael non rispose.
Si avvicinò nel buio della notte.
Mi prese per il braccio alzandomi.
E mi disse...
-Andiamo via.

-Corri!-sussurrò lui, indicando un punto dimenticato del campo, l'angolo ovest.
Avevamo camminato quasi un'ora per raggiungerlo...
Non c'era traccia delle guardie...
Corsi.
Mi lanciai fuori, attraverso un buco della recinzione.
L'erba mi solleticava il viso.
Corsi di nuovo per una ventina di metri, fino a infilarmi tra gli alberi.
-Mihael?-sussurrai col fiatone.
Pochi minuti dopo il tedesco era accando a me, seduti sul ramo di un grosso albero nel cuore di quel boschetto.
Stavamo parlando.
-Come faremo?-chiesi.
-Proveremo. O moriremo. Ma comunque, almeno non moriremo ad Auschwitz.
-...come mai mi ha aiutato?
-Dammi del tu...
-ok...come mai?
Lui si rabbuiò - prima mi obbligavano a obbedire tenendo in ostaggio mio figlio... poi ho scoperto che lo avevano fatto a pezzi per studiare..."quelli come lui"...-la voce gli tremava.
Io non capivo, e Mihael mi spiegò -mio figlio era albino... io lo trovavo bellissimo e adorabile...e loro...-un singhiozzo lo bloccò.
Aspettai in un rispettoso silenzio.
Lui andò avanti - ho scoperto che è morto...e ora morirò senza alcun rimorso.
-...mi dispiace...
Il biondo distolse lo sguardo-...si chiamava Nate...
Mi addormentai in quel momento,con la mano stretta alla sua e la speranza che dilagava nel cuore.

-Come hai osato, lurido verme!!!
Mi svegliai così.
Tra le fronde non vidi più Mihael...
Oh no.
Cazzo...
Lui era ai piedi dell'albero e delle guardie, probabilmente dei generali,gli stavano urlando contro.
Non fiatai, vedevo tutto...
Ero preoccupato...
-Tu! Te lo sei fatto scappare!!!
-Mi dispiace signore, lo troverò...
-Zitto!...tu dovevi badare coloro che avevano tradito la patria...ma ora...-l'uomo puntò una pistola al petto di Mihael-l'hai tradita anche tu.

Passò qualche ora.
Scesi dall'albero.
Il corpo senza vita di Mihael era lì.
I miei occhi erano gonfi e rossi per il pianto.
Dovevo andare via...
Presi un fiore, candido come suo figlio, lo misi tra sue le mani e le posai sul petto, come a coprire il foro dello sparo, e gli chiusi gli occhi.
Gli posai un bacio in fronte.

-Grazie Mihael. Grazie.


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Credo che questa shot si commenti da sola, ma vorrei le vostre opinioni.
Baciii!

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