18. Giochiamo a carte scoperte (Baby & Matt)

272 9 2
                                    

È ormai l'alba quando mi decido a salire sulla moto di Matt e lasciarmi condurre verso casa, dove potrò recuperare le chiavi a casa di mia madre. È un giocatore sleale ma non mi conosce ancora bene, se lui ha le carte per barare, io ho tutto il mazzo. Mi stringo a lui, un po' per il freddo tagliente che arriva con la velocità e un po' per la paura di cadere. Ho sempre odiato questi trabiccoli a due ruote. Li vedo poco sicuri, troppo scomodi e terribilmente mostruosi, non in senso estetico ma più come perfetti mostri per creare paura sulla velocità. Con lui, però, mi sento stranamente al sicuro e protetta. Una strana sensazione per chi come me non ha bisogno di una sicurezza maschile, o di sostegni su cui poggiare delle basi che devono diventare solide. L'asfalto scorre veloce, lasciando spazio all'orizzonte davanti a noi. Questa non è la strada per arrivare a casa mia, me ne accorgo quando ormai è troppo tardi, e provo a strillargli da dentro questo casco integrale che attutisce la mia voce. In più si aggiungono i miei cari amici ormoni, che al solo tocco del suo petto hanno iniziato a ballare la samba e a scatenare un inferno. Una curva un po' più stretta mi obbliga a stringermi più forte a lui, schiacciando così il mio seno alla sua schiena. Sento sotto il palmo delle mie mani il suo cuore battere in maniera irregolare, più veloce rispetto al normale. Ferma la moto a pochi isolati da casa di Lily. Riconosco il bistrot dove andiamo a mangiare spesso insieme, ma so che non mi ha portato qua perché conosce l'indirizzo di casa della mia amica. C'è altro sotto. «Questa non é casa mia!» Mi tolgo il casco e sono quasi tentata di tirarglielo in faccia. Non mi risponde, così decido di scendere prima di lui dalla moto e consegnargli il casco lasciandolo sul sellino dove qualche secondo fa ero seduta. «Ciao Matt, è stato bello conoscerti. Buona vita, tante belle cose, buona fortuna sul lavoro e auguri con le donne» allungo una mano per stringere la sua. Inizia a fissarmi scendendo dalla moto e sistemandola sul cavalletto, poi prende la mia mano nella sua, ma non la muove come dovrebbe fare per salutarmi. La stringe e sfiora la mia pelle. Scuote la testa e schiocca la lingua più volte di seguito «Mi dovresti augurare buona fortuna con te Baby. Questa non è casa tua è vero e vedo che l'effetto dell'alcol è ormai passato. È la mia, Baby». I suoi occhi non hanno mai abbandonato i miei. Lo fa sempre, ormai conosco questa sua danza in cui lo sguardo sicuro e fermo non mi abbandona nemmeno un secondo, fino a cercare di farmi sciogliere. Io però a casa sua non c’entro niente, non voglio c’entrarci niente, quindi libero la mia mano e faccio qualche passo indietro. «Non sono la preda della tua serata Cooper! Io...» non mi lascia finire la frase perché mi interrompe. «No, Baby. Tu sei di più, molto di più. Lo sei sempre stata. Devo solo farti vedere una cosa» si dirige verso il portone e lo apre «solo due minuti poi prometto che ti accompagnerò a casa». Mi fissa tenendo la testa piegata a sinistra e aspetta. "Truppe, preparatevi all'assalto! Al mio segnale, scatenate l'infernooooo!" Certo, ovviamente ci mancavano i miei piccoli mostriciattoli tifosi di Matthew Cooper, lo stronzo numero uno di New York. Senza dire una parola entro nel portone e lo seguo, non voglio stare davanti a lui. Un po' perché non so la strada e un po' per evitare i suoi occhi puntati dietro. Sembra quasi capace di leggermi dentro e questa non è una buona cosa, se penso che in questo momento sto facendo l'ennesima cazzata con lui. Entriamo in ascensore in un silenzio fastidioso. Gli concedo cinque minuti, dopo di che prenderò la porta e che lo voglia o no ritornerò a casa. Cinque minuti dal momento in cui apre la porta. L'ascensore annuncia il nostro arrivo al piano e ci dirigiamo entrambi fuori. 3... 2... 1... la chiave gira nella toppa e diamo il via al conto alla rovescia. Non mi guardo intorno, ci provo almeno, anche se mi salta subito all'occhio l'arredamento minimalista ed essenziale, tutto perfettamente in ordine. Fanno eccezione il tavolino davanti a un divano ad angolo nero e il tavolo della sala, su cui sembrano disordinatamente sparse tante fotografie. L'ambiente open space e la cucina che si affaccia sul salotto mi ricordano casa mia. Quattro minuti. Non ha ancora parlato e siamo entrambi fermi sulla porta. «Allora?» Chiedo quasi acida. Incrocio le braccia e aspetto. Non mi risponde e si avvicina al tavolino. «Accomodati pure sul divano. Vuoi qualcosa da bere?» Tiene qualche foto in mano ma sono rivolte verso di sé, in maniera che io non le possa vedere. «No, vado di fretta. Che cosa dovevi farmi vedere?» «Facciamo un gioco. Come ti ho cantato questa sera, ora ti chiedo di scoprire le tue carte sul tavolo. Io ho qui le mie, te le mostrerò una a una» me lo dice senza incertezze, e io scopro solo ora che era davvero lui a cantare.  Tre minuti. Faccio qualche passo avanti e gli tolgo dalle mani le foto. Non gli do nemmeno il tempo di continuare il gioco. Le guardo. La prima è la sua foto del tramonto, quello che abbiamo visto insieme a Ottobre a Central Park e che io ho rovinato. Le foto che seguono sono altri scatti fatti da lui di albe e tramonti in giornate diverse, dove in lontananza, mischiata quasi agli alberi c'è sempre una ragazza che scatta foto. «Sono io?» Gli chiedo senza rendermene conto. «Un giorno ho deciso di continuare a venire nello stesso punto. Poi guardando gli scatti, mi sono accorto che in tanti c'eri tu». Due minuti. Potrò tornare a casa e dimenticare tutto, per sempre. «Mi hai seguito quindi...» gli riconsegno le foto e le nostre mani si toccano. «No, è stato un caso» mi risponde sicuro, senza lasciare andare le mie mani. Mi volto per sfuggire al suo sguardo e trovo nella sala un pianoforte. Troppo ricordi e parole si mischiano nella mia testa. Ha giocato bene, su questo devo essere sincera, ma non così bene. Un minuto. Sessanta secondi, e io preparo già la mia uscita di scena. Deve essere memorabile, una di quelle che non si dimentica ma che ti obbliga a non fare nemmeno un passo. Cerco di liberare le mie mani, ma lui mi attira verso di sé e i nostri corpi aderiscono alla perfezione, a separarli ci sono solo le mie braccia, che ora sono piegate e le mie mani ancora nelle sue. «È strano vederti qua a casa mia» i suoi occhi blu intensi si sono fatti profondi e pericolosi. Riconosco lo sguardo, l'ho visto più volte prima di ricadere nel letto, nella doccia, contro il muro insieme a lui. Però adesso non ci casco. Mi spiace cari ormoni, ma ve ne farete una ragione. «Non così strano se pensi a tutte le altre che hai fatto entrare» colpito e affondato, o almeno così credo, ma lui mi lascia spiazzata. «Hai una considerazione così bassa di me, Baby?» sorride e si avvicina alle mie labbra in maniera pericolosa. «Ti svelerò un segreto. Nessuna donna, a parte mia madre e mia sorella, é mai entrata in casa mia. Tu sei la prima e l'ultima Baby» le ultime parole me le dice sussurrandole all'orecchio e il mio corpo inizia a tremare in preda ai brividi. Il tempo é scaduto! Liberandomi bruscamente dalla sua presa e dirigendomi verso la porta dell'ingresso, mi fermo solo un attimo per ammirarlo un'ultima volta. Devo ammetterlo... quei maledetti mostriciattoli dei miei ormoni hanno buon gusto. Con il suo jeans chiaro, la maglietta blu notte aderente e il giubbotto di pelle è davvero irresistibile. «Buona fortuna Matt, per tutto. Ora devo andare». Lui fa qualche passo avanti e qualcosa alle sue spalle attira la mia attenzione. Qualcosa che non avevo notato prima. Spinta dalla curiosità e dal mio essere totalmente stupida, corro verso il muro dietro di lui e guardo alcuni scatti in bianco e nero appesi. Il mio polso con il braccialetto su un cuscino bianco. La curva della mia schiena in penombra e che quasi non si nota, talmente è forte il contrasto con il nero. Le mie labbra, quello inferiore trattenuto in mezzo ai miei stessi denti in un morso. Il mio volto girato di lato e sfocato, mentre i miei capelli sono sparsi sul cuscino. Infine l'ultima, posta al centro di tutte le altre e in un formato più grande, la mia intera figura nuda ma completamente coperta dal lenzuolo bianco, che lascia scoperta solo parte delle gambe piegate e le braccia sotto il cuscino. Rimango in silenzio e sento la sua presenza dietro di me. So già quando ha scattato queste foto, quello che non so è il motivo per cui l'ha fatto e ora sono sul suo muro. È un'altra cosa che fa con tutte? Mi giro verso di lui sorpresa e infuriata. «Cosa significano? Perché l'hai fatto? Perché sono sul tuo muro? È un vizio e quindi lo fai con tutte come se fossero un trofeo da appendere?» La sorpresa lascia spazio solo alla rabbia. Lui mi ha fatto rompere le mie regole, lui è stato la mia eccezione, ma essere messa tra i suoi trofei non mi piace. I miei pensieri vengono fermati dalle sue parole «Quelle due sole notti insieme a te, sono state così intense... e ho fatto cose che non avevo mai considerato. Volevo averti dentro sempre, ricordare la sensazione di appartenenza che ho provato in quei momenti. Non ho mai fotografato nessuna, Baby, mai nessuna donna è stata così travolgente da spingermi a fare così tante follie». L'altalena delle mie emozioni torna su portando con sé lo stupore. «Perché io? Perché proprio con me?» È l'unica cosa che riesco a dire. Gli scatti sono bellissimi, delicati, sensuali e quasi stento a riconoscermi, perché il mio volto in realtà non si vede. Lui ha dato inizio a questo gioco che alla fine è scappato dalle nostre mani. «Perché il tuo essere così acida e fredda, nasconde una passione incontrollabile. Perché pensavo che come con tutte sarebbe bastata una sola notte, e mi sarebbe passata l'idea di cercarti in qualcuna che non eri tu. Perché quando ho assaggiato le tue labbra e il tuo corpo per la prima volta, sei diventata la mia dipendenza, come per il cioccolato» rompe quella piccola distanza che c'era tra di noi e mi prende il mento con due dita per tenermi la testa su e guardarlo «Perché solo in quel momento ho accettato il fatto che tu non eri come le altre. Non sei mai stata come le altre». Mi bacia, e io persa tra le sue parole lo lascio fare. Un bacio dolce, quasi a volermi far capire quanto delicato sia il momento. Si insinua lentamente nella mia bocca, fino a farlo diventare un bisogno. Qualcosa di più. Il bacio si trasforma in qualcosa di passionale e fuori controllo, i nostri corpi aderiscono ancora una volta alla perfezione lasciandoci intendere che sono stati creati solo per stare insieme. La sua mano si posa sulla mia coda e, come sempre, mi scioglie i capelli lasciandoli ricadere liberi. Sorrido e gli mordo un labbro per poi passarci sopra la lingua. «Ho desiderato scioglierti questa dannata coda da quando ti ho vista» il respiro è spezzato dal bacio, ma non si stacca dalle mie labbra. La sua mano scivola lenta tra i miei capelli e mi tira la testa indietro per lasciare il collo scoperto e morderlo, poi baciarlo e ancora morderlo. Odio e amore, o forse no. I nostri vestiti finiscono in fretta a terra, lasciando ancora una volta la pelle nuda ed esposta alle emozioni. Lo spingo con violenza sul divano, per poi ritrovarlo sopra di me e dentro di me. Gli occhi puntati nei miei e questa sensazione è così travolgente da obbligarmi a chiuderli e a rompere quel contatto. Va lento, come se volesse incidere sotto la mia pelle il suo nome, fino ad arrivare al cuore. Movimenti lenti che mi porteranno a ricordare perfettamente ogni momento e sensazione. Le emozioni, quelle non le potrei dimenticare nemmeno se volessi. «Apri gli occhi, Baby, voglio guardarti. I tuoi occhi nei miei, ancora una volta e per sempre» me lo dice sfiorandomi le labbra mentre lui ancora sovrasta su di me imponente. Il mio corpo risponde ai suoi comandi e io apro gli occhi incatenandomi ancora una volta a lui. Per l'ennesima volta sono in balia di Matt e di quello che mi fa provare. Perdere o vincere, non ha più molto senso in questo momento. Trattengo solo il pericolo di perdermi dentro di lui e di non uscirne più. Lentamente la sua velocità aumenta, fino a diventare devastante per ogni cellula del mio corpo. Mi aggrappo alla sua schiena, sentendo le mie unghie entrargli nella pelle e lasciare piccoli segni quasi a marchiarlo. «Sei mia, Baby. Il tuo corpo ormai mi appartiene. Tu mi appartieni... dillo, Baby» ogni colpo mi porta sempre più lontana dalla realtà e inconsciamente faccio quello che mi ha chiesto. Lo dico, e di questo so che me ne renderò conto solo dopo, ma per la prima volta dico una frase che non ho mai detto a nessuno «Sono tua Matt... sono sempre stata solo tua!» Il mio cuore lo dice, il mio corpo lo conferma. Io sono sempre stata solo di me stessa, non sono mai appartenuta al cuore di nessun altro, ma lui mi incanta. Appoggia per un attimo la fronte sudata alla mia e poi mi bacia. Il bacio è dolce e mi fa capire che questa volta c'è qualcosa di diverso. Questo non è sesso. Questo è fare l'amore. «Brava, Campanellino, ora lo sai anche tu. Sei mia... solo mia» non lascia le mie labbra e me le morde. «Io sono tua, tu sei mio» è l'ultima cosa che dico prima di perdermi definitivamente nel nostro mondo. Ci addormentiamo sul divano quando ormai è mattina inoltrata. Il sole è già alto e filtra dalle grosse finestre che sono rimaste aperte. Matt è abbracciato a me, le mie gambe in mezzo alle sue e la mia testa appoggiata al suo petto. Qualcosa però nella mia testa suona. Il mio allarme personale segnala pericolo. Forse ci sono cascata e quelle parole dette in un momento di passione ora pesano come dei grossi macigni. Sono davvero sua? Mi alzo piano e riesco a non svegliarlo. Ho bisogno di pensare e non sono in grado di farlo se accanto a me ho il corpo nudo e tatuato di Matt. Prendo dalla tasca della mia giacca un rossetto e me lo passo sulle labbra. La sua schiena rivolta verso il tavolino, ora illuminata dal giorno, lascia vedere i segni dei miei graffi. Questo mi dà l'idea di stampargli le mie labbra accanto a quei graffi. Amore e odio, forse quello che in fondo siamo sempre stati. ***** C'è uno strano silenzio in casa. Mi sveglio da solo sopra il divano e Baby non c'è. Forse è in bagno a sistemarsi, ma non sento l'acqua della doccia scorrere e nemmeno qualche rumore che mi fa togliere dalla testa l'idea di essere rimasto da solo. Non dopo quello che è successo ancora una volta. Mi alzo di scatto dal divano e la chiamo, ma l'unico a rispondere è il silenzio. Non penso neanche a rivestirmi, prendo la strada verso il bagno e apro la porta senza bussare. Chiudo gli occhi per un secondo e spero di trovarla davanti allo specchio a fissarsi, magari questo spiegherebbe il silenzio che aleggia per la casa. Li riapro e non c'è. La doccia è vuota e non c'è presenza di acqua sul box in vetro, questo significa che non si è lavata qua e che è scappata dopo poco tempo. Mi dirigo verso lo specchio appeso sul lavandino e fisso la mia immagine riflessa. Sono nudo, ero nudo davanti a lei anche con i sentimenti e se n'è andata senza dire una parola, senza dare una spiegazione. Sono incazzato, non posso fare a meno di pensare a tutto quello che avevo tenuto dentro pronto per confessarlo oggi, magari dopo aver mangiato insieme. Devo andare a vestirmi e ragionare. Perché forse ogni segnale che ha mandato, ogni parola che ha detto, ora mi fanno capire solo che non arriverò mai al suo cuore e che forse, è arrivato per me il momento di dimenticare tutto quello che è successo. Il riflesso allo specchio attira la mia attenzione proprio nel momento in cui sto uscendo dal bagno. Qualcosa di rosso segna la mia pelle all'altezza della spalla. Mi volto per guardarlo meglio e mi avvicino. I segni dei graffi fatti durante la notte da Baby bruciano ancora sulla mia pelle, quasi a volermi ricordare che da questa storia non ne potrò mai uscire. Accanto invece, le sue labbra spiccano prepotenti, quasi a volermi marchiare. Ecco il messaggio che ha lasciato prima di andarsene. Amore e odio, ma non ha preso una decisione. Mi rivesto e decido di sedermi al pianoforte. Le note di Dangerous mi tengono compagnia, cancellando per un attimo questo silenzio che sto odiando. È scappata come se tutto questo non contasse nulla, come se in fondo non avesse un significato che alla fine abbiamo capito entrambi. Sono incazzato, scusate la parola, ma questo suo tira e molla mi ha stancato. Mi sembra di stare su una nave da crociera in balia di un mare forza dieci. Un minuto prima mi sto godendo il viaggio nella mia bolla creata con lei, e un attimo dopo un'onda si scaglia prepotente su di me, risvegliandomi e scuotendo la nave. Io però inizio a soffrire il mal di mare. Lasciami entrare nei tuoi pensieri dice la canzone. Io per un attimo ci sono entrato, e ho scavato fino a trovare radici profonde di un passato che ha segnato le sue scelte. Lei è stata lo strappo a tutte le mie regole. Lei era quella famosa donna che aspetti per tutta una vita e che certe volte non trovi mai o te la fai scappare. Lei è stata la prima donna a entrare a casa mia e a lasciarmi da solo, nudo. Senza vestiti ed esposto con le emozioni. Lei, sempre e solo lei. Continuo a suonare. Scarico la rabbia, la frustrazione e la delusione forse di non esserci riuscito, di essere arrivato solo a sfiorare la sua anima e il suo cuore ancora una volta. Mostrami la tua anima, lo devo sapere. Scommetto che dentro sei bellissima Parole che vogliono sostituirsi alla rabbia, lasciando spazio al desiderio e ai ricordi. Il profumo della sua pelle, i morsi alle mie labbra. Il morso che mi ha fatto cadere dritto nella sua rete così complicata. È pericoloso, così pericoloso. Voglio farlo di nuovo La convinzione e la conferma che non mi basterà mai, che di Baby ne vorrò sempre di più, fino quasi a farmi male. La conferma che alla fine di tutto, amore e odio saranno sempre tra di noi. ***** «Cosa ci fai qua? Jess è preoccupata per te!» Lily è sulla porta di casa sua e mi fissa senza farmi entrare. «Mi lasci qua per tutto il giorno?» Capisce dalla mia voce che sono stanca, così senza parlare si sposta e mi fa entrare. Il piccolo monolocale in cui abita è già sottosopra. Mi siedo sopra il divano, facendomi strada tra due sedie piene di vestiti da piegare e sistemare. Sono io che parlo per prima, senza lasciare il tempo a Lily di iniziare il suo interrogatorio. «Spiegami, cos'hanno di sbagliato le mie regole? Cosa non sta funzionando ultimamente?» Porto esasperata la testa indietro e mi appoggio allo schienale. Lily non parla. Con gli occhi chiusi continuo il mio monologo «Di nuovo Lily. Ci sono cascata di nuovo e non posso nemmeno dare la colpa all'alcol, perché me lo ha fatto smaltire prima!» «Stai parlando di Matt?» Sento la sua voce accanto a me. Apro gli occhi e mi sistemo per guardarla. «Non pensi che sia arrivata l'ora di smetterla con le tue regole, idee o come vuoi chiamarle? Non pensi che tu debba smettere di trovare difetti in tutti gli uomini che incontri, pur di non arrivare al secondo appuntamento?» Sbarro gli occhi e la guardo stupita. Perché mai? Persino con uno come Anthony, riuscirei a trovare quel qualcosa che mi salverebbe dal secondo appuntamento. Sono brava in questo, ormai lo sapete meglio di me. Scuoto la testa come una bambina che è stata appena sgridata dalla mamma e fa l'offesa. Non sono d'accordo. «Sei in crisi perché non hai trovato niente in Matt che secondo te non va?» «Nooo! È proprio questo il punto. Io in lui trovo milioni di cose che non vanno bene, ma nonostante questo non riesco a stargli lontana». È uguale a quello che geneticamente è mio padre, un farfallone nato. È testardo, odioso, vanitoso peggio di una donna, seduttore, giocatore, è il mio peggiore concorrente e più di tutti è uno stronzo di prima categoria e qualità. È tutto questo e molto, molto di più. È tutto quello che non ho mai voluto. Lily si avvicina di più e mi prende le mani nelle sue. «Amica mia, forse è ora di cambiare queste regole. Certe volte le creiamo solo per poi infrangerle». «Non dirlo. L'ha detto anche Matt: "Le regole sono fatte per essere infrante e noi siamo stati lo strappo alle nostre regole"» è una delle sue tante frasi che mi è entrata in testa. Anche questo è riuscito a farmi lo stronzo. «Forse è giunta l'ora di innamorarsi, Baby. Innamorati di quel sorriso contagioso, di quella persona con cui non avresti paura di alzarti la mattina e presentare una faccia che sembra essere appena passata sotto un treno. Innamorati di chi ama la tua libertà, il tuo essere libera e non cerca di domarti tenendoti con le redini. Chi ti lascia il tuo spazio e le tue passioni, ma che nel momento giusto e all'improvviso ti faccia quella scenata di gelosia per farti capire che a te ci tiene. Che sei una parte di lui. Che sei il suo mondo. Innamorati di quelle mani che riconosceresti ovunque, di quegli occhi che ti raccontano la sua storia e non ti lasciano un secondo. Innamorati del suo profumo, quello che ti porterai addosso in ogni momento e che ti ricorderà sempre qualcosa di nuovo. E alla fine di tutto, innamorati di quell'unica anima che si incastra perfettamente alla tua. Dell'unica anima che potresti amare più di ogni altra cosa al mondo e che ti rende completa. Lascia il passato alle spalle e diventa chi vuoi essere». Ci lasciamo così, con il suo consiglio che ora è diventato un tarlo fisso e non mi lascia andare. "Innamorati di quell'unica anima che si incastra perfettamente alla tua" e forse la mia anima si è già legata a qualcuno da molto tempo.

Tua Da Sempre Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora