Quella stessa sera, guardai un horror. Per spaventarmi, ma finì con l'accorgermi che mi faceva più paura il futuro che il film. Spensi il PC, lo chiusi con un colpo secco e cominciai a piangere. Come un bambino, come uno stupido bambino. Mi guardai allo specchio, i miei capelli biondi coprivano tutta la fronte, avrei dovuto tagliarli ma quello non importava. Non mi importava di nulla. Mi venne voglia di rompere lo specchio, non ne ebbi la forza. Mi limitai a sbattere la testa sul muro, non molto forte per carità non volevo morire. Ero solo triste, piangevo e sussuravo delle parole. Sussurrai:" mi dispiace ". All'inizio non me ne accorsi, persi la cognizione del tempo e me ne accorsi quando Mike tornò. Tornò il giorno dopo, probabilmente aveva passato la notte in bianco. Quando tornò io ancora ero lì, a sbattere la testa sul muro senza capire nulla. Mi disse:" amico calmati. Cosa ti dispiace"
Io guardai la finestra e dissi:" mi dispiace Mamma."
Poi svenni. Non ero in me. Di nuovo. Non sapevo cosa fare, se andare in un manicomio o ignorare il problema. Ero confuso volevo solo sparire. Eppure andava tutto bene. Ma io ero lì. E non stavo vivendo. Stavo esistendo e basta. Mike mi portò subito dallo psicologo, malgrado io dicessi di non farlo, che stavo bene. Ma non mi credette. Lo psicologo disse che io avevo una sorta di doppia personalità, e che doveva incontrare prima o poi. Decise di darmi un wolkie-tolkie, avrebbe ascoltato tutto quello che dicevo io, e che dicevano quelli attorno a me durante la giornata. Qualche settimana dopo, andammo a mare. Io, Josh, Amelia e Mike. Andammo sugli scogli, ordinammo la pizza riuscimmo a convincere il fattorino a portare le pizze sulla scogliera. Pagammo 10€ in più ma ne valse la pena. Josh portò dell'alcol. Io ero astemio, e Amelia non amava bere molto, bevette poco. Invece Josh e Mike erano così ubriachi che si addormentarono sugli scogli. Era sera, la luna non era completamente piena e alcune nuvole coprivano il cielo in parte. Amelia era accanto a me, una leggera brezza rinfrescava i nostri visi. Lei disse guardando l'orizzonte:" Stai bene?" io dissi:"si perché chiedi?" alzò le spalle e poi disse:"sei geloso di Jon?" io dissi:" no, siamo solo amici io e te perché dovrei essere geloso?" lei disse:"non lo so. Ehi ho un'idea!" mi diede la mano e cominciò a correre trascinandomi per la scogliera. Rischiai di cadere più volte ma alla fine arrivammo alla sua meta. Era uno scoglio alto. Chiesi:" che vuoi fare?" lei disse "lo vedrai" e saltò giù. Nel mare scuro, e calmo. Saltò giù senza pensare alle conseguenze,allora decisi di fare una cosa che non era da me, buttarmi. Misi il wolkie-tolkie sullo scoglio e saltai anch'io. Saltai in quel mare buio. Quel mare cupo, che faceva quasi paura. Saltai e basta. Arrivai in acqua e schizzai ad Amelia, che rise e mi schizzò, lei che era così bella. Lei che splendeva di tanta poesia, che non lo sapeva e che la mostrava solo ad analfabeti.
Quando uscimmo dall'acqua c'era freddo, salimmo in macchina. Jon aveva una giacca pesante ma non la diede ad Amelia. Era arrabbiato, pensava che lei lo avesse tradito. Ma non era successo. Io l'avevo promesso. Visto che era ubriaco non guidò lui, guidai io. Mike e Jon crollarono in macchina, e con loro anche Amelia. Io piansi, ma riuscii a guidare. Arrivati in camera buttai i vestiti bagnati per terra, misi il pigiama e andai a letto. Mike e Jon avrebbero dimenticato la serata sicuramente, Amelia forse avrebbe dimenticato, io no. Mike vomitò tutta la notte, io cercai di aiutarlo, ma non accettava il mio aiuto. Era l'una e mezza di notte. Mike insultò ogni membro della sua famiglia, ogni persona che conosceva, compresi Amelia e me.disse:" Amelia è solo una puttana, si vede lontano un miglio che hai una cotta per lei, e lei che fa? si mette con uno. E viene pure a dircelo come la notizia più bella del mondo. Poteva dirlo a me, ed io l'avrei detto a te con i toni giusti" stavolta non dissi che non era vero. mi limitai a gurdarlo, con gli occhi che sapevano di pianto. Perchè forse l'amavo, o forse era la mia ipotetica doppia personalità, ma non potevo negare a me stesso che lei era importante per me. Poi passò a me e disse:" Tu, tu sei pazzo. Pazzo. E io sono più pazzo che tengo a te. Non dovremmo tenere a nessuno e io decido di tenere a un pazzo, uno psicopatico che fa cose che non ricorda di fare. Non hai mai pensato al suicidio?" gli mostrai la cicatrice di un taglio che avevo fatto sul polso, sapevo che infliggersi del dolore da soli è sbagliato, ma quando scoprii che mia madre non leggeva le mie lettere ero così triste che sbagliai. Succede, ma non dovrebbe succedere.
Mike mi diede uno schiaffo, malgrado fosse ubriaco in quel momento era in se; disse:"Pensare una cosa non vuol dire farla" poi vomitò un'altra volta. Io mi sdraiai sul mio letto e dissi:"Vai al diavolo" e cercai di dormire. Mike si addormentò vicino al water dove vomitava, io non riuscivo a dormire. Era come se il tempo non passasse. Avevo gli occhi lucidi, sentivo come se le lacrime fossero imprigionate nei miei occhi, i miei scuri occhi marroni; non si distingue la pupilla dall'iride. Ricordo che un bambino non volette stare in camera con me perchè, per lui, i miei erano gli occhi del male. Gli occhi del diavolo disse. Come se avesse visto mai il male. Mi alzai e uscii. La sera era fresca, ma non gelida, passeggiai nel giardino. Raccolsi una rosa, era così bella. All'inizio la toccai delicatamente per non pungermi, poi preso dalla tristezza e dalla rabbia la strinsi forte. Poi la lasciai e la calpestai. Mi misi le mani sulle orecchie e cominciai a sentire i bulli che maltrattavano quel povero ragazzo. Gridai, dissi alle voci di uscire, di andare via. Sentii una voce più forte delle altre, proveniva da wolkie-tolkie . Lo presi per sentire meglio, il dottore disse:"Peter, Peter calmati! ok?! Chi deve andare via?" io dissi balbettando:"I bulli, loro, loro l'hanno ucciso. Sono stati loro" piansi, sentivo un nodo in gola. Mi accasciai per terra, strinsi le gambe al petto. Dondolai leggermente. Ma non era quello l'importante, in quel momento io ero il ragazzo, il ragazzo di cui non sapevo il nome. Io ero lui, loro si rivolgevano a me. Dissi balbettando:" vogliono uccidermi" e poi lanciai il wolkie-tolkie più lontano che potessi. Piansi da solo. Passarono i secondi, poi i minuti, poi le ore. Ad un certo punto sentii una mano dietro la schiena, mi girai e vidi Amelia; si sedette accanto a me e mi guardò negli occhi, poi mi accarezzò il viso e disse:"io ci sono". Peccato che appena pronunciate quelle parole, mi svegliai. Ero solo, non so quanto tempo fossi stato lì, ma il cielo era ancora scuro. Ero solo. Lei non c'era per me. Nessuno c'era per me. Almeno c'erano quando potevano guadagnarci qualcosa. Mike quando poteva guadargnarci un complice, Amelia quando aveva bisogno di attenzioni, e il medico aveva solo bisogno di soldi. Soldi che la scuola mi dava per il mio disturbo mentale. Io ero quello, un malato. O forse lo ero solo per loro; probabilmente ero solo troppo solo. Forse non avevo bisogno di un dottore, ma di un amico. Mike era un complice, più che un amico. Mi alzai, mi girava la testa; andai in camera e vedevo doppio. Mi sdraiai e chiusi gli occhi. L'indomani mi alzai, avevo un orecchio sporco di rosso, sporco di sangue. Sangue che era uscito dalla mia mano quando avevo stretto la rosa.