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Mancavano ancora due ore di volo prima di atterrare a Londra.

Vi starete chiedendo come mi ero ritrovato sopra quell' uccello di metallo?

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William vide che tenevo in una mano il mio amato libro, mentre nell'altra una valigetta con i miei gioielli perciò non poté fare a meno di domandarmi dove stessi andando. Non ero sicuro di potergli rispondere sinceramente, se avesse raccontato tutto a mio padre per me sarebbe finita. Ma d'altronde lui era il mio unico confidente, il mio migliore amico, la persona con cui sono cresciuto giorno dopo giorno. Quello che in un modo o nell'altro riusciva sempre ad accontentare ogni mio capriccio, con o senza il consenso del Re, non potevo tagliarlo fuori da questa mia avventura, non me lo sarei mai perdonato.

"Io vado in un posto mh.. non so esattamente dove, basta che non sia qui. Non voglio sposare Isabella, non voglio diventare Re e non voglio crescere se crescere significa avere delle responsabilità" lui mi guardò stranito e successivamente scoppiò in una risata eccessivamente forzata. Mi sentii offeso, perciò serrai le labbra e mi allontanai deciso.

"Altezza, non per offenderla ma lì fuori non sopravviverebbe un giorno. Penso che lei abbia preso una decisione affrettata, dovrebbe pensarci un po' su." Sapevo di non poter contare su di lui, ma infondo ci speravo.

"Me ne andrò, con o senza il tuo aiuto, Will." Sospirai frustrato. Non sapevo come sarebbe finita ma non intendevo rimanere lì dentro un secondo di più; per questo aprii la porta sul retro, che dava al giardino, dove le guardie scarseggiavano, deciso ad uscire.

"Aspetti signorino" William mi afferrò la spalla, bloccando i miei passi e mi ritrovai costretto a rallentare "questa cosa ci metterà entrambi nei guai, quando suo padre ci troverà.." "non lo farà" lo interruppi ma lui riprese "mi lasci finire. Dicevo: questa cosa ci metterà nei guai ma non ho intenzione di lasciarla solo. Ho vissuto tra le persone comuni per anni, so ancora come cavarmela lì fuori. Perciò se non le dispiace, gradirei venire con lei" accennó un lieve sorriso il quale ricambiai, muovendo leggermente il capo in consenso.

"Intando questo li deve lasciare qui, ne scelga solo uno o due da tenere al polso" mi disse, riferendosi a tutti i gioielli che mi sarei portato dietro altrimenti. Sbuffando aprii la valigetta, scegliendo solo tre braccialetti. Uno me lo regalò mia nonna prima di morire, uno me diede Bella per il mio compleanno e l'ultimo era il braccialetto preferito di mia madre, non potevo non prendere qualcosa che mi ricordasse lei. Il resto dei gioielli li lasciai all'entrata, in un angolino vicino alla porta.

"Will, è così terribile?" Domandai curioso.
"Cosa dovrebbe essere terribile?" Rispose lui camminando con passo svelto. Era riuscito a convincere le guardie che il Re desiderava che suo figlio prendesse una boccata d'aria. Loro non ci credettero subito ma l'importante era che ora camminavamo in una stradina buia diretti non so dove.
"Lá fuori, sai... dove vivono le persone comuni" lo dissi con un filo di voce, quasi con paura.
"Terribile? Non tanto. È il cambiamento che mi spaventa. Tutto cambia velocemente, si è modernizzato e beh.. lo vedrà lei stesso" mi incitò a camminare più velocemente.
"Siamo arrivati" mi informò. "Dov.." non riuscii neanche a finire che quando mi girai mi trovai davanti a un qualcosa di grande e nero. Mi ero trovato solo una volta in tutta la mia vita davanti a qualcosa di simile. "Siamo arrivati alla mia macchina" e mentre Will traficava per aprirla, io lo guardavo entusiasmato.

Sono stato prigioniero di mio padre per così tanti anni che per me esistevano solo vestiti da pinguino, cene galanti e promesse che mai sarei riuscito a mantenere. In quel momento capii di non aver mai vissuto realmente, come se vagassi rinchiuso dalle catene, camminando in un perimetro ben delimitato, senza un cuore tutto mio che mi tenesse veramente in vita o dei polmoni che mi facessero respirare. Ora che ero lì il mio cuore ritornò a vivere e i miei polmoni a funzionare.

"Will, sono libero" sossurrai con un volume talmente basso che dubitavo mi avesse sentito, invece sorprendendomi rispose "È libero, principino Math".

Guardai incuriosito il paesaggio fuori dal finestrino anche se, a dir la verità, non si vedevano altro che alberi. Attendevo ansiosamente di vedere qualcosa di più, qualcosa che mi ero perso per anni. Guardai il paesaggio farsi sempre più scuro mentre il tramonto calava, con un sorriso sul volto, gli occhi illuminati dal bagliore delle luci che si accendevano sul ciglio della strada, una dopo l'altra, come per darmi il benvenuto alla mia nuova vita. Guardavo le strisce disegnate ai lati della strada scorrere velocemente, come più o meno erano scorsi gli anni della mia vita, dal primo fino al sedicesimo anno, così velocemente: la striscia rappresentava me, ferma in un punto, schiacciata dalle ruote della macchina che nel mio caso poteva benissimo essere mio padre mentre mi sovrastava. Il grigio e l'immensitá della strada invece erano i miei sentimenti, ampi, davvero ampi, ma di solo una sfumatura; infatti sapevo di riuscire a provare molti sentimenti, questo veniva fuori quando leggevo, ma purtroppo solo ed esclusivamente in quell'ocasione. Non avevo mai provato niente di reale se non il bene fraterno che provavo per Isabella, ed ecco dunque il grigio: tutto l'affetto che posso donare viene quindi sovrastato dal grigio: l'indifferenza. Per i miei genitori, le uniche persone da cui ero circondato ogni giorno a parte Will, non provavo altro che indifferenza, né amore né odio, solo indifferenza -né bianco, né nero, solo grigio-.

"Non ti spaventa?" Domandò Will distraendomi dai miei pensieri. Notai che si lasciò andare leggermente di più dato che di sua spontanea volontà lasciò da parte la cortesia e iniziò a darmi del tu, la cosa non mi dispiaceva affatto. "Cosa?" "Il cambiamento" rispose lui senza smuovere lo sguardo dalla strada.
"Solo perché non so cosa apettarmi. Ma la routine quotidiana annoia, Will, sono sedici anni che non esco dalle mura del castello. A me piace la diversità, è così misteriosa, non sai mai cosa aspettarti" lui non rispose.

Rimanemmo entrambi in silenzio per un periodo lunghissimo di tempo quando finalmente "eccone un'altra!" Urlai indicando fuori dal finestrino, spaventando visibilmente Will. "La seconda" dissi successivamente e nuovamente lui non capì a cosa mi riferivo. "Will, siamo arrivati? Ci sono tantissime macchine qui, vedi? Ecco la terza.. quarta... oh, guarda lá la quinta" "benvenuto nel mondo reale, Matthew, dove le persone sono scortesi e imbronciate dalla mattina alla sera, stufi della loro vita, stufi del loro lavoro, stufi dello stress che devono avere anche solo per mandare il loro figlio a scuola. La realtà non è tutta rose e fiori come la immagini tu, le persone qui sono cattive, egoiste e non perdono occasione per fare soffrire gli altri. Penso che tuo padre ti stesse solo proteggendo, andando avanti lo capirai" disse tutto d'un fiato, stringendo il volante. Io mi lasciai andai all'indietro sul sedile e "oh" sospirai sentendo le mie certezze distruggersi, non sarebbe stato tanto male, giusto? Beh.. l'aspetto del mondo dei normali non mi piaceva per niente. Tutto trafficato da macchine, persone che camminavano sul marciapiede con lo sguardo sbasso, senza un minimo di felicità. Però mi piacevano le luci che si accendevano nelle case, mi facevano sentire meno solo.

E così Will mi portò in aeroporto, facendomi scegliere un volo tra: Londra, New york o Parigi. Il mio primo istinto mi disse di scegliere Londra, e così feci. Chiesi a Will del perché dovevamo andare tanto lontano e lui mi rispose che per mio padre sarebbe stato più difficile trovarci, perciò accettai, anche se avevo dei dubbi sul come saremmo arrivati lá.

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Non ero riuscito a dormire nulla sull'aereo perciò provai a chiudere gli occhi, provando ad immaginare a quello che stavano facendo i miei genitori in quel momento, si sarebbero preoccupati notando la mia assenza o mi avrebbero solo cercato perché avevo degli obblighi e dovevo rispettarli? Con quel pensiero chiusi lentamente gli occhi, addormentandomi dolcemente con il mio libro tra le braccia.

|ANGOLO AUTRICE|

So benissimo che ci sono dei pezzi un po' surreali. Del tipo quando si trova in aeroporto e deve partire, vi sarete sicuramente chiesti: come fa a partire così, senza documenti, senza bagagli, con un maggiordomo? Come fanno a far uscire tranquillamente il principe? Tranquilli, è una cosa voluta. Proprio perché voglio far risaltare il fatto che nel castello si trovava talmente fuori posto che quando vede la diversità ne rimane colpito e pensa che tutto sia facile.
Va bien, dunque... ditemi cosa ne pensate di questo secondo capitolo, di cosa pensate di Matth e della sua voglia di stravolgere la sua vita. E voi invece? Preferireste vivere in un castello, in un modo asfissiante, o comunque avreste fatto la scelta del protagonista?

Will you be my princess?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora