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Tre giorni, settantadue ore passate nella completa solitudine di casa sua.

Louis non aveva più messo piede fuori casa, dopo la telefonata che la mattina successiva al loro rientro a Londra aveva ricevuto da parte di Anne, la quale, con voce minacciosa e che non ammetteva repliche, gli aveva intimato di uscire una volta per tutte dalla vita di suo figlio. Venire a conoscenza del suo attacco di panico l'aveva totalmente spaventata e portata a prendere quella drastica decisione. Sicuramente Harry ne avrebbe inizialmente sofferto, ma poi se ne sarebbe fatto una ragione. Suo figlio non aveva mai avuto attacchi di panico prima di allora e, per lei, quello non era solo un chiaro avvertimento che la loro relazione non fosse salutare, ma anche che Harry non avesse il carattere adatto per reggere tutta quell'attenzione mediatica.

Così Louis aveva tagliato fuori tutti: sua madre, Niall, ma soprattutto Harry che nonostante non ricevesse mai alcuna risposta non smetteva un attimo di cercarlo. Per non parlare delle infinite chiamate di Liam che era ancora in vacanza con Nicole e che Louis continuava ad ignorare.

Il punto era che si sentiva impotente di fronte al fatto che non poteva reagire ed impedire in alcun modo ciò che stava accadendo. Non era padrone della sua vita e quella sensazione non l'aveva mai schiacciato tanto come in quel momento.

La testa di Liam stava scoppiando. Durante il volo non era riuscito a chiudere occhio e il jetlag si stava facendo sentire prepotentemente, ma non gliel'avrebbe data vinta. Digitò il codice che apriva il cancello, percorrendo con la sua Lamborghini il viale in cemento e premurandosi di chiuderla a chiave dopo averla parcheggiata. Estrasse il mazzo di chiavi dalla tasca dei jeans, aprendo la porta d'ingresso e avanzando all'interno. Lanciò brevemente un'occhiata distratta al soggiorno e alla cucina, poi salì direttamente al piano superiore dirigendosi verso la camera da letto. Gli si strinse il cuore quando vide la sagoma del corpo di Louis completamente avvolto dalle coperte.

Si sfilò le scarpe dai piedi e senza fiatare lo raggiunse.

Louis non si spaventò quando il materasso sotto di lui si abbassò e si ritrovò un altro corpo al fianco del suo. Solo un'altra persona era in possesso delle chiavi di casa sua, oltre a lui. Chiuse gli occhi quando le braccia di Liam lo racchiusero in un abbraccio fraterno. «Mi hai fatto preoccupare, Lou. Non riuscivo ad avere tue notizie da nessuno: tu non mi rispondevi e Niall mi ha detto che più di una volta è stato qui ma non gli hai mai aperto». Louis sospirò pesantemente, continuando a dargli la schiena «Non mi dirai che hai mollato Nicole a Miami per venire qui da me!?». A questo punto, solitamente, Liam avrebbe sorriso perché Louis cercava sempre di trovare l'aspetto buffo in tutte le situazioni, ma quella volta il suo tono di voce piatto e spento gli impedì di farlo. «No, è tornata con me. Ma sappi che dovrò farmi perdonare per aver accorciato le nostre vacanze». Una piccola risata uscì dalle labbra di Louis prima che il ragazzo si voltasse nella sua presa. Il suo viso era una maschera di sofferenza: gli occhi privi di luce erano cerchiati da profonde occhiaie violacee, la barba cresciuta e le guance incavate. Louis aveva questa cattiva caratteristica di perdere peso a vista d'occhio quando un problema lo affliggeva. «Grazie per essere qua» L'amico non aveva pensato due volte a mollare tutto e prendere il primo volo per raggiungerlo e vedere come stesse. «Niall mi ha detto dell'attacco di panico». «Ho avuto paura, Lì» ammise, la voce roca di chi era stato in silenzio per troppo tempo «Non ho mai avuto così tanta paura in vita mia. Non riusciva a respirare ed eravamo chiusi in quella macchina, attorniati dai fotografi che non smettevano un attimo di gridare e scattare foto. Non so come ho fatto a mantenere la calma e riuscire a tranquillizzarlo». Liam gli scostò i capelli dal volto, accarezzandogli una guancia «Sei stato bravo, Lou. Aveva bisogno di te in quel momento e tu ti sei dimostrato all'altezza della situazione» lo rassicurò «Non capisco, però, perché adesso sei in questo stato. Capisco che non era questo il modo in cui volevate rendere pubblica la vostra relazione, ma - » «Anne non vuole che lo veda ancora» lo interruppe. Liam annuì, strabuzzando gli occhi non appena realizzò le parole dell'amico «Ma come? Perché?» Louis scosse appena il capo «Ha preso male la notizia dell'attacco di panico di Harry e ovviamente mi incolpa di non essere stato capace di proteggerlo come mi aveva richiesto e io gli avevo assicurato avrei fatto». «Lou, non è colpa tua se c'è stata una fuga di notizie». «Ha ragione, invece. Non doveva succedere e basta. La colpa è solo mia». Liam gli accarezzò la schiena «Harry cosa ne dice, anche lui non ti vuole più vedere? È per questo che ti sei chiuso qui dentro?» Louis sfregò il palmo della mano sulla guancia, tirando su con il naso «Lui non lo sa. Probabilmente starà pensando che il mio silenzio sia tutta colpa sua, che la sua reazione sia la dimostrazione di come non siamo adatti l'uno per l'altro» incurvò amaramente l'angolo della bocca «Dai messaggi che mi ha mandato, ho capito che Anne non gli ha detto che è stata lei a chiedermi di non cercarlo più» spiegò fiocamente. «Non biasimo Anne, è sua madre e sta solo cercando di difendere suo figlio. Pensa che questa sia la cosa migliore per lui al momento, ma tu devi far valere le tue ragioni» gli asciugò le lacrime sfuggite al controllo, sorridendogli fraternamente «Guardati, hai finalmente trovato qualcuno che ti rende felice. Vuoi lasciartelo scappare così, alla prima difficoltà?» Louis non rispose, si limitò a chiudere gli occhi e sospirare, pensando che no, non avrebbe voluto lasciarlo, ma forse non gli rimanevano alternative.

If Your Body's Gonna Sing WIth Mine 'Cause We're A Joy... Then It Will Be LoveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora