Era una mattina come tante, la pioggia batteva dalla notte sulle finestre della piccola casa in cui si trovava.
Guardò la sveglia e notò che erano appena le 5 del mattino, Eris sbuffó, non che dovesse fare qualcosa d'importante quella mattina.
Da quando era stata esiliata dall' olimpo, sembrava che la vita si fosse fermata; spaventare, provocare, uccidere i comuni mortali, non la divertiva più e questo la faceva sentire spenta dentro.
Aveva passato tutta la sua vita a creare caos e distruzione, ingannando le persone, lei riusciva a spronare gli uonini, a portarli al limite.
Si alzò dal letto, con le lunghe ali nere che la circondavano, i lunghi capelli corvino le incorniciavano i delicati lineamenti del volto e la lunga veste di seta, segnava ogni sua curva.
Si fermó davanti allo specchio e notò subito gli occhi stanchi e guardò come si era lasciata andare, d'istinto portó le lunghe dita sulle labbra, accarezzandole, ma scosse subito la testa. -Smettila di pensarci Eris- si rimproveró.
Per quanto non volesse ammetterlo a se stessa, la verità era che si sentiva così spenta perché le mancava il suo gemello. Erano sempre stati così uniti, dove andava lui c'era lei e dove andava lei c'era lui.
La faceva stare male il fatto che lui non fosse sceso neanche una volta da lei. Da quando era stata esiliata lui non s'era fatto vedere neanche una volta e questo la distruggeva dentro. Ma lei era una donna forte e indipendente e odiava star così per un altra persona, ciò la portava ad odiare se stessa, l'amore era per i sciocchi mortali, non per lei. Non per la dea della discordia.
Smise di guardarsi allo specchio e raggiunse la piccola finestra e si affacció e aspettó, perché per quanto l'amore fosse sciocco, lei aspettava Ares.