Capitolo 1.

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Avete presente quando tutto sembra andare per il meglio?  quando si gestisce una vita nella quale "monotono" è sinonimo di "normale"? quando alla parola "cambiamento" si inizia ad avere paura? quando si vive la propria vita come se fosse già stata scritta su una scaletta e fosse obbligatorio seguirla per non stonare tra le persone che si hanno intorno? Ecco, questo era quello che stavo vivendo io , inconsapevole che da un momento all'altro sarebbe cambiato tutto.

Quella giornata me la ricorderò per sempre : era una tipica giornata di scuola , nella quale l'ultimo banco rendeva ancora più strategica la possibilità di addormentarsi durante l'ora di filosofia. Venivo sempre salvata da quell'incubo dalla mia cara amica campanella. Diciamo che non provavo odio per la scuola. Mi piaceva studiare determinate materie. Ma probabilmente era l'ambiente della scuola di Los Angeles che non mi ispirava molta voglia di fare.

Ero una di quelle ragazze che preferiva avere pochi amici , ma buoni. Non ero abituata ad essere circondata da tante persone. Non andavo alle feste che venivano organizzate ogni week-end. Non frequentavo corsi extrascolari perché non venivo accettata dalle persone che partecipavano alle attività. Spesso venivo presa in giro, spintonata, derisa per chissà quale motivo. Ormai ci avevo fatto l'abitudine. Ormai era "normale" essere trattata in quel modo da tutti.

Sentii qualcuno correre con passi pesanti nella mia direzione, era Nicole. Nicole era la mia migliore amica, nonché vicina di casa. Le finestre della nostra camera si trovavano una di fronte all'altra e spesso passavamo le notti sveglie fino a tardi per raccontarci tutti i nostri segreti. Io e lei eravamo molto simili, la pensavamo allo stesso modo riguardo l'amicizia. A lei raccontavo tutto : era l'unica, ma proprio l'unica, a sapere tutto su di me.

"Torniamo a casa insieme?" Mi chiese dopo avermi regalato uno di quei abbracci che solo lei sapeva dare.
Risposi annuendo.

Uscendo da scuola notai mia sorella Cris circondata da praticamente mezza scuola. Lei era una di quelle ragazze che facevano amicizia in pochissimo tempo. Era spontanea, aveva sempre il sorriso stampato sul volto, e non le mancava di certo il fattore "bellezza". Io e lei non eravamo come le solite sorelle che litigano ogni cinque minuti ; io e lei avevamo un rapporto speciale, c'eravamo sempre l'una per l'altra. A scuola non mi calcolava, forse perché si vergognava di me, o forse perché era circondata da talmente tante persone che io le  ero d'intralcio. Ma non mi importava più di tanto.

Strada facendo io e Nicole ci raccontammo quello che era successo nel corso della giornata e non era una novità ascoltare quanto le piacesse Connor, il ragazzo che frequentava il terzo anno.

Una volta arrivata di fronte a casa mia la salutai con un abbraccio e le ricordai che quella sera sarebbe rimasta a casa mia per dormire. Era una sbadata e si dimenticava facilmente le cose, ma le volevo bene ugualmente.

Entrai in casa e appena mi tolsi le scarpe il mio cuore smise di battere per qualche secondo. In casa c'era odore di "cattive notizie". Mia madre era solita cucinare una torta al cioccolato quando doveva darci brutte notizie perché era convinta che dopo avercele dette ci saremmo rasserenate con un po' di dolce. Non vi nascondo però che la maggior parte delle volte quella torta non veniva nemmeno mangiata.

Salutai con un "Sono a casa" e dalla mia voce si capiva che ero intimorita. Non appena salii le scale per entrare in camera mia sentii provenire dalla stanza di mia sorella una canzone energica sparata a tutto volume. Dopo aver appoggiato la borsa di scuola in camera mia , entrai nella sua stanza e improvvisamente il volume si abbassò.

"Pronta per le cattive notizie?" mi chiese. Annuii .
"A tavola" ruppe il ghiaccio la voce strillante di mia madre che ci chiamava in cucina per ricevere le tanto attese notizie.

Una volta seduti tutti a tavola si presentò una situazione strana: i miei genitori non parlavano e guardavano il piatto come per evitare lo guardo di mia sorella e il mio. Io e Cris ci guardavamo a vicenda, ansiose di sapere cosa stesse succedendo.

Decisi così di parlare per prima "Mamma.. Papà.. cosa succede?" dissi attirando la loro attenzione.

"Ragazze.." iniziò mia madre. "Io e vostro padre dobbiamo parlarvi.." continuò.
"Dobbiamo trasferirci a Miami. A vostro padre è stato offerto un posto di lavoro migliore e ha deciso di accettarlo." disse tutto d'un fiato.

Mi aspettavo di tutto, ma non un trasferimento.

La reazione di mia sorella fu indimenticabile. Iniziò a piangere, a protestare. Disse che non aveva intenzione di lasciare i suoi amici e che sarebbe rimasta a Los Angeles. Dopodiché si alzò e uscì di casa sbattendo forte la porta d'ingresso.

Io mi limitai ad alzarmi silenziosamente da tavola e a chiudermi in camera. Nella testa avevo mille pensieri. Non riuscivo ad immaginare una vita altrove. Non volevo abbandonare Nicole. Non volevo abbandonare quello che avevo costruito. Mi sarebbe mancato tutto di Los Angeles. Mi meravigliavo di me stessa, ma non volevo abbandonare quel posto.

Mia madre entrò in camera "Inizia a preparare le valigie, partiamo domani" disse a tono basso. Si vedeva che era triste. Sapevo che non era colpa sua. Non volevo dare la colpa a nessuno. I miei genitori erano pronti a fare quel sacrificio per noi, per la nostra famiglia. Questo mia sorella probabilmente non lo voleva capire.

Mi trovai costretta a chiamare Cris "Ehi, torna a casa, dobbiamo fare le valigie." dissi. Quando si arrabbiava si rifugiava sempre al parco, con i suoi migliori amici. Io facevo da tramite e la chiamavo a casa. In sottofondo sentii "Mi dispiace Cris" probabilmente da uno dei suoi amici. Mi dispiaceva interromperla da quel momento, ma doveva affrontare la realtà.

Non ci misi molto a fare i bagagli. Avevo veramente troppe cose da portare con me, ma ero veloce e ordinata, per cui non ci misi più di tanto. Ne approfittai per cercare notizie sul posto in cui ci saremmo trasferiti a breve. Trovai l'indirizzo di casa e la scuola che avrei frequentato.

Appena entrò Cris la vidi giù di morale, odiavo vederla in quel modo. Per cui la feci avvicinare al portatile e iniziai a farle vedere quel che avevo trovato.
"Potrai invitare i tuoi amici quando vorrai" entrò improvvisamente papà in camera mia. "Davvero?" rispose Cris entusiasta ricevendo un "Sì" da mio padre.

La vidi già più serena, a lei bastava poco per essere felice. Iniziò a saltellare per la stanza e abbracciò papà.
Io , al contrario, non ero più di tanto contenta. Certo, sicuramente ero sollevata dal fatto che avrei potuto invitare Nicole spesso, ma mi preoccupava tutto il resto.

Ero tutto il contrario di mia sorella. Non mi relazionavo facilmente con le persone, ero timida, insicura, inesperta. Avevo paura.

The Way I Love You // (Hayes Grier) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora