Katniss si guardò intorno, gli occhi vagavano, accecati dalla luce bianca dell'arena. Il cuore batteva come un tamburo nel suo petto, come se volesse uscirle dalla gola. Non aveva mai avuto così paura, in vita sua. Non quando era rimasta da sola a dover badare a Prim e a sua madre, non quando stava lentamente morendo di fame. E se ne vergognava. E la vergogna faceva male quasi quanto la paura.
Si sentiva come un coniglio, un coniglio bersagliato dalle sue frecce, di quelli che cacciava con Gale al distretto 12.
Si trovava su una piccola piattaforma circolare, con ai lati ventitrè ragazzi, alcuni spaventati, altri ghignanti.
Stava per provare a scendere quando ci pensò un ragazzo, tre cerchi a destra di lei, che morì sul colpo.
Sussultò, ma non fece a tempo a chiudere gli occhi. Sarebbe stata lei, la successiva? Chi l'avrebbe uccisa, tra quei ventidue ragazzi rimasti?
«Benvenuti ai Settantaquattresimi Hunger Games, e possa la fortuna essere sempre a vostro favore!»
Il conto alla rovescia iniziò, e Katniss sentiva chiaramente un conato di vomito risalirle su per la gola.
Doveva correre. Correre e cercare di salvarsi.
Si concesse di guardare alla sua sinistra. Vide una ragazza dai capelli mossi e rossi, gli occhi verdi spaventati quanto i suoi. Era vestita completamente di nero, ed era piuttosto minuta.
Katniss provò quasi pena, ma si riscosse subito. Quella era una sua avversaria, e prima o poi sarebbe morta, o l'avrebbe uccisa.
Il countdown si azzerò e la ragazza scattò, correndo il più veloce possibile verso la cornucopia. Prese uno zainetto a caso, ma non osò avvicinarsi alle armi: era in corso una carneficina, e la bruna seppe che, se mai fosse sopravvissuta, quelle urla l'avrebbero perseguitata per tutta la vita, fantasmi di orrori e famiglie distrutte da una pratica barbara e inumana.
Corse poi verso i boschi, e corse, e corse, fino a quando i polmoni non le bruciarono, quasi stessero andando a fuoco, e i muscoli si furono lacerati.
Si fermò ed esaminò attentamente il contenuto dello zainetto arancione: una corda, una borraccia, una pagnotta e un coltellino.
Richiuse la zip e continuò a camminare; non le parve vero, venti minuti dopo, di sentire il gorgoglio inconfondibile dell'acqua.
Diede un colpo di tosse e la gola le fece male, la lingua non serviva neanche più a umidificare le labbra.
Quando vide il torrente si chinò e bevette avidamente, occupandosi di riempire la borraccia solo successivamente.
Quando alzò lo sguardo si fece quasi scoprire. Sulla riva opposta, la ragazza dai capelli rossi stava bevendo, e non sembrava essersi accorta di nulla.
Quando anche lei la vide sussultò e indietreggiò, portando la mano a una piccola bacchetta argentata e decorata.
Le due rimasero a lungo a guardarsi, senza che nessuna avesse il coraggio di spezzare la vita dell'altra, contemplandosi e chiedendosi perché l'altra non provasse a ucciderla.
«Quindi... Non hai intenzione di uccidermi?» chiese la rossa, alzandosi in piedi.
«Forse non ne ho il coraggio, dopotutto. Che mi dici di te?» rispose Katniss, valutando se dirle di più.
Sarebbe stata una mossa stupida fidarsi, ma che altra scelta aveva? Le possibilità di sopravvivenza si raddoppiavano, quando si era in due.
«Non voglio uccidere. Non se non sono obbligata»
Nè l'una né l'altra menzionarono la parola "alleanza", ma non ci fu bisogno di renderlo ufficiale quando si affiancarono, tese e sospettose, e continuarono il loro camminare senza meta assieme.
Sussultarono un paio di volte, ai suoni dei cannoni; ma purtroppo si abituarono a quel suono secco che riferiva la morte.
La notte non accesero un fuoco, troppo pericoloso.
Ma restarono sveglie, troppo scosse per dormire, troppo spaventate per fidarsi del tutto.
«Quindi tu... come ti chiami?» azzardò la ragazza spostando gli occhi verdi dal suolo a quelli della sua nuova alleata.
«Katniss Everdeen. Dal 12. E tu?»
«Clary Fray, o Fairchild, scegli tu. E non ho un distretto»
Katniss aggrottò le sopracciglia, disegnando forme astratte nella terra secca.
«Semplicemente, vengo dal mondo mondano. E sebbene Jace non faccia che ripetermelo, forse non mi verrà mai da dire di essere una Shadowhunters» la rossa sorrise malinconicamente, alzando lo sguardo verso la cupola.
«Chi è Jace? E cosa sono gli Shadowhunters?»
«Jace è il mio ragazzo. E gli Shadowhunters... Beh, sono coloro che cacciano i demoni. Metà angeli, metà umani»
Katniss pensò di troncare le sue fantasie senza senso, ma poi si chiese se non fosse l'unica cosa a cui Clary si aggrappava per non uscire di testa. Magari una storia, magari raccontata da suo padre. E a quel pensiero, il tributo del dodici non si sentì in grado di dire nulla.
«Perché non sei restata con Jace?» mormorò, forse con un volume troppo basso perché l'altra la udisse.
«Siamo stati divisi. Eravamo ai capi opposti nelle piattaforme, e lui è stato costretto a scappare dall'altra parte. Probabilmente morirò prima di rivederlo»
Un "mi dispiace" pareva stupido da dire. Era come dirle "condoglianze, dato che non lo rivedrai mai più", e gli occhi di Clary erano già lucidi così.
Perciò non disse nulla. Osservò la sua nuova compagna, che era forte e fragile al contempo, e fu convinta di aver fatto la cosa giusta.
Non si addormentarono quella notte, ripensarono alla breve canzone e alla proiezione nel cielo finto, con le foto e i nomi dei tributi morti quel giorno.
Katniss non ringraziò nessuno, per essere ancora viva. Non credeva ci fosse nulla per cui essere felice.
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Do You Feel Lost?
FanfictionKatniss Everdeen non ha mai avuto paura come quando si è ritrovata immobile su una piattaforma circolare, nell'arena dei Settantaquattresimi Hunger Games. Si sente in trappola, non riesce a respirare. Quando il countdown segna lo zero, corre più vel...