Capitolo 1

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Quando aprii gli occhi quel giorno mi ritrovai sempre nello stesso luogo.


Una piccola stanza dalle pareti bianche, ormai coperte dai miei innumerevoli disegni.


Oltre a quello c'era solo un piccolo armadio di legno chiaro.
Mi svegliavo sempre in quel letto dalle lenzuola bianche e mi alzavo quasi meccanicamente.


Prendevo la colazione nel vassoio e mi risedevo, iniziando a parlare con la mia compagna di stanza.


Anche quel giorno l'inizio fu così.


-Catherine... - mi chiamò la mia compagna di stanza.


-Dimmi...- risposi, senza dire il suo nome.
-Dovresti farlo... oggi-
Non fece in tempo a dirmi nulla di piú, perché il dottore entro dalla porta in ferro che divideva la mia stanza dal corridoio.


Lo guardai con disprezzo, con un purissimo odio.


Quello era l'uomo che mi aveva strappato dalla mia vita, ormai 10 anni fa.


Avevo 7 anni. Giocavo in giardino insieme ai bambini del quartiere.


A nessuno importava il mio aspetto. Il mio essere albina non era strano.


Anzi, alle mie amiche piacevano molto i miei lunghi capelli bianchi come il latte, e i miei amici si meravigliavano per i miei occhi rossi, gli ricordavo un personaggio dei cartoni animati molto popolare.


Solo che poi... iniziai a giocare con la mia compagna di stanza.


La chiamavo Leslie... era il nome della mia bambola.


Quando presentavo Leslie ai miei amichetti, loro ridevano.


Mi dicevano sempre che non c'era nessuno accanto a me e io come una scema mi giravo e le sorridevo, esclamando "ma è qui!".


Lei mi diceva sempre che non li sopportava, i miei amici.
Era molto gelosa... dovevo giocare solo con lei.
Poi la presentai ai miei genitori... e più gliene parlavo, più si allarmavano.


Mi dissero che non dovevo più giocare con Leslie.
Io ovviamente mi rifiutai, era la mia migliore amica.


E così portarono a casa il dottor Smith. Qualche mese dopo venne a prendermi.


E mi portò all'inferno, nella mia prigione, in un manicomio. Alcune volte avevo visto la mia cartella clinica di sfuggita... e quello che ogni volta leggevo mi lasciava perplessa.


"Disturbo della doppia personalità".


Sapevo benissimo cosa fosse, ma sapevo anche di non avere quel disturbo.


-Catherine, sei pronta per gli esami?- chiese il dottore, facendomi un sorriso per lui rassicurante.


-Si- risposi solamente, alzandomi dal letto.


-Uccidilo... provaci oggi... uccidilo- mi sussurrava Leslie, rimanendo attaccata a me.


-Leslie zitta. Potrebbe sentirti- le dissi, per poi uscire.


Lei ridacchiò in risposta, seguendomi.


Era sempre con me, non mi lasciava mai. Era l'unica persona che mi capisse.


Il dottore... volevo ucciderlo per davvero. Ma non ci riuscivo.


Mi portò nel suo studio e mi fece sedere su una sedia davanti la scrivania.


Vidi Leslie girare per la stanza, curiosa, e il dottore sedersi dietro la scrivania.


-Dimmi Cath... come ti senti oggi?- mi chiese, mantenendo il tono della voce molto dolce.


-Bene... non ho fatto incubi- risposi, continuando a seguire Leslie con lo sguardo.


-Meno male, ne sono contento... e Leslie, come sta?- chiese ancora.


Leslie mi sorrise e rispose con un -Sto bene! Ma potrei stare ancora meglio!-


Si avvicino ad un lettino medico e iniziò a fissare un piccolo comodino posto al suo fianco.


Sopra di esso c'era una siringa, aperta.


-Puoi farlo... è la tua occasione Cath... puoi farlo...- mi disse, accarezzando la siringa con sorriso.


Mi alzai dalla sedia.


Il dottore mi seguiva con lo sguardo.


Mi avvicinai al lettino, posto sotto una finestra... e feci finta di guardare il paesaggio.


Il dottor Smith abbassò lo sguardo nel suo quaderno per appunti, lo faceva sempre dopo aver chiacchierato con me.


Mi avvicinai piano alla siringa e la presi lentamente, nascondendola dietro la schiena.


Lui si alzó, sbuffando.


-Ti riaccompagno nella tua stanza Catherine- disse, alzandosi e dandomi le spalle.


Scattai in avanti, avvolgendogli le braccia attorno al petto... e gli piantai l'ago della siringa sul collo, per poi fargli un taglio netto.


Non emise nessun rumore, la vita gli scivoló via senza che nemmeno se ne accorgesse.
Lo lasciai e lui cadde in avanti, facendo un tonfo sordo.


Guardai la pozza di sangue espandersi piano piano sotto al suo corpo... e mi resi conto di quel che avevo fatto.


-No... NO! Io non volevo! Non volevo!- gridai, in preda al panico.


Nella mia testa rimbombavano mille pensieri, ma uno era più ricorrente.


"Scappa...scappa!" mi diceva Leslie.


Mi precipitai alla finestra e la aprii, buttandomi giù e facendo un salto di appena un metro e mezzo, essendo quasi a pianterreno.


Poi, iniziai a correre verso il bosco a limite del manicomio.


Madness //Eyeless Jack//Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora