William amava le abitudini. La mattina si svegliava sempre alle sette e mezzo, e la domenica si concedeva due ore in più di sonno. Dopo aver fatto colazione con la figlia, aspettava che questa uscisse per andare a scuola con il suo autista, dopodiché si preparava per lavorare. Un'altra cosa che amava era essere sempre in ordine. Infatti, nonostante lavorasse per lo più da casa, nel suo ufficio, indossava sempre abiti eleganti.
Il suo lavoro consisteva nel leggere le e-mail che i suoi colleghi o le varie aziende gli mandavano, con richieste di investimenti nei loro prodotti, e di rispondere alle numerose chiamate che riceveva ogni giorno per il medesimo motivo.
A mezzogiorno faceva una pausa per pranzare insieme al personale di casa, con il quale aveva un ottimo rapporto, o con qualche cliente, per poi ricominciare a lavorare fino alle quindici, quando Aileen tornava da scuola. Il pomeriggio lo dedicava a se stesso e alla figlia, le chiedeva come fosse andata la giornata e poi, alle diciotto, quando la ragazza usciva nuovamente per andare a lezione di violino, come ogni giorno, ricominciava a lavorare fino alle venti, per cenare insieme alla figlia la quale tornava alle diciannove. La sera ascoltava la radio, leggeva altre e-mail o guardava il telegiornale (qualche volta dei film con Aileen); infine, alle ventitre, si ritirava nella sua camera per andare a letto, dopo aver dato la buona notte alla ragazza. E così era anche il giorno seguente, e quello dopo, e quello dopo ancora. In un certo senso, si era affezionato alla sua vita abitudinaria. Da quando la madre di Aileen era morta, non vi erano state occasioni di organizzare viaggi, scampagnate o giornate diverse dalle solite, e aveva finito col farci l'abitudine. Non avrebbe cambiato la sua vita per nulla al mondo.
Ma purtroppo non tutto va sempre come ci si aspetta. Aileen faceva parte della sua vita, e quindi delle sue abitudini. Ma se lei cominciava a fare qualcosa di diverso, l'equilibrio che si era venuto a creare si spezzava. Naturalmente, questo era inevitabile, non poteva controllare la vita della figlia. Ma aveva capito che qualcosa non andava. L'aveva capito quel sabato, quando Aileen era tornata tardi dalla sua consueta lezione di violino, e il giorno dopo, quando la figlia gli aveva chiesto il permesso di uscire per andare a trovare degli amici. Non era mai successo niente di tutto ciò, e naturalmente questo lo incuriosì. Infondo, era pur sempre suo padre: se sua figlia aveva fatto amicizia con qualcuno, lui avrebbe voluto conoscere questa persona.L'indomani, William concedette ad Edward una giornata libera. Quel giorno si sarebbe dedicato lui stesso agli impegni della sua adorata figlia. La mattina, si svegliò un po' prima, in modo da essere pronto in tempo per accompagnare la ragazza a scuola. Ebbe appena il tempo di controllare qualche e-mail, dopodiché, a mezzogiorno, pranzò da solo in un ristorante vicino la scuola di Aileen. Alle quindici la andò a prendere e la portò a casa, trascorse dell'altro tempo insieme a lei e, alle diciotto, la accompagnò a lezione di violino. Alle diciannove tornò a prenderla e, mentre stavano per tornare a casa, Aileen gli fece una domanda inaspettata.
"Possiamo andare a trovare i miei amici?"
Eccola, la domanda che aveva aspettato per tutta la giornata. Naturalmente lui non rifiutò. Era contento di poter finalmente conoscere gli amici di Aileen. Questa gli diede le indicazioni per raggiungere il posto dove li avrebbe incontrati, evidentemente aveva percorso quella stessa strada molte altre volte insieme ad Edward. Imboccò una strada che conosceva, poi ne prese un'altra, che aveva percorso poche volte, infine entrò in una via che non aveva mai sentito nominare. Un'area buia con palazzi molto alti e un po' ammuffiti che rendevano difficile la visione del cielo. Vi era spazzatura ammucchiata in quasi ogni angolo e le poche persone ancora in giro per le strade non sembravano molto gentili.
"Aileen... Sei sicura che sia la strada giusta?"
"Sicurissima, papà." Rispose la ragazza con convinzione.
William fermò l'auto dove gli indicò la figlia, un piccolo parcheggio sul retro di un palazzo. Una volta scesi, Aileen si diresse verso una vecchia porta grigia, sollecitando il padre a seguirla. La ragazza suonò al campanello un paio di volte, e dopo qualche secondo si sentirono dei passi avvicinarsi. Ad aprire la porta fu una ragazza alta e con i capelli rossi e lunghi, vestita in modo un po' trasandato per stare più comoda in quella che sembrava essere casa sua.
"Ciao, Rachel!" Salutò Aileen.
"Aileen!" Esclamò allegra l'altra, abbracciandola. "Sono felice che tu sia potuta venire. Vieni, accomodati." Rachel si spostò da davanti la porta per far entrare l'ospite, la quale non esitò. William si schiarì la voce, rimanendo sempre fuori dalla porta.
"Rachel, voglio farti conoscere mio padre." Disse Aileen, voltandosi poi verso di lui.
"Piacere di conoscerla, signorina. Mi chiamo William Andersen." Egli strinse la mano di Rachel, la quale si presentò a sua volta.
"La prego, signor Andersen, non mi dia del lei, mi mette a disagio." Disse poi sorridendo. La rossa accolse anche William, che fece accomodare sul divano del piccolo soggiorno. Quella casa era molto più accogliente di quel che appariva dal di fuori, e lo erano anche le persone che la abitavano.
"Signor Andersen, le faccio conoscere mio padre così potete fare quattro chiacchiere. Aspetti qui, per favore, lo vado a chiamare." Disse Rachel dirigendosi verso la porta d'ingresso. Prina di uscire, però, si rivolse ad Aileen.
"Oh, Aileen, i ragazzi sono sopra, puoi andare a raggiungerli se vuoi." Dopodoché si chiuse la porta alle spalle.
"Allora?" Disse la bionda rivolgendosi al padre.
"Allora cosa?" Chiese l'uomo apparentemente confuso dalla domanda.
"Cosa ne pensi di lei?"
"Oh, è una ragazza molto carina e anche educata. Solo..." All'improvviso si fermò, ed Aileen cominciò a preoccuparsi.
"Solo...?"
"Solo... Non credi che si trucchi un po' troppo? E credo proprio che si tinga i capelli."
"E allora?" Rispose la ragazza un po' delusa dall'affermazione del padre. "Eri tu quello che mi diceva sempre di non giudicare le persone dalle apparenze, o sbaglio?" Concluse poi, con un tono un po' indispettito.
"Sì, lo so... Hai ragione, ma spero solo che la sua personalità sia più genuina del suo aspetto." Replicò William.
Pochi minuti dopo Rachel tornò a casa, e con lei c'era anche suo padre. Il quale non era affatto come se lo aspettava e, inoltre, adesso capiva da chi avesse preso la figlia.
"Salve, signor Andersen! Sono Garret Alvarez, il padre di Rachel." Disse l'uomo con entusiasmo, stringendo saldamente la mano di William. L'uomo somigliava molto alla figlia, o forse era al contrario. Ad ogni modo, avevano entrambi i capelli rossi, quello di Garret di una tonalità più scura che davano un po' al castano. Probabilmente anche quelli di Rachel erano così prima che li tingesse di quel rosso acceso. Anche lui aveva i capelli decisamente molto lunghi, arrivavano a metà schiena ed erano raccolti in una coda bassa. Gli occhi erano castani, come quelli della figlia, e sembravano avere anche lo stesso gusto nel vestire. Il nero regnava sovrano sugli abiti di quell'uomo: bracciali neri con borchie su entrambi i polsi, pantaloni neri e una t-shirt nera con stampato sopra il logo di qualche band. Inoltre, come la figlia aveva la pelle di una tonalità olivastra molto scura. Le uniche differenze con la ragazza erano che lui aveva una leggera barbetta incolta e che era basso. Molto basso. Leggermente più basso di Rachel, che invece arrivava alla spalla di William. Beh, c'era anche da dire che William era un uomo piuttosto alto, quindi probabilmente bisognava considerare i punti di vista, ma Garret era appena più alto di Aileen stessa che, invece, era molto minuta.
Dopo essersi presentati, i due genitori si sedettero sul divano a parlare delle loro figlie, che nel frattempo erano salite al piano di sopra.
"Sua figlia Aileen ha un'ottima influenza su Rachel. Prima frequentava solo i ragazzi della sua band e..." Garret smise di parlare quando vide l'espressione dell'altro alla parola band.
"Sapeva della band? Gli altri membri sono sopra con le ragazze." Provò a spiegargli l'uomo.
"No, a dire la verità." Rispose William. "Anzi, se devo essere sincero... Aileen non mi ha mai detto di aver fatto amicizia con Rachel." Continuò, un po' incerto.
"Mai? Invece Rachel non fa altro che parlare di Aileen. Le uniche volte che non me ne parla è quando è a scuola!" Replicò l'altro.
"Lei ha un buon rapporto con sua figlia, non è vero?" Domandò William.
"Oh, sì. Lei mi dice sempre tutto e trascorriamo molto tempo insieme. Si esercita tutti i giorni con la sua band nel mio locale, ed io veglio sempre su di lei, naturalmente con discrezione. Quando però a bisogno di spazio per sè stessa, la lascio sola." Spiegò Garret.
"E la madre di Rachel? Anche lei ha un buon rapporto con la ragazza?" Chiese l'altro.
"Ecco... La madre di Rachel l'ha abbandonata quando era ancora neonata, sono un padre single." Rispose Garret, all'improvviso con un tono più basso di prima.
"Oh, mi dispiace..." Disse William. "Sa, io sono vedovo invece."
"Davvero? Mi dispiace!" Esclamò l'altro.
"Non si preoccupi, è stato tanto tempo fa. Aileen aveva ancora sette anni." Affermò il padre della bionda.
"E... Come è successo?" Chiese Garret. "Se posso saperlo, ovviamente!" Precisò subito dopo.
William sorrise, poi rispose con un tono un po' malinconico. "Marge aveva un tumore, glie l'avevano trovato un anno dopo la nascita di Aileen. Inizialmente non era grave, e poteva essere rimosso facilmente. Dopo un po', però, la situazione è peggiorata e l'unico modo per farla stare un po' meglio erano i farmaci. Per alcuni anni sembrava filare tutto liscio, ma poi la situazione è peggiorata ulteriormente. La ricoverarono d'urgenza in ospedale, ma ormai non si poteva fare più nulla, il tumore era troppo grande. È morta mentre dormiva ed io ero lì accanto a lei." Concluse con un'espressione triste dipinta sul volto.
Quando Garret stava per dire qualcosa, William parlò di nuovo, con un tono molto più vivace dei prima. "Ma ora basta parlare di cose tristi, ha detto di possedere un locale, giusto? Dove si trova?"
"Ah, sì! È proprio qua vicino, qualche palazzo più in là." Rispose il rosso.
"Bene, allora verrò sicuramente a bere qualche cosa da lei, uno di questi giorni." Promise l'altro.
"Ci conto!" Esclamò Garret. "E a proposito di bere, le offro qualcosa? Abbiamo coca cola, aranciata, birra, whisky..."
"Un whisky, per favore." Chiese William, accettando l'offerta.
"Arriva!" Il rosso si diresse dall'altro lato della stanza, dove si trovava la cucina comunicante con il soggiorno, e preparò due bicchieri con ghiaccio dove versò un whisky di una marca dal nome strano.
"È un Mackmyra quello?" Chiese William, vedendo la bottiglia in mano all'altro uomo.
"Sì, non le piace?"
"Oh no, al contrario. È davvero un ottimo whisky, fra i miei preferiti." Rispose.
"Non molti conoscono questa marca, il whisky svedese non è molto conosciuto. Lei deve essere un intenditore." Affermò l'altro sorpreso.
"Beh, sì, me ne intendo. Anche se a dire la verità gioco un po' in casa con questa marca. Sa, sono per metà svedese, da parte di mio padre." Asserì William.
"Ora che ci penso il suo cognome, Andersen, suona molto svedese. Non è lo stesso del tipo che ha scritto La Sirenetta?" Domandò Garret.
"Sì, anche se Hans Christian Andersen era danese."
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Strings - Legami
Teen FictionAileen è una ragazza molto ricca, vive in una villa servita e riverita da quando ha memoria e ha un padre che le vuole bene. Potrebbe sembrare che abbia tutto, ma in realtà non è così. Grazie a un incontro imprevisto, però, riuscirà a capire cos'è...