Ore 19.02, Odins gate 3.

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C'era qualcosa che non andava assolutamente nel contenuto di quel bicchiere a tulipano, di cristallo, che lui teneva davanti a sé per vedere il riflesso della luce sul liquido rosso. Si sforzò di concedersi del tempo: lasciò che il vino parlasse da sé, provò a rilassarsi e a goderselo come meritava di solito un Bordeaux importante. L'annata 1983 avrebbe dovuto essere invitante e gradevole: quel vino invece si era mostrato deludente fin dall'inizio.
Spiacevolmente sorpreso, contrasse le labbra disgustato mentre sentiva che il retrogusto non era affatto all'altezza della cifra che aveva sborsato per quella bottiglia.

Appoggiato bruscamente il bicchiere, afferrò il telecomando del televisore. Il telegiornale era già cominciato. Era un'edizione del tutto priva d'interesse e le immagini gli sfilavano vuote davanti agli occhi. L'unica cosa che gli rimase impressa fu l'abbigliamento totalmente privo di gusto del conduttore: le giacche gialle non si addicevano a un uomo.
Aveva dovuto farlo. Non c'erano alternative. Adesso che era tutto finito, non provava niente. Si era aspettato una specie di liberazione, la possibilità di respirare finalmente dopo tutti quegli anni.
Avrebbe desiderato tanto sentirsi sollevato. Invece fu assalito da un senso di solitudine a lui sconosciuta. Di colpo i mobili che lo circondavano gli parvero estranei. La credenza di rovere, massiccia e antica, su cui era solito arrampicarsi da piccolo e che adesso troneggiava in tutto il suo splendore nel soggiorno con i suoi rilievi raffiguranti foglie e grappoli d'uva e con la collezione esclusiva di miniature netsuke giapponesi che facevano bella mostra di sé dietro le ante di vetro molato, sembrava soltanto cupa e minacciosa.

Sul tavolino, tra lui e il televisore, giaceva un oggetto. Perché lo tenesse li', non lo capiva. Perché l'avesse preso, era altrettanto inconcepibile.
Scrollatosi di dosso quei pensieri, fece scomparire il giornalista televisivo con una semplice pressione del dito. Il giorno dopo era il suo compleanno. Avrebbe compiuto cinquant'anni. Si sentì molto più vecchio della sua età quando con movimenti rigidi si alzò dal divano Chesterfield per andare in cucina. Avrebbe potuto preparare il pâté quella sera stessa. Andava preparato quella sera stessa: dopo essere rimasto in frigorifero per ventiquattr'ore, il pâté sarebbe stato perfetto.
Per un attimo valutò l'ipotesi di aprire un'altra bottiglia di quell'infelice Bordeaux, ma accantonata l'idea si accontentò di un cognac che versò abbondantemente in un altro bicchiere. Il cognac del cuoco. Non provava alcun sollievo neanche stando in cucina.

Nella tana dei lupiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora