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Layla's Pov
«Layla, i tuoi sono morti. Mi dispiace» mi disse un dottore uscendo da una sala operatoria. Aveva il viso spento, senza più emozioni.
Non riuscivo a credere a ciò che mi aveva appena detto; i miei genitori non c'erano più.
Ricordo che scoppiai a piangere. Ero solo una bambina di sei anni, così piccola e fragile.

Essendo minorenne, fui affidata ad una ricca coppia residente a Los Angeles.
Strana come coppia; lui un uomo gentile costretto ad essere sempre in viaggio per lavoro e lei una donna fredda e crudele come poche.
Non avevo mai accettato la prematura scomparsa dei miei, così, pur avendo tanto amore da regalare, diventai una bambina fredda, senza emozioni, chiusa in sé stessa.

All'età di tredici anni diventai autolesionista, poi dall'età di quattordici anni iniziai anche a fumare e bere.
Non mi piaceva infliggermi del male, ma era necessario. Tutto quel dolore che provavo internamente doveva pur uscire da qualche parte.

Passarono dieci anni da quel "i tuoi sono morti" e una buona parte di quella bambina piccola e fragile morì dentro di me.
La mia infanzia si fermò a quella frase, il resto fu tutto un periodo buio. Tutti i ricordi belli che normalmente una bambina avrebbe dovuto avere, diventarono un mare di oscurità nel quale io ero l'unica a nuotare.

«Idiota, sbrigati o farai tardi a scuola» continuava a gridare Marilyn, mia "madre" adottiva.
Ero chiusa in bagno a pettinare la mia lunga chioma corvina.
Uscii dirigendomi in camera mia, presi il mio zaino, indossai il mio cappello con visiera preferito e uscii di casa senza neanche salutare.
La scuola si trovava a venti minuti da casa mia, ma io ne impiegavo sempre di meno.
Arrivai a scuola e, stranamente, c'era anche un gruppo di ragazzi. Li riconobbi subito. Erano i ragazzi della squadra di basket della scuola.

«Ma guarda un po' chi si vede...Jefferson!» annunciò Henderson, il capitano.
«Cazzo vuoi Henderson?» gli chiese piuttosto infastidita mentre i suoi amici continuavano a fissarmi.
«Ti risponderei "di cazzo ne ho abbastanza, grazie" ma poi saresti costretta a darmi il suo opposto» disse lui mentre i suoi amici scoppiarono a ridere.
«Non credo che te la darebbe, Logan» disse Schmidt, il vice capitano, tra le risate.
«Di' un po', Kendall, conosci qualche ragazza che non me l'abbia mai data?» gli chiese Logan mentre io stavo davanti a loro, in silenzio.
-Sì. Tua madre.
-Ecco, appunto.
-Solo perché l'ha data a me.
-Idiota.
Il suono delle loro risate aumentò e io ero sempre lì, ad aspettare che finissero di ridere.
Alzai gli occhi al cielo. Non l'avessi mai fatto.
«Sai che alzare gli occhi al cielo è maleducazione, ragazzina?» disse Logan girandomi intorno.
«Anche girare intorno alle persone lo è» risposi.
Appena terminai la frase, Logan mi "rubò" il cappello togliendomelo.
Iniziò a correre e io dietro di lui.
Appena riuscii a fermarlo, ci trovammo faccia a faccia.
«Henderson, dammi subito quel capello o...»
«O? Cosa mi fai, stellina?» disse lui con uno dei suoi odiosi sorrisetti stampato in faccia.
«Ti do un calcio nelle palle te le faccio vedere tutte le stelline se non mi ridai questo cazzo di cappello» dissi io infuriandomi.
«Uuuh, ma che paura. Tienilo ragazzina, ma questa "sfida" non finisce qui» mi restituì il cappello e io glielo strappai di mano.
«Contaci» dissi in risposta.
«Ma chi cazzo ti credi di essere?» continuai. Sì, usavo un linguaggio abbastanza scurrile.
Lui non mi rispose. Sorrise solo. Quel sorriso era così snervante per me.
La campanella suonò.
«Ci vediamo, stellina» disse per poi allontanarsi ed andare dai suoi amici.
Li lasciai entrare per primi, poi io andai in classe.
Come mi era solito fare, mi sedetti infondo all'aula e tirai fuori i libri dallo zaino.
«Jefferson, ciao» disse Jane O'Brien, la classica capo cheerleader bionda che esce solo con i giocatori di basket.

«Ciao anche a te, O'Brien» le risposi con un tono di voce scortese. Già avevo intuito che stava per dire qualcosa di immensamente stupido.
«Ti ho vista parlare con Logan, e sappi che non deve succedere mai più una cosa del genere. Lui è mio e non mi piace condividere» continuò.
«Senti, Logan non mi interessa e dovresti dire a lui di starmi alla larga. Se non vuoi che io spacchi la faccia prima a te e poi a lui, taci» le dissi guardandola.
Lei racchiuse le sue labbra in un ghigno e si voltò.
Finita l'ora di biologia, iniziò quella di educazione fisica. Ovviamente la mia cara amica sfiga non mi avrebbe mai abbandonata.
«Layla, ma che piacere immenso gustare della tua dolce e piacevole compagnia!» disse Henderson alle mie spalle. Mi voltai lentamente, lo guardai e gli risposi «Direi lo stesso, ma non amo dire bugie»
«Io cerco di essere gentile e tu fai la scontrosa, vedi che sei tu? Io non ti faccio nulla di male» disse lui con fare da innocente.
«Nulla di male dici? Nulla di male? Vediamo...farmi continui scherzi idioti e umiliarmi perennemente, non è "nulla di male"?» dissi in risposta.
Non rispose, come era solito fare. Sorrise semplicemente.
Io, non sopportando tale sfrontatezza, uscii dalla palestra. Non volevo stare dove stava lui.

My Bad Boy ||LH|| (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora