Heaven In Your Arms

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PARTE PRIMA

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COLIN E T.J.

T.J. stava seduto sul divano in salotto tentando di concentrarsi sul quel dannatissimo film comico che, per giunta, non gli era mai piaciuto.
Gli schiocchi che venivano da due bocche incollate da più o meno mezz'ora però glielo impedivano facendo salire non di poco il suo già abbondante nervosismo. Gettò un rapido sguardo in direzione dei due molestatori soffermandosi più del necessario ad osservare il suo coinquilino il quale, ignaro delle troppe attenzioni, continuò a sbaciucchiare la sua dolce metà senza preoccuparsi di poter dare fastidio.
A T.J venne il voltastomaco.
Messo alle strette si alzò con una grazia felina da quella che doveva essere la sua postazione relax, spense il televisore e andò a rinchiudersi in camera sua. Tanto, in quel frangente, gli altri due ragazzi non avrebbero mai fatto caso alla sua assenza, anzi, ne avrebbero sicuramente approfittato alla grande.
Ed effettivamente non fece neanche in tempo a formulare quest'ultimo pensiero che sentì delle risatine soffocate ed il rumore di un'altra porta che sbatteva.
"Fantastico! Devo decidermi a cambiare casa una volta e per sempre!" pensò mentre già si preparava a passare un'altra nottata da incubo. Ma del resto ci era abituato.
Ogni volta che Rachel si fermava da loro, era come stare dentro un film a luci rosse... peccato non avere le camere insonorizzate.
"Ricordati perché lo fai." si ripeteva di continuo per non cedere alla tentazione di mettere in atto sul serio il suo piano di trasferirsi. "Ricordati perché lo fai."

«Ehilà! Guardate chi si aggira per i corridoi freddi e desolati! Signore e signori, ecco a voi il solo ed unico "faccia-da-coma-catatonico", T.J. Barnes!» urlò Jay pericolosamente vicino alle orecchie del ragazzo mollandogli poi una pacca amichevole che, manco a dirlo, non fu particolarmente apprezzata.
«Fallo di nuovo e le pareti di tutto il campus saranno tappezzate da foto di te, nudo, mentre ci provi con il gatto della signora Powers!» sibilò minaccioso.
«Altra seratina no?» chiese di rimando la sua palla al piede ignorando completamente le proteste del biondo e circondandogli le spalle con un braccio.
«Ti consiglio vivamente di farti gli affaracci tuoi.»
Il moro, non contento della risposta, scosse più volte il capo «Ah, T.J., T.J.! Devo insegnarti proprio tutto...» lo riprese come fosse un bambino «devi moderare questo tuo caratteraccio, altrimenti non troverai mai uno straccio di ragazzo.»
Questo per contro si girò a guardarlo inarcando un sopracciglio chiedendosi come diavolo facesse Jay a fare certe sparate incommentabili. «Ti rendi conto di avere qualche problema serio, sì?»
«Dico solo le cose come stanno.» replicò come se fosse la cosa più normale del mondo.
T.J. gli si parò di fronte guardandolo come se venisse da un altro pianeta. «Fatti curare.»
Quel tipo era una vera spina nel fianco: petulante e pure particolarmente scemo. L'unico lato positivo della sua personalità era che sapeva tenere la bocca sigillata. Non importava quanto sordido o meschino il segreto fosse, dalle sue labbra non sarebbe uscito mai niente e forse era questo il motivo per cui, parecchio tempo addietro, era stato l'unico a cui T.J. aveva confessato le sue pene amorose. Non che questa ammissione si fosse rivelata di una qualche utilità, ma il poterne parlare con qualcuno era pur sempre una valvola di sfogo a cui il ragazzo ricorreva spesso, specialmente nei momenti più critici. Il problema era che purtroppo Jay non aveva abbastanza materia grigia per poter trattare la cosa, di per sé molto delicata, con i giusti metodi e quindi finiva spesso, se non quasi sempre, per far alterare l'amico.
«Vedi? Parlo proprio di questo. Già sei bruttino, se in più fai anche l'antipatico...» scherzò.
Con la pazienza sotto la suola delle scarpe, T.J. aprì la bocca pronto a riempirlo dei peggiori insulti di cui era capace, ma non fece neanche in tempo a far uscire una sillaba che vide avvicinarsi il suo coinquilino, causa di tutti i suoi problemi, seguito da Rachel e Chris.
«Che state combinando voi due?» chiese quest'ultimo poggiando un gomito sulla spalla di Jay.
«Stavo per ricordare al tuo amichetto quanto sia imbecille, ma sono stato interrotto.» rispose riluttante.
Colin lo guardò con i suoi bellissimi occhi cioccolato abbozzando un sorrisino «Ti sei svegliato con la luna storta stamattina?» chiese ridacchiando. «Sei schizzato fuori casa come se avessi la SWAT alle spalle.»
Con la coda dell'occhio il biondo vide Jay sussurrargli un "Te l'avevo detto!" per poi appoggiare il capo sulla spalla del ragazzo di fianco a lui.
T.J. sospirò frustrato.
«Lascia perdere.» borbottò per poi incamminarsi verso la caffetteria seguito dal gruppetto per nulla intenzionato a mollarlo.
Si sedettero tutti e cinque al loro tavolo preferito, quello vicino la vetrata che dava sul giardino e ordinarono da bere.
«Deve essere grave se hai risposto male perfino a Colin!» Rachel aveva sempre l'abitudine di parlare a sproposito. «Non gli ho risposto male!» si difese T.J. punto sul vivo «Semplicemente non è niente di cui preoccuparsi.»
La ragazza scrollò le spalle arrendendosi. «Se lo dici tu.»
Colin invece dal canto suo si limitò a lanciargli un'occhiata che il biondo sapeva benissimo come interpretare: "Ne parliamo dopo, io e te, da soli." ecco che voleva dire.
Loro due si conoscevano da sempre, da quando ancora erano nelle pance delle rispettive mamme, migliori amiche al liceo. Era comprensibile che avessero quel tipo di rapporto essendo cresciuti insieme, sempre insieme. Erano come fratelli, tanto che nelle loro camere non c'era mai un solo letto, ma due, perché una sera il ritrovo era da "Cols" e l'altra da "T.J." che al tempo si faceva ancora chiamare Thomas Jones Barnes.
Fu proprio Colin, quando avevano dieci anni, a ribattezzarlo T.J. e da allora lui non era più tornato indietro al vecchio appellativo. Avevano avuto un'infanzia da film, serena e gioiosa, in cui l'unica loro preoccupazione era quella di scegliere a che gioco giocare. Poi, come sempre del resto, col passare del tempo le cose avevano iniziato a complicarsi e ad ingarbugliarsi fino a diventare una matassa intricatissima. Sì, perché a quattordici anni T.J. non solo si rese conto di essere attratto dai ragazzi, ma si accorse, sfortunatamente per lui, di essere innamorato perso del suo migliore amico. Questo, invece, si era appena fidanzato con Rachel, una copia di T.J. al femminile che, per un certo periodo li aveva inevitabilmente allontanati, rendendo ancora più difficile quella situazione che stava degenerando giorno dopo giorno. Era stato devastante per il biondo dover sopportare tutto quello. Il dover gestire e ridimensionare i contatti fisici, il dover stare attento a non lanciare occhiate troppo decise o tropo equivoche e il dover reprimere a forza il desiderio che a mano a mano cresceva dentro di lui. Un desiderio che sapeva benissimo sarebbe destinato a rimanere sempre insoddisfatto e il dover accettare con un sorriso le confessioni delle prime esperienze di Colin con Rachel. Il tutto si era fatto ancora più duro da digerire quando una sera, senza farlo apposta aveva sorpreso Colin e Rachel a pomiciare selvaggiamente sul divano di casa Hawks. Quella era stata forse la cosa più imbarazzante della sua vita. Era corso a casa rosso fino alla punta dei capelli chiudendosi poi in bagno per cercare di calmare i bollenti spiriti. Eppure da quella sera, quella visione non aveva più voluto saperne di abbandonare il suo cervello che puntualmente la riproponeva quando stava per raggiungere l'apice del piacere con qualche altro individuo. Altri nove anni erano passati da quell'incidente ed entrambi avevano continuato a vivere le loro vite praticamente in simbiosi. Avevano scelto addirittura lo stesso college che ora frequentavano assieme a quella banda di squinternati che si portavano sempre appresso. Ma la ciliegina sulla torta era un'altra: per dividere le spese infatti avevano deciso di affittare un appartamento iniziando una convivenza tutt'altro che facile per T.J., il quale, per restare in ogni caso vicino all'amore della sua vita, sopportava in silenzio le peggiori bastonate che la vita avesse mai potuto infliggergli. Una sera a settimana Rachel veniva a fare visita intrattenendo l'abitazione con i suoi gemiti striduli da oca e, comunque, ogni giorno veniva ad assicurarsi che il suo ragazzo fosse ancora integro ed in salute. Quei due si sarebbero sposati, T.J. ne aveva la certezza matematica, anche se lui aveva sempre ritenuto la ragazza non adatta al suo migliore amico. Parte di quell'affermazione però, lo sapeva, era anche colpa della gelosia. Restava fermo il fatto che quella posizione per lui non era piacevole. Aveva immaginato tante volte come sarebbe stato confessare i propri sentimenti a Colin e ogni volta, nella sua testa, succedevano catastrofi apocalittiche. Il suo migliore amico ovviamente sapeva delle sue preferenze sessuali e mai lo aveva guardato con disgusto, mai lo aveva fatto sentire sbagliato, anzi si era sempre fatto in quattro per aiutarlo, confortarlo o appoggiarlo in qualche conquista, non sapendo che in realtà tutti i ragazzi che il biondo aveva frequentato erano solo piccole consolazioni. In così tanto tempo T.J. era stato incapace di trovare qualcuno come Colin, qualcuno che riuscisse a scacciare il suo chiodo fisso, qualcuno che gli provasse che i sentimenti che nutriva verso il suo migliore amico non fossero poi così forti e questa incapacità lo faceva sentire ancora più depresso. Non ne sarebbe mai uscito, di questo cominciava ad esserne certo.

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