Capitolo 8: Perché?

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Alexander si alzò dal divano, chiedendo ad alta voce chi fosse. Questo diede il tempo ad Asher di vestirsi.
Chi cavolo poteva essere a quell'ora della notte? Sua madre, suo nonno, il Papa?
O un altro amante?
Asher si bloccò quando quest'idea arrivò a sfiorargli il pensiero, ma non poteva esserne sorpreso.
Lui ed Alexander non erano nulla.
"Sono io, Tyler." Disse la voce misteriosa timidamente.
Asher notò il modo in cui Alexander divenne una statua di ghiaccio. Il suo fidanzato, forse?
"Dannazione. Non deve sospettare nulla. Va' in quel corridoio, dopo che mi senti chiedergli se vuole qualcosa da bere, esci. Sei un compagno di classe di mio fratello, lui aveva dimenticato la sua felpa preferita qui, e tu gli stai facendo un favore. Apri l'armadio che c'è nella seconda stanza a sinistra e prendine una a caso."
Dicendo questo e mettendogli una mano dietro la schiena, lo spinse verso il corridoio dapprima menzionato.
Asher stava entrando nel pallone, tuttavia riuscì a fare quello che gli aveva chiesto il più grande.
Con il cuore che martellava nel petto, si accostò alla porta del corridoio, in vetro colorato. Tanto il luogo in cui si trovava era completamente al buio, quindi dall'altra parte sarebbe stato impossibile vederne anche solo la sagoma, di lui.
Si sentiva un ladro, e se quel ragazzo era veramente il suo fidanzato, avrebbe preso Alexander a botte.
Minimo.
Per carità, è vero che la colpa non sarebbe stata da attribuire solo a lui, ma chiamatela morale o qualsiasi altra dannata cosa, Asher non sarebbe riuscito a perdonare sé stesso.
Le voci dal vetro arrivavano ovattate.
"Al, devo parlarti di una cosa. È davvero importante, io-"
Alexander lo bloccò ancor prima che finisse di parlare.
"D'accordo. Ti offro qualcosa da bere?"
Eccolo, il segnale.
Uscì dal corridoio, non proprio pronto ad affrontare il ruolo da possibile amante occasionale e il fatto di dover mentire.
Certo, non è che non lo avesse mai fatto. Ma in quei casi era stato lui a decidere.
Quando vide per la prima volta il ragazzo, rimase a bocca aperta. Okay, magari non letteralmente, per fortuna - che figura di merda sarebbe stata quella?
I capelli biondo cenere incorniciavano un viso angelico dotato di splendidi occhi azzurri come il cielo d'estate.
Se non fosse stato per l'assurda situazione, un sorriso amaro avrebbe lasciato le sue labbra. Ecco perché i due stavano insieme. Chi s'assomiglia, si piglia. Ed effettivamente la loro bellezza era a livelli simili.
Il ragazzo non fu meno sorpreso di vederlo lì di quanto non si fosse già aspettato.
Strinse con forza la felpa.
"Oh. Ciao, sono un amico di Sam, Asher." Disse, fingendosi sorpreso di trovarlo lì, ma presentandosi comunque.
"Ciao, Tyler."
Asher gli sorrise, prima di girarsi verso Alexander.
"Bene, domani gliela faccio avere." Gli comunicò, alzando l'oggetto in questione, "Inizio ad andare, ci si vede in giro."
"Aspetta. Sai quel film di cui mi avevi parlato? L'ho finalmente scaricato, perché non lo vediamo?"
Asher guardò confuso - tanto, tanto confuso - il riccio, chiedendosi che diamine gli stesse parlando per la mente.
Doveva andarsene da lì, il prima possibile, no? Se Tyler avesse capito qualcosa, non sarebbe andato a finire anche lui nei guai?
Voleva urlare, in quel momento.
"Magari un'altra volta."
Alexander insistette, mandandogli occhiate che lui non riusciva a decifrare.
"Poi lo devo prestare a Sam. Magari se lo finiamo oggi, domani puoi già portarglielo."
Asher annuì. Doveva avere qualche piano in mente, per insistere. E continuava ad avere 29 favori da fargli, no?
Quindi, dei popcorn e una birra dopo, i tre si ritrovarono davanti al televisore gigante a guardare un film di cui Asher non aveva mai sentito parlare.
"Aah. I popcorn sono insipidi." Si lamentò Alexander, alzandosi e ritornandosene al piano cucina con la ciotola in mano.
Asher si ritrovò a maledire l'altro in tutte le lingue del mondo.
"Come mai ti piace questo film?" Domandò Tyler, guardandolo solo per un attimo, prima di riportare l'attenzione allo schermo.
Ops.
"La trama... Mi incuriosisce molto, vediamo se ne vale veramente la pena o è tutto fumo e niente arrosto." Rispose, soffiando una risata a fine frase.
Tyler si limitò a sorridere. Lo aveva sentito dire che aveva qualcosa da dire al ragazzo tatuato, quest'ultimo non era curioso? O il semplice fatto che non fossero soli l'aveva portato a non dare ascolto alle sue parole?
Eppure Alexander non ne sembrava il tipo. Anzi, sembrava proprio uno di quelli che fa attenzione ad ogni minimo particolare, ad ogni gesto, ad ogni sguardo.
Cazzo. Non ci stava capendo più niente, ed era ora di tagliarla lì, perché una volta va bene, ma due nella stessa serata, no.
Fatto fu che Asher rimase fino alla fine del film, che tra l'altro gli piacque pure. Scoprì che Tyler aveva ventidue anni, e stava studiando per diventare avvocato. Asher non lo conosceva ancora, ma già dall'apparenza si mostrava intelligente.
E certamente non qualcuno contro cui mettersi.
Quella sera fu Alexander a dargli il passaggio a casa, dopo che il biondo se ne fu andato.
"Quindi, cos'è che dovrei fare?" Chiese Asher, una volta salito in macchina.
"Cercalo, parlagli, provaci con lui. Vedi fino a che punto si spinge."
Asher annuì, lentamente.
Avrebbe tanto non voluto farlo, ma quale altra scelta aveva? L'unica cosa che poteva consolarlo era il fatto che per fortuna Tyler era bellissimo. Insomma, vi immaginate provarci con qualcuno che non vi interessa, per lo più brutto?
Tuttavia, quella sera Asher non ebbe il coraggio di chiedergli il perché, e se fosse il suo ragazzo. Fatto sta che Alexander gli lasciò il suo numero, in modo da poterlo cercare nel caso in cui non avrebbe saputo cosa fare.
E questo bastò a renderlo più tranquillo.
Quando l'indomani si alzò, lo fece con tutta la calma del mondo. Nessuno aveva bussato alla sua porta per stendere i panni, e visto che non aveva scuola, la sveglia non era suonata.
Si trascinò in cucina, stropicciandosi gli occhi, prima di lasciarsi cadere sulla sedia. La casa era ancora silenziosa, ma semplicemente - scoprì dopo - perché i due proprietari stavano ancora dormendo.
"A che ora sei ritornato ieri sera?" Domandò suo fratello, mentre si preparava un caffè, interrompendo il silenzioso flusso di pensieri che gli attanagliavano lo stomaco.
Non aveva mai cercato nessuno, nonostante gli fosse piaciuto qualche ragazzo negli anni passati. Non si era sentito all'altezza, e aveva scoperto che era felice anche solo con l'osservarlo da lontano.
"Erano... L'una e mezza, credo. Non più tardi delle due, comunque." Rispose, alzando le spalle, ritornando a sorseggiare l'ennesima tazza di tea.
"Ascolta..." Cole andò alla ricerca delle parole giuste da usare, "Non ti darò degli orari, perché anche io ho avuto la tua stessa età, e non molto tempo fa, quindi so quanto sia fastidioso. Però se fai più tardi di mezzanotte manda un messaggio, okay?"
Asher annuì lentamente.
È strano, si ritrovò a pensare, perché con i suoi genitori non aveva mai avuto discussioni del genere, visto che di solito rincasava prima della mezzanotte. Ieri sera era stata la prima volta che era uscito qui a Londra (non contando la volta in cui l'aveva fatto con suo fratello e i suoi amici) e in un paio d'ore era successo di tutto e di più.
Qualcuno doveva avercela sicuramente con lui. Doveva per caso versarsi del sale addosso?*
Sospirò, riconcentrandosi sull'argomento "Tyler". Quando avrebbe dovuto cercarlo? Se lo faceva quel pomeriggio stesso, dopo che lo aveva incontrato per la prima volta, sarebbe stato troppo ovvio. E lui non voleva apparire come un ragazzino sfigato che s'innamora della prima persona che gli capita sotto tiro. Anche perché, a dire il vero, lui non era mai stato innamorato di nessuno. Piacere, sì, ma superficialmente. Non aveva mai provato nulla che andasse oltre. E forse era stato meglio così.
Restava ancora il grande punto interrogativo sulla missione "Tyler".
Fase uno: cercarlo. Sì, su un social network, che degrado.
Fase due: dimostrare di essere interessato.
Fase tre: avvicinarlo.
Doveva forse invertire l'ordine tra la seconda e la terza fase?
Fase quattro: vedere fino a dove era disposto a spingersi l'altro.
"Asher," Cole richiamò l'attenzione su di sé.
"Ieri sera ti è arrivato un pacco dalla nonna. È... Abbastanza grande." Disse, corrucciando la fronte, prima di rilassare l'espressione con una scrollata di spalle.
Se era grande poteva significare solo una cosa. E se aveva ragione, non riusciva a stare più nella pelle.
"Aspetta, te la porto qui."
Asher annuì, andando ad accomodarsi sul divano, iniziando a battere nervosamente il piede a terra.
Il pacco era effettivamente gigante. Asher lo aprì con un taglierino offertogli dall'unica donna in casa, allo stesso tempo consapevole che i due lo stessero fissando, incuriositi per il contenuto. In realtà, non gli importava.
Il pacco ne conteneva altri all'interno. Due erano piene dei suoi vestiti - Dio, ne aveva davvero bisogno. Poi ce n'era uno piccolino, che assomigliava più ad una busta, contenente il suo materiale scolastico. In un'altro, c'erano le ricariche per gli inalatori, e niente, sua nonna doveva essere fatta santa subito, perché se Asher li avesse finiti davvero non sapeva cosa avrebbe dovuto fare.
Fu quando finì di togliere l'ultimo pacco, che la custodia della sua chitarra venne mostrata per intero. Cercò di controllarsi, ma un sussulto di gioia gli sfuggì lo stesso. La aprì, estraendone lo strumento e appoggiandolo sulle proprie gambe, prima di pizzicare leggermente le corde. Cielo, quanto gli era mancato.
Alzò il capo di scatto, quando si ricordò della presenza degli altri due. Cole era seduto sul divano opposto a quello in cui si trovava lui, e Birdie era appoggiata allo stipite della porta della cucina.
"Quelli a cosa servono?" Domandò lei, indicando con un dito le medicine.
"Sono per l'asma. E gli attacchi di panico." Disse, come se fosse la cosa più normale esistente a questo mondo.
Insomma, ci conviveva da un sacco di tempo, ormai, e anche se ogni singola volta erano devastanti, ormai sapeva come reagire.
"Oh. Avresti dovuto dircelo. Non si sa mai."
Asher si trattenne dall'alzare le sopracciglia. Non è che vai da una persona che conosci a malapena e le dici: "Hey, ciao. Sai che soffro d'asma e di attacchi di panico?"
"So gestirli da solo. Comunque, toglierò tutto il casino, il tempo di sistemare le cose."
Così iniziò a dirigersi verso la propria stanza, la custodia e la chitarra in mano.
Fu solo verso le dieci di quella sera, che Asher si rassegnò, andando nei messaggi e componendone uno destinato all'ultimo contatto aggiunto nella sua rubrica.
- Quand'è che dovrei mandargli la richiesta e iniziare a cercarlo, esattamente?
Poi si ricordò che l'altro non avesse il suo numero, per cui mosse velocemente le dita sulla tastiera.
- P.S Sono Ash.
Si rotolò sul letto, cercando nella propria playlist "Some Nights", dei Fun, iniziando anche a canticchiarla.
- Ah, e io che pensavo che fosse uno sconosciuto che stesse facendo finta di aver sbagliato chat solo per portarmi a letto. Oh, aspetta.
Asher aggrottò le sopracciglia.
- Senti stupido coso, non saremo amici, ma nemmeno sconosciuti. Punto numero due, non ti cercherei mai, e dico mai, di mia spontanea volontà.
- Il punto numero tre non lo contesti?
- Fottiti.
Asher si limitò a sbuffare, arrossendo comunque.
- Preferisco fottere, anziché essere fottuto.
- Non avevo bisogno di certe informazioni, grazie.
- Sicuro? ;)
Se non fosse stato per il fatto che teneva al suo telefono (era anche l'unico che aveva) e che avesse sudato l'estate precedente per guadagnare i soldi per comprarselo, probabilmente l'avrebbe già scagliato contro il muro.
- Allora?
- Anche adesso.
Asher si strozzò con la sua stessa saliva.
- Dici sul serio? L'ho incontrato ieri sera, non sarebbe troppo avventato?
- Perché, quali rischi corri?
- Capirebbe che c'è un motivo.
- Che è proprio quello che deve capire.
- Ah. Certo. Allora vado.
Aprì l'app direttamente dal telefono, mandandogli la richiesta d'amicizia dopo che si fu fatto dare il cognome dal riccio. Questa venne accettata pochissimi secondi dopo, il che significava che era online. Ad Asher il cuore iniziò a battere più velocemente, perché questo voleva dire che adesso gli toccava cercarlo.
Aprì la chat, ancora bianca, le dita in posizione sullo schermo. Poi aggrottò le sopracciglia per l'ennesima volta. Chiuse la chat e ritornò nei messaggi.
- Ah, Alexander. Cos'è che dovrei scrivergli?
- Oh Dio.
Fatto sta che Asher compose un semplice "Ciao", prima di mandarlo. Subito dopo Tyler si scollegò.
No, ma. STAVANO SCHERZANDO?!
Aveva chiuso perché aveva visto il suo messaggio, e non era interessato? O forse era ancora collegato, ma aveva disattivato solo la chat? In ogni caso, il messaggio gli era arrivato. Prese delle profonde boccate d'aria. Tanto se non gli avesse dato corda, sarebbe stato meglio per lui. Tutto si sarebbe finito prima, e avrebbe potuto continuare con la sua semplice e stupida vita.
Fatto sta che rimase ad aspettare una risposta per altri cinque minuti. Tempo che impiegò preziosamente, visto che cambiò il nome con cui aveva salvato Alexander tra i suoi contatti, scrivendoci "Demonio", seguito dall'emoji del diavolo che ghigna.
Perfetto.
Non aspettò oltre, perché aveva davvero tanto sonno, e l'indomani ci sarebbe stata scuola, dove avrebbe dovuto affrontare un altro... "problema".
Mph.
Forse doveva davvero buttarsi il sale addosso.

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