Messaggi

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[Colonna sonora: Erase & Rewind – The Cardigans]

Cominciano i messaggi. È tardi, ma il sonno ormai l’ho perso.

Sono curiosa, ma soprattutto – anche se non mi piace ammetterlo – eccitata al pensiero che lui si ricordi ancora di me, che mi abbia cercata.

“Sei proprio tu? Mi sembra impossibile” ermetico. Come al solito

“Eh già, eccomi qui. Fresca di iscrizione” prima di mandare invio non so se aggiungere una faccina, giusto per dare al messaggio un’aria sbarazzina, ma alla fine opto per lasciarlo così, spoglio: mi sento un po’ come un elefante in una cristalleria, sono trascorsi così tanti anni da quando ci siamo parlati l’ultima volta che non so cosa aspettarmi.

“Sei più bella di come ricordavo” ah, signor Vinci, andiamo subito al sodo eh? Non sei cambiato di una virgola. Mi prendo un po’ di tempo per rispondergli : non voglio che pensi che sia lì solo per lui, anche se è così. Ok, devo anche ricompormi: possibile che mi faccia ancora questo effetto? È bastato un complimento per farmi sentire quel brivido che parte dalla nuca e arriva fin fra le gambe. Intanto sbircio il suo profilo. La foto non è recente: lo ritrae durante i festeggiamenti per lo scudetto vinto dall’Inter nel 2007, però non è cambiato molto dai tempi della scuola; è sempre bello, forse anche di più. Se non ha avuto un tracollo da lì in poi e se fossi sicura di voler flirtare, potrei rispondergli “Anche tu”; solo che non mi va di dargliela vinta. È sempre stato questo orgoglio e la voglia di sopraffarsi a vicenda, il vero problema della nostra storia.

Mentre controllo le informazioni su di lui (è sposato? Ha figli? Vive ancora a Genova?) senza ottenere molto, controllo l’orologio: sono trascorsi cinque minuti, adesso posso rispondergli; la regola numero uno per un corteggiamento è tutta una questione di tempi, solo che una volta invece dei messaggi si usavano i bigliettini: se lasci passare troppo poco tempo, gli fai capire che pendi dalle sue labbra; se aspetti troppo, rischi che lui perda interesse.

“Esagerato (adesso la faccina sorridente la metto). Come hai fatto a trovarmi?”

“Ho visto che hai chiesto l’amicizia a Elena” ah, ecco. Elena. Dovevo immaginarlo. Infatti eccola lì, fra i suoi amici. Stanno ancora insieme? Non c’è traccia di ulteriori legami fra loro.

oOo

Il giorno successivo alla nostra uscita, avevo le farfalle nello stomaco e una gran confusione in testa. Lui mi aveva chiesto di non dire a nessuno di quella notte e, del resto, io non avevo una gran voglia di parlarne, nemmeno con Giulia: ero felice, ma mi vergognavo perché avevo detto di sì così facilmente; ok, avevo detto di sì ad Alessandro Vinci, ma questo non cambiava le cose e non ero pronta a condividere l’esperienza. Mi ero incontrata con la mia amica come al solito e – come ogni altra mattina – eravamo andate in spiaggia. Lui era lì, al bar, ma era impegnato a servire un gruppo di ragazzi; mi fece l’occhiolino, mentre gli passavo davanti. Io avevo sorriso e parte delle mie insicurezze erano scivolate via: temevo che mi avrebbe trattata con indifferenza, invece quel piccolo segnale era stato tutto ciò di cui avevo bisogno.

Mentre prendevamo il sole in riva al mare, ci raggiunsero Giorgio e Simo, rispettivamente il cugino e il fidanzato di Giulia, portandoci i ghiaccioli. Simo mi consegnò anche un biglietto

- Me lo ha dato il ragazzo del bar, per te – mi aveva sussurrato facendo in modo che gli altri non lo notassero. Col cuore impazzito, lo infilai nella mia copia di Dylan Dog e attesi che Giulia andasse a fare il bagno con gli altri per poterlo leggere, fingendo di aver mal di testa per non dovermi unire a loro.  Diceva soltanto “Stanotte alla terrazza. A.” Lo ripiegai e lo nascosi nel portafoglio, felice come non mai.

Quando fu ora di tornare, i ragazzi ci diedero un passaggio sui loro motorini. Io ero salita su quello di Giorgio, che era sembrato piuttosto scontroso quel giorno; quando ci fermammo sotto casa mia mi trattenne per un braccio.

- Esci con quello là?

Mi aveva colta di sorpresa e non sapevo cosa rispondergli, però sapevo benissimo a chi si riferisse. Vedendomi esitare, la sua espressione si fece più dura.

- Fai attenzione, Fede. So che vede anche Elena.

oOo

Non ho chiesto niente ad Ale, di Elena; non voglio sapere se la loro storia è continuata. Sbaglio, lo so, ma per una notte voglio evitare di pensarci. Ho deciso di cambiare discorso. Dopo il primo imbarazzo, la nostra conversazione è diventata più fluida: fra un’allusione ed una battuta, lasciate lì per caso, ci siamo raccontati solo cose superficiali, su dove viviamo, come stiamo, cosa facciamo; ci siamo annusati, abbiamo flirtato, blandamente, ci siamo scambiati i numeri di telefono. Non abbiamo parlato di compagni e relazioni. Un paio di volte i nostri discorsi si sono impantanati nei ricordi, in quelli belli, come quando eravamo andati sulle colline sopra Genova, una domenica mattina, per un pic nic. Dopo avevamo fatto l’amore, sul sedile posteriore della sua 128 verde militare ereditata dal nonno e lui non ci stava tutto perché era troppo alto. Ne avevamo riso, allora, e ne abbiamo riso anche adesso; però a ripensare a quei momenti e quanto mi piacesse stare con lui, sento un po’ d’amaro in bocca, per come siamo riusciti a rovinare tutto quando avremmo potuto vivere una bella storia. Non era solo sesso, come ci ostinavamo a dirci: ci amavamo, a modo nostro. Solo che, allora come adesso, è molto più facile concentrarsi sull’attrazione fisica e lasciar perdere tutto il resto. E infatti è sul sesso che vira ben presto la nostra conversazione, con lui che mi chiede se faccio ancora quella cosa che a lui piaceva tanto, di arricciare il naso e strizzare gli occhi quando mi baciano sul collo; lo aveva scoperto una volta che lo aveva fatto standomi alle spalle mentre mi trovavo davanti ad uno specchio. “Immagino di sì” Non gli dico che non ho più vissuto momenti del genere, dopo di lui, che il sesso con Giorgio era qualcosa di meccanico e sempre al buio, che quello fatto con altri uomini è stato diverso perché ero cambiata anche io. Preferisco restare sul vago e giocare con lui, lasciandomi trascinare in una conversazione sempre più spinta che mi fa provare l’urgenza di rivederlo: se lui mi dicesse, adesso,  di voler venire qui, gli direi di sì.

Sono le cinque del mattino e ci siamo dati la buonanotte soltanto adesso.

Mi trascino a letto e per un po’ fatico a prendere sonno: sono irrequieta e arginare l’ondata di ricordi agrodolci che mi assale è un’impresa che non posso affrontare, adesso. Meglio abbandonarmi all’immaginazione e pensare che lui sia qui, nel mio letto, a guidare la mia mano.

L'estate del '99Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora