Losing my way

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"Cazzo!"
Michael era chino sul lavandino di quello squallido bagno, non aveva idea se fosse di un bar o chissá cosa, sapeva soltando che il suo labbro era spaccato e che il sangue non ne voleva proprio sapere di smettere di uscire.
Sentiva la ferita pulsare e nonostante si fosse sciacquato la bocca più volte, era impossibile cancellare il gusto metallico dalle papille gustative.
Prese l'ennesimo fazzoletto di carta e si guardò allo specchio, tamponandosi la ferita e trattenendo i gemiti di dolore.
Richard non l'aveva risparmiato nemmeno quella volta, era bastato passargli davanti per beccarsi il solito "frocetto" e un pugno dritto in faccia.

Ormai aveva smesso di chiedersi cosa ci fosse di così sbagliato in sè, sapeva solo che qualsiasi fosse il motivo, gli stava rendendo la vita decisamente più difficile di quanto giá non fosse.
Non era bastata la dislessia a cambiargli l'infanzia, adesso si ritrovava ad essere un sedicenne perseguitato dai bulli, definito "frocio" quando nemmeno lui sapeva cosa desiderasse.

Chinò lo sguardo, non riuscendo a guardarsi di nuovo allo specchio.
Strinse con forza il marmo giallastro del lavandino, l'aria nei suoi polmoni iniziò ad essere troppo poca.
Chiuse gli occhi, cercando di calmare il respiro.

Appena era suonata la campanella era schizzato fuori dalla classe per evitare i soliti ragazzi che lo perseguitavano, ma non era servito a nulla, loro lo stavano aspettando.
Quando alle 16 finirono le lezioni pomeridiane, scappare era risultato inutile.

Era fuggito dal cortile della scuola a grandi passi, con una mano davanti al viso per coprire la ferita ed era corso il più lontano possibile, evitando accuratamente la via di casa.
Non erano serviti a nulla i tentativi di Andy, il suo migliore amico, di fermarlo per sapere cosa fosse successo.
Il biondino lo aveva visto quasi correre via, ma la distanza tra loro era ormai troppa, cercò di rincorrerlo ma la folla di studenti difronte alla scuola lo rallentò, facendogli perdere di vista il ricciolino.

Michael era stanco di farsi vedere debole, da chiunque, perfino dal biondo, anche se sapeva che fosse l'unica persona a volergli davvero bene.
Non passava più di una settimana prima che un nuovo livido comparisse sul suo corpo; sua madre sospettava qualcosa da tempo, anche da ragazzino aveva passato periodi del genere, ma da bambini è tutto più facile e fargli ammettere la verità era stato semplice.
Ma ora era un adolescente e voleva semplicemente avere una vita normale... Essere una persona normale.

Sua madre lo vedeva tornare a casa e filare dritto in camera sua.
Ogni giorno, da qualche mese ormai.
Sapeva cosa significasse quel comportamento, in fondo si trattava sempre del suo piccolino, lo conosceva abbastanza bene da poter essere certa che il figlio gli nascondesse qualcosa.

Ma sapeva anche che se non avesse aspettato il momento giusto per parlargli, Michael si sarebbe chiuso come un riccio, non lasciando a nessuno la minima possibilitá di avvicinarsi.

D'altra parte, Michael stesso non aveva intenzione di essere un peso ancora più grande per la propria famiglia.

Era stanco, solamente stanco.

Di tornare a casa proprio non se ne parlava, non sarebbe riuscito a nascondere quel dannatissimo labbro spaccato per molto e suo padre sarebbe stato così deluso da lui che probabilmente gliene avrebbe date ancora di più.
Per non parlare di sua madre e le sue sorelle, si sarebbero preoccupate talmente tanto da non farlo più uscire di casa se non accompagnato, come uno stupido poppante.
Si appoggiò al muro vicino e pensò che perfino Richard avrebbe potuto rendergli la vita più facile, se non lo avesse colpito in faccia...
La prossima volta gli avrebbe gentilmemte chiesto di evitare di colpirlo in viso.

Tanto una "prossima volta" ci sarebbe sicuramente stata.

Le mattonelle scure di quel posto angusto riflettevano la luce giallastra e tremolante del neon, dando un senso macabro a quel bagno.
Un senso di inquietudine lo pervase.

Riprese in spalla lo zaino e uscì a passo svelto da quel piccolo bar, ringraziando il vecchio proprietario per avergli lasciato utilizzare il bagno.
L'anziano nemmeno lo degnò di uno sguardo, "meglio così" pensò il riccio.
Uscì in strada, ritrovandosi in una piccola via laterale.
Preso dall'istinto di fuggire, non aveva nemmeno badato alla direzione in cui i suoi piedi lo stavano portando e ora si ritrovava in una parte di Londra a lui sconosciuta.

"Tanto a casa non ci voglio tornare, tanto vale camminare per capire dove sono".

Rabbrividì appena sentendo il vento freddo di fine Novembre scagliarsi sul suo volto, facendo bruciare ancora di più quel maledetto taglio.
Sarebbe comparso sicuramente un livido e il livido si sarebbe gonfiato e avrebbe fatto ancora più male e Michael era stanco di stare male.

"Vorrei solo non essere me".

Questo era il pensiero che rimbombava nella sua mente, mentre calciava un sassolino per strada tenendo lo sguardo basso, stringendosi le braccia attorno al cappotto per trattenere più calore possibile.
Il cielo era troppo grigio quel giorno, sembrava che tutto ciò che lo circondava fosse più freddo in quelle strade.

Più i minuti passavano e più Michael sentiva quel peso dentro al proprio petto aumentare sempre di più.
Evitava lo sguardo dei passanti, nonostante sapesse che nessuno fosse interessato a lui.
Stare in mezzo alla gente, in quel momento, lo faceva sentire completamente fuori posto.
Come se chiunque stesse fissando la sua ferita, o potesse leggergli dentro, iniziando a prenderlo in giro sapendo quanto fosse sfigato.
Affrettò il passo.

Si ritrovò dopo 10 minuti in una via familiare e dopo aver svoltato per la seconda volta a destra, riconobbe la strada.
Fece qualche passo per avvicinarsi al Tamigi, quando sentì vibrare il cellulare nella tasca dei jeans.

Andreas lo stava chiamando. Probabilmente era in ansia per lui dopo averlo visto scappare con le mani sporche di sangue, ma non aveva intenzione di rispondergli.
Lo lasciò squillare e poco dopo raggiunse il fiume.

"Se non fossì così, sarebbe tutto più facile."

Strinse più forte i pugni, fino a far sbiancare le nocche, una rabbia contro sè stesso lo pervase.

"Sono sempre stato io il problema."

Michael scese la scalinata che portava direttamente sulla riva del fiume; si avvicinò allo specchio d'acqua torbida e chiuse gli occhi, sentendo il freddo di quella città avvolgerlo.

Forse lì avrebbe trovato un po' di pace.






















Eccomi qui con la seconda storia da 3 capitoli! Spero che questo primo possa esservi piaciuto o almeno avervi fatto incuriosire ;)
Aspetto come sempre i vostri pareri!

Feels like I'm fallingDove le storie prendono vita. Scoprilo ora