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«Ancora? Sarà la 4 volta che fai ripartire la playlist.» sussurra per non fare rumore. Sono le 3 di notte ma nessuno dei due riusciva a prendere sonno e così abbiamo continuato ad ascoltare la musica, limitandoci a restare in silenzio. Oramai questo è il nostro modo di condividere le cose; ci capiamo al volo, proviamo quasi le stesse emozioni, le parole non servono.
La guardo come per sfidarla a trovare altro da fare, che possa essere migliore di ascoltare le mie canzoni preferite. Sbuffa.
Così restiamo in silenzio, con gli occhi chiusi a bearci delle note che escono dall'iPod.
«Cos'hai intenzione di fare una volta uscita?» le chiedo voltandosi verso il suo viso illuminato dal chiarore della luna.
«Non lo so. Forse dovrei cercare di seguire i miei sogni di quando ero bambina. Ho sempre voluto fare l'insegnante»
Non fatico per niente a immaginaria in mezzo a una folla di bambini esaltati. Magari con un bel sorriso sincero stampato in volto.
«Tu?» chiede.
Mi sistemo sul letto. Essendo singolo Marissa è distesa di lato e la sua testa è appoggiata sul mio petto.
«Credo dovrei trovare qualcosa in grado di distrarmi da tutti quei brutti pensieri che continuano a tormentarmi» sospiro. «Credo che mi iscriverò a un corso di disegno.. Durante i primi anni del mio periodo più buio mi ha aiutato molto a non farmi del male in alcune occasioni»
Mi sembra di poterle raccontare tutto. Riesco ad essere pienamente me stesso, ed aprirmi con lei.
Forse è perché so che può capire come mi sento, e come mi sono sentito.
Dalle cuffiette parte 'Kids In The Dark' degli All Time Low.
Lei mi guarda.
«Siamo letteralmente dei ragazzini nel buio» si morde il labbro facendo riferimento sia al fatto che sia notte fonda e al brutto periodo in cui ci troviamo.
«They left us alone, the kids in the dark.» canticchio a bassa voce sorridendole.
Mi sembra di non sorridere da un'eternità.
Lei ridacchia - in modo davvero dolce - e poi mi sorride a sua volta.

***

«Ethan, ci sarà una volta in cui ti trovo già sveglio?» scherza il solito infermiere, venuto a cambiarmi le bende, dopo aver tentato di svegliarmi in tutti modi.
Rido anch'io.
Stamattina mi sento stranamente di buonumore, sto cercando di allontanarlo il più possibile dai miei pensieri. Non voglio che niente e nessuno mi rovini questa giornata, che sembra un po' più positiva.
L'infermiere compie la solita procedura. La ferita si sta pian piano cicatrizzando, ma le vecchie bende sono ancora piuttosto macchiate.

«Di buon umore oggi?» domanda Marissa, una volta che l'infermiere se n'è andato.
«Abbastanza. Sto da schifo ma in confronto a ieri sto meglio..»
Mi alzo dal letto. Non mi va di stare seduto.
«Facciamo un giro?» domando sorridendole.
Annuisce e mi segue.
«È bello vederti sereno» sorride e mi affianca.
Camminiamo lungo tutto il corridoio fino ad uscire dal reparto 'psichiatria'.
«Posso portarti in un posto?» domanda afferrandomi per il braccio.
Annuisco.
Sorride ed inizia a correre, trascinandomi con se.
«Perché devi sempre correre?» mi lamento.
«Perché in realtà non possiamo andarci» ride.
Mi farà diventare matto..
Svoltiamo a sinistra altre due volte, e poi percorriamo diverse rampe di scale, fino a raggiungere una porta con appeso un cartello 'vietato l'ingresso'.
Ci guardiamo e sorridiamo.
Marissa apre la porta, ed entriamo in fretta.
Siamo nel punto più alto dell'ospedale, su un'enorme terrazza, grande quanto due stanze - se non di più.
«Ti piace?» chiede richiudendo la porta alle sue spalle, attenta a non fare rumore.
«È bellissimo»
Cammino fino alla ringhiera e mi sporgo a guardare verso il basso. Si affaccia sulla strada, e da qui le minuscole macchine che sfrecciano sono uno spettacolo. Per non parlare del grattacielo di fronte all'edificio. Inoltre, a destra, si estende un enorme parco, nel quale ricordo di aver passato molto tempo quando ero più piccolo.
Marissa si avvicina e ammira il panorama anche lei.
«Vengo spesso qui. Mi aiuta a rilassarmi. E a dimenticare di essere chiusa in queste quattro mura»
Sentiamo un rumore provenire dall'altro lato della terrazza, e un uomo in camice spuntare davanti ai nostri occhi.
«Marissa, Ethan, buongiorno» sorride il dottor Parker.
«Sapete che non si può stare qui. Vero, Marissa?»
Noi ci guardiamo in imbarazzo.
«Sei un caso perso» le sorride. «Dai, tornate dentro che se vi becca qualcun altro siete nei guai»
Sorridiamo e sgattaioliamo dentro l'ospedale di corsa.
«Andiamo al bar?» domanda lei una volta in corridoio.
«Certo. Vado un attimo a prendere la felpa in stanza»
Lei annuisce e mi accompagna.
Ho ancora un sorriso stampato sul volto, e non so nemmeno il motivo; ma esso si spegne, una volta in stanza, lasciando spazio ad un espressione confusa.
Cosa ci fa Alexander sul mio letto?

If They Knew The Pain  [#wattys 2018]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora