Capitolo 1

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SEOUL
Il buio trasformava la stanza; la rendeva immensa e paurosa.
Erano circa le tre del mattino e fuori dal piccolo letto singolo non sentivo altro che i rumori della città, attutiti dagli spessi vetroni delle finestre. Non riuscivo a prendere sonno, quel brutto ricordo assaliva la mia mente, ricoprendola di immagini disastrose e terrificanti.
Flashback: era venerdì sera, e come ogni sera uscivo con i miei amici per prendere qualcosa di molto alcolico, fino ad ubriacarci e dimenticare persino i nostri nomi. Il locale era grande ma le persone continuavano ad accalcarsi dentro, ne erano in molti; molti che probabilmente erano lì come noi a godersi una serata divertente con gli amici. Il bancone in fondo la stanza era occupato da tanti giovani, che probabilmente non avevano nemmeno la maggiore età, ma veniva dato loro alcool su alcool. La pista come al solito era piena di ragazzine e ragazzi in preda agli ormoni e mischiato all'effetto del alcool continuavano a strusciarsi danzare, baciarsi e si toccarsi. Insomma questa era la normalità per me.
La serata procedette bene, e io come al solito mi ritrovai attaccata una ragazza, che molto probabilmente non ricordava nemmeno il suo nome. A me non interessava, la lasciavo fare, le permettevo di baciarmi, di toccarmi, di sedersi e bere qualcosa con me. Era una bella ragazza, ma non era il mio tipo, troppo sfacciata e troppo diretta. Dopo aver bevuto due bicchieri di troppo, salutai i miei amici, anche loro un abbastanza brilli, e mi diressi fuori il locale, con la ragazza ai calcagni. Erano circa le tre del mattino e il locale era più colmo di prima, per questo fu difficile trovare la via di uscita. Dopo che molti sconosciuti mi si erano letteralmente buttati addosso, riuscì a trovare la porta. Dopo alcuni spintoni mi trovai difronte ad essa, ma proprio in quel momento mi resi conto che la porta era serrata. In un primo momento non mi allarmai fino a quando le luci e la musica si stopparono. Nessuno urlava, credevano tutti fosse uno scherzo, parte della serata, del programma, ma non era così. Era l'inizio di un incubo.
"Fine flashback"

Qualcuno bussa alla porta; era arrivato il momento di prendere le valigie e partite per un nuovo viaggio, una nuova avventura. Mia madre, vuole essere forte, non vuole far trasparire alcuna emozione nei suoi occhi, continua ad essere dura con se stessa e con chi le è intorno, ma lo so che ha paura, tanta quanta ne ho io.
Non ho chiuso occhio questa notte e penso sia la prima di una lunga serie di notte insonni.
Mi alzo già pronto dal letto, prendo con un rapido gesto della mano il portafoglio sul comodino affianco il letto e con qualche rimpianto esco dalla mia camera, senza guardarla per un'altra volta. Mi avrebbe fatto male. Scesi le scale in un lungo silenzio e finalmente mi ritrovai in salotto dove mi aspettavano mio fratello più grande e mio zio. Era tutta la mia famiglia, insieme a mia madre.
Mio fratello è poco più grande di me, appena di due anni, ha dei tratti orientali molto più marcati rispetto a me. Mi voleva bene, ne ha sempre voluto e sin da piccoli mi ha sempre difeso ed è quello che ora lui stava facendo, ancora. Nessuno di noi pianse, sappiamo benissimo che non è un addio, ma solo un lungo arrivederci.
....
Salito in macchina, mia madre in modo fulmineo accende il motore e partiamo verso l'aeroporto. Il viaggio è stato silenzioso, non me l'aspettavo, così silenzioso da trasformare la mia testa in un cinema. Vedo immagini sfocate di un continente completamente diverso dalla Corea del Sud, città più piccole e piene di gente. Cosa mi avrebbe messo in servo la mia nuova avventura. Ero spaventato? Sicuramente. Ero un asiatico, come mi avrebbero trattato le persone? Sono razzisti? Troppe domande. Basta.
Mia madre, in meno di cinque minuti è arrivata davanti la porta dell'aeroporto, e proprio in questo momento si gira e mi guarda. Finalmente. Mia madre è durata per troppo tempo, così scoppia a piangere, e lo stesso faccio io; nessuno dei due vuole allontanarsi, lei è sempre stata il pilastro portante di tutta la mia vita.
"Mamma"
- continuai a dire tra i singhiozzi.
-"Piccolo mio, nessuno di tutti noi voleva questo per te, nessuno se lo sarebbe mai aspettato, ma ti prego va."
Anche lei tra i singhiozzi, continuo ad abbracciarmi, fino a quando dopo un profondo respiro, mi lascio andare.
Con grande preoccupazione scesi dalla macchina, e mia madre senza nemmeno vedermi entrare, andò via.
Ora ero solo, dovevo cavarmela come meglio potevo. Dovevo farlo per tutti, per me.
Era ancora notte fuori quando presi il primo aereo disponibile.
La mia tappa era già destinata.

L'Italia.

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⏰ Ultimo aggiornamento: May 20, 2019 ⏰

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