pervinca.

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Un brivido mi ricopre il corpo.
Chi era e che voleva dirmi con quel messaggio spaventoso, quello sconosciuto?
Forse è colui che ha ridotto Nash in quello stato.
Devo scoprire chi sia.

"Andiamo?" Chiede sbucando dalla sua stanza con vestiti che gli aveva portato sua madre da casa.

"Ehm... certo" affermo insicura.
Non so se gli dirò del messaggio, se farlo preoccupare o lasciar perdere.

Mi prende per il braccio e ci dirigiamo all'auto di sua mamma, sedendoci, una volta aperta, uno accanto all'altra sui sedili posteriori. Appoggio la testa sulla sua spalla tentando di non toccargli le costole rotte con le braccia, mentre lui mi dà un leggero bacio sulla tempia.
Sale anche la donna e senza parlare, guida verso casa.
Intreccio le dita a quelle del moro, rabbrividendo quando sento che la sua mano è fredda.
Guardo la strada oltre il vetro e gli alberi, da cui iniziano a cadere delle foglie di color arancio, al passaggio del veicolo scuotono le loro chiome.
Mi sento mancare l'aria con un senso di oppressione al petto.
Chi potrebbe far del male a Nash? Per quanto poco lo conosco, non lo giudicherei un attacca brighe, ma allora quel era il motivo di tutto quello che gli è capitato?

La signora Grier frena davanti casa sua - non sapendo dove vivo - e scendo seguita da Nash, che non lascia nemmeno per un attimo la mia mano.
I capelli viola mi ricadono sugli occhi, e con un soffio cerco di spostarli, ma una ventata li fa sferzare sul mio collo.
Come se tutto ciò che mi circonda sapesse tristemente di lui, il cielo, il terreno delle aiuole e i cespugli sembrano anch'essi rabbuiati.

"Beh..." inizia la donna.
Dò un'occhiata a Nash e lo vedo sorridere flebilmente.
"Grazie per averci chiamati" dice sincera, alternando lo sguardo fra me e suo figlio.

"Non c'è di che, teniamo entrambe a lui e non l'avrei mai lasciato a terra" ammetto indicandolo.

Sorridiamo complici e mi chiede se voglio rimanere a cena da loro questa sera.

Il ragazzo dagli occhi azzurri si volta verso di me e mi prega con un labbruccio, tenero e dolce, che mi fa sciogliere in un battito di ciglia e mi convince ad accetare l'invito della gentile signora.
"D'accordo, a stasera" la saluto mentre entra nell'abitazione e mi fa un cenno con la mano.

"Allora... hai intenzione di spiegarmi che è successo o mi vuoi tenere sulle spine?" domando senza guardare il suo viso.

Molla la presa sulla mia mano lentamente e lo odo sospirare.

"Non so di preciso cosa sia successo, é accaduto così in fretta..." si massaggia la nuca "stavo camminando per tornare a casa, ero appena tornato dalla tintoria ed era piuttosto tardi, quando improvvisamente ho sentito un colpo secco alla schiena e nel momento in cui mi sono voltato, mi è arrivato un pugno in faccia. Non sono riuscito a vedere chi fosse" racconta un po' accigliato, come se al ricordo gli dolessero ancora le parti del corpo appena nominate.

Porto l'indice sulla sua guancia e mi alzo in punta dei piedi per resistuirgli il bacio.

"E poi? Che è successo?"

Mi coccola come può e torna a parlare.

"Dopo il pugno, la mia vista si è appannata leggermente, impedendomi di vedere chi fosse, e ho ricevuto altri colpi al petto. Ha fatto male, anzi, malissimo, ma non ho davvero capito da chi provenissero".

Non so come faremo a risalire all'artefice di tutto ciò, e non so nemmeno se dirgli del messaggio. Ma infondo, cosa potrebbe succedere di male ammettendolo?
Nulla.

"Mi è arrivato un messaggio in ospedale, Nash..." inizio prendendo il cellulare dalla tasca dei jeans "non è niente di che... ma mi ha messo un po' di soggezione".

Glielo mostro e rimane di stucco.

"Niente di che? Ti ha minacciato Purple!" Sbraita.

Si volta verso casa sua e si spettina nervosamente i capelli.

"Che facciamo?" Domando sperando che non se la prenda con me. È l'ultima cosa di cui abbiamo bisogno dopo quello che ha passato.

"Come dovrei fare a saperlo?".

Proprio in questo momento, la schermata del telefono s'illumina.
Melvin mi sta chiamando.

"Rispondi" fa spallucce il castano, senza preoccuparsi di conoscere il mittente.

Premo sullo schermo di vetro e accetto la chiamata.

"Purple! Non ti ho più sentita dall'altro ieri".

"Sì... scusami, dovevo studiare".

"Non è vero, perchè sono passato da casa tua e non c'era nessuno. E poi sappiamo entrambi che non sei il tipo da passare giornate intere a studiare".

"Ops".

"Seriamente. È successo qualcosa?"

"Sono dovuta andare in ospedale..."

Rivolgo uno sguardo veloce a Nash, che non si è perso nemmeno un secondo di chiamata. Mi scruta e con il labiale chiede con chi sto parlando. Nessuno rispondo allontanando il cellulare dalla bocca.

"... per un'amica di mia madre che ha avuto un bambino".

"Ah, capito. Comunque, volevo chiederti se stasera ti andava di uscire con me. Niente di troppo formale, pensavo di andare a mangiare qualcosa da Walles".

"Ehm... chiedo un attimo il permesso, aspetta".

"Mi ha chiesto un appuntamento" riferisco.

"Ma chi?".

"Non lo conosci".

Riduce gli occhi a due fessure e mi fulmina all'istante. Si avvicina precipitosamente a me e mette un paio di dita sotto al mio mento.

"Sarà, ma chiunque sia, non ha bisogno di te quanto ne ho io. Declina" ordina, facendo scontrare le nostre labbra. Oddio, non posso dire di no ad una serata con lui, ma ho fatto una promessa a Melvin.
Aspetta. Ho avuto quello che volevo, cosa ci faccio ancora con quello?
Sciolgo quel piccolo legame che teneva unite le nostre bocche e torno dal biondino.

"Mi hanno appena ricordata che sono in punizione, mi dispiace..."

"Ah davvero? Te l'hanno detto i tuoi, o quel ragazzo che ti ha appena baciata, proprio davanti a te in questo momento?".

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Allora, parto dal presupposto che è da un anno che non aggiorno e mi dispiace. Sono contenta che ci sia ancora qualcuno che legge, e da questo capitolo ne scriverò di nuovi, perciò da qua in poi sarà una sorpresa ;)

Lasciate un stelline e un commento se vi va, mi farebbe piacere!♡
- em.

Purple Water > Nash Grier.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora