Pare una stella rapida nei movimenti, invece è una navicella.
Piccola, rotonda, cromata.
Nel morbido ventre fatto di cuscini ospita celle criogeniche contenenti cibo liquido, acqua, bombole di ossigeno, semi di piante, frutta, verdura e travi destinate alla costruzione fai-da-te dei primi rifugi su Marte.
Lanciata dalla terra due mesi prima, la navicella viaggia nel vuoto.
La gravità é la sua patria.Pare una stella, invece è un meteorite.
Piccolo, deforme, con un paio di crateri tatuati assai bene.
Una specie di patata spaziale che vaga nello spazio da miliardi di anni: ha cavalcato un'onda interdimensionale, ha passato poi qualche millennio in un universo a quattro dimensioni per poi tornare nella terza in seguito a una tempesta magnetica, schivando buchi bianchi e neri e, a un certo punto, si ritrova nella traiettoria della navicella.Il prevedibile schianto avviene dopo tre giorni terrestri.
La piccola patata gratta via la piccola navicella, che prima si ammacca, poi si accartoccia, infine si crepa; i cuscini vengono risucchiati dagli squarci, le celle criogeniche esplodono, le taniche d'ossigeno pure, e l'intera navicella salta in aria come se gioisse della sua nuova forma di detrito spaziale.
Tutto ciò accade, però, senza un rumore.
La navicella è morta con dignità.Tutta questa dignità silenziosa di certo non viene sentita su Marte, dove i dodici partecipanti del reality show -LITTLE BROTHER- perdono litri di sudore sotto quelle tute spaziali, impegnati nella costruzione del primo rifugio dopo l'atterraggio.
-LITTLE BROTHER- vanta diciassette anni consecutivi di messa in onda ventiquattro ore su ventiquattro; dieci miliardi di persone lo seguono ogni giorno, un evento storico mediatico che ha filmato passo-passo la selezione di dodici partecipanti di sei nazioni diverse: Germania, Russia, Cina, America, Africa e Italia.
Un maschio e una femmina per ciascun paese che hanno fatto preparazione psico-fisica per il viaggio spaziale, poi sono partiti, hanno viaggiato nel vuoto per duecentodieci giorni e infine sono atterrati.
Ora sudano, in preda alle crisi del fai-da-te, non capiscono come montare un letto un po' alieno sulla superficie aliena di Marte, devono alienare Marte, ma dove si mette questa vite? si chiedono, e sudano, perché fa pure più caldo del previsto e dentro le tute, sebbene climatizzate, si schiatta.L'unico che se ne sta sdraiato su un'amaca tutto il giorno é Don Sciascià, il più vecchio del gruppo.
Lui se ne sta a guardare i tramonti, le albe, il paesaggio rosso, cerca di cogliere i suoi rumori, la sua santità, mentre gli altri giù a sollevare travi, salire le scale, martellare, avvitare, trapanare, bucare, scavare, cambiare i barili d'ossigeno, ricordarsi di chiudere la porta dell'astronave sennò le celle criogeniche si surriscaldano fino a rompersi, cambiare i filtri per i bisognini, essere gentili e professionali l'uno con l'altro e via discorrendo.Don Sciascià è laureato in ingegneria spaziale, ma questo lo sanno tutti.
É un Gesuita convinto.
E questo nessuno lo sa.
Lui è in missione segreta per conto dei gesuiti.
Prima di partire per Marte, venne convocato dal gran capo segreto dei gesuiti, che gli diede un papiro segreto arrotolato cento volte con una tecnica segreta, e dentro al papiro, c'era un codice alfanumerico segreto, che venne decodificato dal nostro anziano partecipante il giorno precedente al viaggio.La missione?
Importare il credo della compagnia di Gesù su un altro pianeta, in modo tale da farla diventare la prima religione cardine su Marte.
Ma come?Don Sciascià nascose trenta crocifissi dentro la sua cella criogenica, contenente gli alimenti liquidi per il primo mese di sostentamento.
Durante le ore di riposo dei suoi compagni, sin dal primo giorno il vecchio gesuita sgattaiolava verso i rifugi incompleti, e incollava un crocifisso a forma di falce e martello, stando sempre ben attento a non farsi vedere nemmeno dalle telecamere, cosìcché il mattino seguente, tutto il vecchio mondo e tutti i partecipanti del reality rimanevano interdetti da tali apparizioni misteriose, poiché una delle regole del viaggio su Marte è quella di lasciare la propria fede e i propri idoli nel vecchio mondo, proprio per dare la possibilità a nuovi credi di prendere piede nelle future generazioni , un esperimento di sociologia applicata.