Airplanes

24 0 0
                                    

Sentii un forte odore di sangue nel momento in cui ripresi conoscenza.
Era un odore acido, secco, potente, che ti entrava dentro e non ne usciva mai più. Ricordo di aver inspirato profondamente, e di essere quasi svenuta dallo sforzo. È il minimo che una persona possa fare -respirare-  ma a me risultava tremendamente difficile. Non mi domandavo perché, né il come, né in che diavolo di situazione fossi. Andava tutto in ordine, ed io non ero altro che una ragazza alla deriva, sballottata di qua e di là da correnti più forti di quanto avrebbe mai potuto immaginare. C'era tutto buio, nero, e ancora buio. Quell'oscurità impalpabile, quasi finta, che ti impedisce di capire se stai sognando un incubo oppure se sia reale. Quando deglutii, senti la bocca impastata di qualcosa, ma non riuscivo a capire cosa. La mia lingua fece capolino dalle labbra e si appoggiò sul tessuto che mi tappava la bocca. Mi avevano imbavagliata.
E lì partì la consapevolezza.
Tutto mi crollò addosso all'improvviso, con la forza di un treno. I miei genitori, la mia amica, la festa, il non parlare, la cantina, il tienila ferma, ed infine il colpo alla nuca. E non riuscii a sopportarlo.
Non poteva essere capitato a me. Avevo appena 14 anni, ed era la mia vita. E nella mia vita quelle cose non succedevano. Nella mia vita, quelle cose appartenevano ad altre vite, ai telegiornali, alle voci sussurrate con rammarico, alle tragedie che non ci toccavano mai davvero.
Non poteva essere capitato a me.
Ero ancora viva.
Doveva pur significare qualcosa.
Mi toccai il corpo. Avevo le mani libere, forse anche i piedi, ma non avevo molta sensibilità. Era come se mi avessero drogata, e quella droga stava svanendo, però c'era ancora.
Mi lascai sfuggire un urlo spaventato -roco e quasi impercettibile- quando scoprii di non indossare nulla. O meglio, qualcosa lo indossavo, ma pareva una lunga camicia da notte, sotto alla quale non c'era niente.
Qualcuno mi aveva spogliata.
A quel punto avrei dovuto aspettarmelo, ma fu lo stesso paralizzante. L'essere violata non mi aveva nemmeno sfiorato la mente. E quasi svenni quando mi toccai le gambe e le sentii secche. Oltre la pelle graffiata e bruciante -quasi come se fossi stata buttata nel fuoco- avvertivo una lunga crosta, che percepivo fino al ginocchio. Cominciai a piangere. Il sangue, quello che sentivo nell'aria, era mio. Oltre ai numerosi tagli, era altamente probabile che mi avessero stuprata. Mi sentivo come se mi avessero già uccisa. Ero ancora viva oppure ero già morta?

Sto sistemando fisica nell'armadietto quando una mano mi atterra sulla spalla. Il mio primo istinto è quello di scappare, perché di certo sarà ancora Jared o altri bulli come lui. E io vorrei, almeno per oggi, evitarli. Mi volto e il mio cuore smette di battere.
È lui.
Credo di aver appena avuto un infarto.
Deglutisco, stringendomi i quaderni al petto, ed inizio ad indietreggiare, quando i suoi occhi inchiodano i miei. Ci siamo guardando in modo molto diverso dall'ultima volta.
Quando finisco con le spalle al muro di armadietti, sono costretta a stare ferma.
"Come ti chiami?", mi domanda, scrutandomi curioso, con falsa inconsapevolezza.
Scuoto la testa. È già pazzesco che non si ricordi di me, o che finga, ed è ancora più strano il fatto che mi stia chiedendo questo. Io con lui non ci voglio più avere a che fare. Lui era con quel bastardo, quella notte. Indipendentemente da quello che ha fatto dopo, prima era con quello.
Prima non mi ha salvato. Prima è stato a guardare.
Vorrei dirgliele, tutte queste cose. Ma, come sempre, i miei pensieri rimangono tali e non diventano mai tangibili.
Lui inarca le sopracciglia e si ficca le mani in tasca. Si starà domandando perché sono così strana, penso. Poi rompe il silenzio.
"Sei Cenerentola? Cosa ti costa dirmi il tuo nome?"
Vorrei ridere. Vorrei davvero ridere, perché l'ultima volta che io gli ho chiesto quanto ti costa lui mi ha risposto che non poteva.
Ed ora basta prestare un minimo di attenzione per capire che le situazioni si sono ribaltate.
Voglio solo andarmene. Il mio piede si muove da solo, verso destra, ed io mi sposto con tutto il mio corpo. Sto per correre via, quando la sua mano afferra la mia. Una scarica di puro terrore mi percorre tutta.
Mi guarda. I suoi occhi scuri sono molto intensi, ma ugualmente rivoltanti. Mi libero dalla sua stretta con uno strattone e corro via. Corro via lontano da tutti. Compresa me stessa.

"Quanto ti costa? Quanto ti costa liberarmi?"
Nel buio, sussurravo queste parole.
Quando lui mi rispose, quasi impazzii dalla paura.
"Troppo."
Una sagoma nera come l'inchiostro si stava avvicinando. Cercai di indietreggiare col corpo, ma avevo i muscoli doloranti e non riuscivo a fare mezzo passo.
Lui aveva in mano un cellulare, o un computer, o qualunque cosa fosse, ed io riuscii a vedere il mio riflesso per qualche secondo.
Ero irriconoscibile.
Scrollai energicamente la testa, cominciando a piangere. Avevo paura che mi facesse del male, soprattutto ora che ero sveglia.
"Per piacere..."
"Non voglio farti del male. Non sono io ad averti fatto questo, okay? È stato un altro. Io non c'entro nulla", si inginocchiò davanti a me, ed i suoi capelli scuri si confondevano con l'oscurità, "mi dispiace."
Singhiozzo più forte, cercando di farmi compatire. "Per piacere, liberami, allora..."
"Se lo faccio..." vidi il suo pomo d'Adamo andare su e giù "se lo faccio morirò."
E, detto questo, allungò il braccio verso di me e mi infilò un ago nel braccio.

Quando riaprii gli occhi, ero libera.

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Jan 17, 2017 ⏰

Aggiungi questa storia alla tua Biblioteca per ricevere una notifica quando verrà pubblicata la prossima parte!

Keep Holding OnDove le storie prendono vita. Scoprilo ora