Prologo

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"Dannata elfa! Non poteva richiedere un furto come tutti gli altri?". Questi erano i pensieri di Wilidin mentre si reggeva con un bastone in mezzo ad una tormenta di neve, vi era abituato da quando portò qui il piccolo Erenghast anni fa ma di certo le sue ossa centenarie non gradivano una temperatura tanto bassa. "Ancora qualche minuto e dovrei raggiungere la cittá di quel medico" diceva mentre teneva stretti i documenti abilmente falsificati da Erenghast, senza i quali nessuno può entrare nel regno di Ardenis. Quando finalmente riusci ad intravedere diversi edifici di legno ricoperti da un bianco candido fece un respiro di sollievo capendo di essere giunto a destinazione, senza perdere un secondo cercò in fretta la taverna indicata per l'incontro. "Il cervo ghiacciato" lesse Wilidin sull'insegna della locanda ricoperta di neve, "un nome non di certo accogliente" pensò. Entrò nel locale e venne accolto da un ambiente caldo ed accogliente, le piccole torce sparse qua e la contribuivano, insieme al grande camino di pietra, a creare un'atmosfera rilassata mentre il rosso del fuoco rifletteva sul legno levigato di cui era costituito la maggior parte degli oggetti di quella taverna. Insieme a quel calore una musica, suonata da un'abile bardo elfico con un violino, contribuiva a far sentire Wilidin riposato e le sue ossa dimenticarono presto il freddo delle montagne. Osservando il posto notò il nano al bancone sorseggiare un boccale di birra nanica mentre l'elfa e l'umano discutevano più che animatamente ad un tavolo al centro della sala dando notevole fastidio alle persone circostanti, seppur qualcuno la vedesse come una cosa divertente grazie a qualche boccale di troppo.

Wilidin si sedette al bancone accanto ad Itrek: un nano orfano cresciuto in una chiesa da dei chierici adoratori di Pelor, imparò le arti magiche per aiutare i deboli ed i feriti, a rispettare il volere assoluto degli dei e a perseguire nei propri obiettivi per un fine superiore. Quando aveva superato i 30 anni la chiesa fu data in pasto alle fiamme da una banda di orchi ma solo lui e pochi altri riuscirono a sopravvivere; ricorda ancora la sua camera, il suo letto, il suo diario, il suo compagno di stanza, quel cortile dove aveva giocato da bambino e quella quercia nel mezzo dove amava arrampicarsi per poi far preoccupare tutti i chierici circostanti di una sua imminente caduta. Ricorda Gorlin, l'umano che lo allevò come fosse suo figlio, colui che gli insegno a parlare, a recitare i versi dei libri sacri... Ma nulla di ciò è rimasto se non un cumulo di macerie, cenere e i vestiti del vecchio Gorlin che ricoprivano un corpo scarno e bruciato che era impossibile riconoscere. Da quella tragedia si trasferì in varie città per poi trovare una dimora fissa dove lavorare come medico per il volere di Pelor, il suo sogno è quello di ricostruire quella chiesa... quella chiesa con tutte quelle stanze, quei corridoi, quel cortine e piantare un seme dove possa rinascere quella quercia che tanto adorava da bambino. "Fa male vedere un nano un tempo cosi pieno di vita affogare le sue serate e i suoi ricordi in boccali di birra" pensò l'elfo.

Dopo ľennesimo sorso Itrek notò Wilidin e si voltò verso di lui facendo svanire i corti capelli castani mostrando due occhi neri come la pece su una pelle scura che sembra più sporca che di un colore naturale accompagnata da una lunga barba anch'essa nera. Dopo una rapida e sintetica conversazione ľaccordo venne concluso, "quel nano è disposto a tutto per ricostruire il suo passato" pensò Wilidin, sollevato di potergli dare questa opportunità.

L'elfo si alzò e si diresse verso i 2 litiganti, ľelfa lo notò e si diresse verso di lui lasciando ľumano senza nessuno con cui lamentarsi e dando di che ridere alla gente circostante che non perse tempo a prenderlo in giro dicendo che non saperci fare con le donne.

Galadwen veniva avanti con passi svelti ed eleganti tanto da far svolazzare i biondi capelli che nascondevano la chiara pelle del suo volto, le sue labbra carnose e i suoi occhi verdi che brillavano come uno smeraldo nella più oscura miniera di Ardenis sotto l'effetto del fuoco proveniente dalle torce sparse. Wilidin ricordava la sua storia: cresciuta in un villaggio elfico fu addestrata alla sopravvivenza e al tiro con ľarco come da tradizione, era un villaggio fiorente e pacifico alľinterno di una foresta altrettando florida. Qualche tempo fa quella foresta venne rasa al suolo e il villaggio fu depredato da esseri senza anima controllati da un'unica entità: probabilmente un necromante aveva bisogno di corpi per i propri esperimenti. Galadwen non poteva sopportare che i suoi genitori, i suoi amici e tutte quelle persone con cui aveva condiviso più di 80 anni di vita potesserò morire così, in uno schiocco di dita, per il capriccio di un uomo che non sapeva niente ne di lei ne di nessun'altro elfo, come poteva prendere le loro vite? Che diritto aveva di farla soffrire così tanto? Che diritto aveva quell'uomo avido di trasformare la sua vita in un inferno? Senza poter nemmeno guardarsi indietro per dare un'ultimo sguardo alla sua casa fatta di rami e corteccie, mentre veniva divorata dal fuoco insieme ai suoi cari ed al resto del villaggio, corse più di quanto avrebbe mai pensato di poter fare tra gli alberi di quella foresta che conosceva come casa e dove aveva cacciato per tutta la sua vita, seppur di soli 80 anni, insieme a suo fratello maggiore che in lacrime la tirava tenendola per il polso. Dopo pochi giorni accampati in una prateria poco distante da quel che rimaneva della loro foresta, suo fratello una notte partì durante le ore di meditazione della sorella lasciandole un biglietto  in cui riferiva di essere partito all'inseguimento di quel necromante e che avrebbe riportato indietro tutti, avrebbe obbligato quel terribile umano a riportare in vita i suoi cari, avrebbero potuto vivere ancora insieme come una famiglia e ricreare quella foresta di cui erano stati privati senza alcuna pietà. In'oltre nella lettera vi era scritto di dirigersi ad Ardenis, una terra dominata dagli umani in cui probabilmente avrebbe potuto trovare indizi su quel necromante nel caso lui non fosse tornato. E così eccola qui, a discutere con un'altro elfo di un accordo che non rispetta i suoi principi di bene e legalità, a Wilidin ci vollerò diverse decine di minuti per riuscire a convircela aggirando e rivoltando le sue convinzioni, cosa che era abituato a fare dato il suo compito "diplomatico".

Dopo aver concluso si alzò dal tavolo a lato in cui aveva discusso con Galadwen e guardò Kamat vistosamente nervoso seduto al centro del locale con la sua armatura scintillante e lo scudo a torre poggiato al lato del tavolo che, riflettendo limpidamente la luce delle varie torce circostanti, rendeva quel punto centrale della stanza molto luminoso e vistoso, fin troppo per i gusti di Wilidin che cercò di chiamare a lato l'uomo che tuttavia sembrava ignorare la sua presenza. A quel punto l'elfo, non avendo altra scelta, si decise a sedersi al tavolo centrale della taverna e incrociò il freddo sguardo del guerriero che si trovava all'altro capo del tavolo circolare.

Kamat era il genere di persona che Wilidin non sopportava: egocentrico, vanitoso e avido. Tuttavia l'elfo ricordava anche la vita di un tipo come lui: nato e cresciuto in un piccolo villaggio nascosto in una gola tra le montagne era stato addestrato da sempre alle arti della guerra, una volta pronto il suo compito fu lo stesso assegnato a tutti i suoi commilitoni: proteggere gli Anziani e il tempio in cui era custodino un manufatto che solo essi hanno il privilegio di vedere. Si narrano molte leggende su quella reliquia: alcuni dicono doni la vita eterna, altri che dia poteri sovrannaturali andando oltre le regole della magia, altri ancora che sia un contatto diretto con un unico e solo dio che ci osserva tutti. Tutte baggianate, almeno per Wilidin, ma per Kamat non era così; dedicò la sua vita a questo scopo fino a quando il villaggio venne raso al suolo dalle fiamme appiccate da un'orco il cui esercito aveva precedentemente circondato il posto. Vi su una sanguinosa battaglia tra gli edifici in fiamme ed un caldo asfissiante mentre nell'aria la brace galleggiava rendendo il tutto di un coloro rosso come l'inferno, durante la battaglia il sacro tempio bruciò e Kamat riuscì a scorgere lo scrigno che conteneva l'artefatto mentre veniva preso dagli orchi. Dopo un tempo, che all'uomo parve interminabile , la battaglia finì: i sopravvissuti spenserò alla svelta il fuoco e gli Anziani non riuscivano a reggersi in piedi alla vista dell'orrore che avevano appena vissuto. Da allora è alla ricerca dell'artefatto che sa essere giunto ad Ardenis.

Le trattative con l'uomo andarono per le lunghe, ci volle molto per fargli capire che il pagamento non poteva essere aumentato e che la cifra pattuita non poteva essere cambiata, "questo tizio ci creerà più problemi che altro" penso Wilidin ormai straziato da quella logorante conversazione.

A questo punto tutti gli accordi erano presi, Itrek sorseggiava l'ennesimo triste boccale di birra al bancone, Galadwen era persa nei suoi pensieri mentre fissava con uno sguardo impaurito la fiammella di una torcia e Kamat si aggirava nella taverna facendosi notare da tutti in modo quasi infantile. Wilidin prese una stanza nel piano superiore della locanda ed iniziò a meditare sperando che il gelo del crepuscolo fosse migliore di quello della tarda sera.

Il mattino seguente l'elfo noto dalla finestra che la tempesta si era placata e potè ammirare la città innevata che brillava grazie al riflesso della luce del sole appena sorto, uno spettacolo incantevole e affascinante per qualunque elfo degno di questo nome. Wilidin scese al piano inferiore e i tre contatti erano già svegli e, ovviamente, l'elfa e l'umano non potevano far altro se non bisticciare tra di loro. Il "diplomatico" uscì dalla locanda con i tre al seguito e dopo qualche ora di viaggio consegno loro dei documenti falsi "questi vi serviranno per passare la dogana e per restare ad Ardenis senza dover farlo nelle sue prigioni" disse in modo conciso l'elfo "in'oltre hanno una scadenza settimanale quindi o eseguite l'incarico o nel giro di qualche giorno le celle saranno la vostra nuova casa" annunciò dando un'occhiata a Kamat e facendo cenno di proseguire.

Arrivarono alla dogana, non era altro che una lunga palizzata di legno che circondava il famoso "regno delle montagne e dei leggendari fabbri" conosciuto come Ardenis. Le guardie di turno controllarono come di consueto i documenti dei viaggiatori, quando il pesante cancello si aprì si trovarono davanti a loro uno spettacolo di montagne con picchi in vari punto, un'immensa distesa di alberi che ricopriva tutto fino all'orizzonte dove si stagliava una grande città circondata da altissime mura ed alti edifici che producevano tante luci che rendevano quello spettacolo ancor più stupefamente. Wilidin salutò i tre avventurieri indicandogli di dirigersi a nord-est dove di li a poco avrebberò incontrato Erenghast, il capo dell'operazione.

Mentre il vento della montagna gli accarezzava il viso i tre avventurieri guardarono l'orizzonte con uno sguardo convinto e fiducioso: avevano accettato quest'incarico con tutti i rischi che avrebbe comportato ed ora, davanti a questa avventura non potevano tirarsi indietro.

Il loro viaggio è appena cominciato.

I quattro furfantiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora