CAPITOLO 1- Assenza di colpe

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Faith la stava fissando in quel modo. Non lo sopportava.

C'erano molte cose, in realtà, che Marion non riusciva a sopportare, ma niente era peggio di quello sguardo indagatorio. La stava squadrando dall'alto in basso, sapeva che la stava giudicando. Se non fosse stata la sua migliore- e pressoché unica- amica, probabilmente l'avrebbe già cacciata via dalla sua stanza e l'avrebbe buttata giù dalla scale gridando qualcosa di liberatorio e poco conveniente. Sospirò impercettibilmente quando la ragazza distolse gli occhi dai suoi capelli non esattamente pettinati per prendere il cellulare. Finalmente.

Con un altro sospiro –il centesimo forse, nell'ultima ora- si alzò dal letto lasciando l'amica a badare ai suoi affari, e si sedette davanti la scrivania accendendo il PC.

Non resistette più di un minuto. Un lunghissimo minuto scandito dal fastidioso ticchettare della tastiera del cellulare di Faith e dai sorrisini che volevano significare solo una cosa: il suo ragazzo le aveva scritto l'ennesimo, sgrammaticato e pieno di faccine perverse messaggino d'amore.

"Quanto hai intenzione di trattenerti ancora?" la buttò lì, esasperata.

"Mi stai cacciando?" le chiese lei, più sorpresa che amareggiata.

"Non ti sto cacciando..." rispose Marion, prendendo tempo per pensare a una risposta gentile. Poi preferì la verità: "Ma eri venuta qui per studiare e tutto quello che stai facendo è parlare con Barney! Cavolo, sembri una di quelle liceali che stravede per il capitano della squadra di football."

Solo allora Faith mise via il suo Samsung e chinò gli occhi. Marion sapeva che di lì a poco sarebbe scoppiata a piangere. La conosceva troppo bene. Sapeva che avrebbe dovuto provare pietà, ma era troppo su di giri e non riusciva a calmarsi. Poi l'altra si ricompose e riuscì a rispondere:

"Ma Marion, noi siamo ancora liceali."

"Sì, ma Barney non gioca nella squadra di baseball, e non lo prenderanno mai se non si decide a perdere qualche chilo e magari la metà del suo egocentrismo."

Ecco, adesso piangeva sul serio. Aveva messo il dito nella piaga. Una grossa e purulenta piaga. Barney, il ragazzo di Faith, aveva perso trenta chili negli ultimi anni, e col tempo aveva iniziato a provare una sorta di ossessione per il suo corpo. Di certo non era un modello, e mai lo sarebbe diventato –per la faccia, ahimè, non c'è dieta che regga- ma aveva messo anima e corpo per raggiungere quei risultati. Comunque, Marion non si sentiva in colpa per ciò che aveva detto. Il problema di Barney non era certo il suo peso o i suoi capelli da elettricista sbadato, quanto il suo ego sconfinato. Se lo meritava.

Nel momento stesso in cui vide Faith lasciare la stanza in lacrime sapeva già dove sarebbe andata: a casa del suo ragazzo a raccontargli tutto, per filo e per segno. Come aveva sempre fatto. Non potevano esserci segreti tra loro due, nessun tipo, senza che anche Barney lo sapesse. Così Marion aveva imparato a fidarsi solo di se' stessa.

Ipocrisia, ecco un'altra cosa che detestava. Stava pensando a questo mentre finiva il progetto anche per conto di Faith. No, non era lei il problema. Il problema era lui, come sempre.

Il conto alla rovescia stava quasi per arrivare a zero. Era un gioco che aveva imparato a fare quella volta che, due mesi prima, aveva invitato Faith ad una festa in spiaggia e lei era andata a spiattellare tutto a Barney. Lui l'aveva chiamata dopo cinque minuti esatti, urlando e sbraitando frasi senza senso –i periodi ipotetici non erano certo il suo forte-sul perché una ragazza non potesse andare a fare il bagno al mare mentre il suo fidanzato è in vacanza a duecento chilometri di distanza. Adesso, ogni volta che succedeva qualcosa di simile, prendeva il suo orologio sportivo e impostava il timer: di solito sbagliava solo di qualche secondo. 39...38...37... Driiiiiiiin

Cavolo pensò questa volta è in anticipo.

"Qui è Marion, posso esserle d'aiuto?" iniziò, con tono di scherno.

"Hai fatto piangere Faith!" l'accusò una voce familiare dall'altro capo del telefono. Familiare, ma non piacevole.

"Ne sei sicuro? Potrebbe essere stata la tua faccia." Di solito non le piaceva calcare la mano o provocare la gente, Barney primo tra tutti, ma quella volta era davvero stufa. Niente l'avrebbe potuta fermare.

"Non devi più azzardarti a parlare con lei. Lei non verrà più a casa tua, d'ora in avanti."

"E' una sua scelta? O la tua?"

Nessuna risposta. Le aveva chiuso il telefono. Meglio così. Non sopportava vedere la sua amica succube. Da quando l'aveva conosciuta, tre anni prima, era sempre stata fidanzata, ma lei non l'aveva mai frequentata fuori dalla scuola. Perlomeno, non insieme a Barney.

Un anno prima, invece, Marion aveva lasciato Wilson, il suo ex-ragazzo, e Faith le si era fatta sempre più vicina, convinta di consolarla. In realtà non ce n'era stato bisogno: Marion non si era mai sentita più libera e felice. Il fatto è che, iniziando a frequentare i due, si è resa conto di quanto grave fosse la situazione.

Barney trattava Faith come se fosse la sua schiava. Non poteva fare nulla che lui non volesse, e non poteva evitare di fare qualcosa che lui le avesse ordinato. La sgridava, la ignorava, usava le parole più brutte di questo mondo per offenderla, e lei diceva di amarlo.

Marion si era ormai convinta di due cose:

1. L'amore non esiste

2. Se esiste, allora fa schifo.

L'unico ragazzo con cui era stata era Wilson. Ora si rendeva di non averlo mai amato, di aver solo voluto provare cosa significasse essere fidanzati. Niente di cui non si potesse fare a meno. Soprattutto quando il ragazzo in questione è più ignorante di Barney.

C'era una sola cosa a cui doveva concentrarsi: la scuola. Di lì a poco avrebbe iniziato la sua vita al college. Era ambiziosa, determinata, e non aveva nessun rimpianto: non vedeva l'ora di scappare da Barney, Faith e tutti i loro giudizi insensati.

Nessuno avrebbe mai più potuto dirle "Perché non ti trovi un ragazzo? Senza l'amore la vita non ha senso".

Baggianate.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 22, 2016 ⏰

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