inizio...

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Sapevo che accettare di lavorare per la Walker Costruzioni avrebbe segnato la fine della mia autostima, quello che però non potevo sapere era che, da lì a un anno, la mia vita sarebbe stata completamente sovvertita per colpa sua. Per farvi capire in quale categoria si colloca la persona in questione, potrei cominciare con una serie di spregevoli aggettivi, ma vi risparmio i particolari racchiudendo il tutto in un’unica, efficace, parola: demonio! Avrei dovuto capirlo fin dal giorno del colloquio in che guaio mi stavo cacciando. Quando entrai nel suo lussuoso, imponente ufficio e lui non alzò neppure la testa per guardarmi, limitandosi a tuonare un secco «Si accomodi» mentre la sua mano abbronzata, dalle unghie perfettamente curate, continuava a far scorrere la Mont Blanc sul foglio. Dopo essermi seduta senza dire nulla, mi ritrovai a fissare la sua testa corvina, desiderosa e impaziente di vederla sollevarsi per ammirare il misterioso viso di Mr. Walker. Ricordo che il mio stomaco cominciò inspiegabilmente a contorcersi per quanto mi sentivo disorientata. Cercai di scacciare i pensieri maliziosi che si erano scatenati nella mia mente, puntando lo sguardo dapprima sui grossi quadri appesi al muro, poi sull’incantevole vista che offriva l’enorme vetrata alle sue spalle, ma i miei occhi tornavano inspiegabilmente a posarsi su di lui, come fosse il polo opposto della calamita. Indossava un costosissimo completo blu cobalto, in tinta con la cravatta lucida, e una camicia a quadretti bianchi e azzurri, perfettamente stirata. Peccato che la mia immaginazione continuava a vagare al di sotto della costosa stoffa, tra addominali e bicipiti definiti, famelica di scoprire se si trattasse di uno di quei casi in cui realtà e fantasia si incontrano vittoriose dandosi il cinque. Improvvisamente non mi trovavo più in un ufficio elegante, bensì immersa in un mondo fantastico abitato da fate e creature magiche, dove Mr. Walker era un bellissimo unicorno luccicante, che trepidava per farsi cavalcare. Scossi la testa, scioccata da me stessa, allargai il colletto della camicia per prendere aria e attesi impaziente. Solo dopo alcuni, interminabili minuti, giusto il tempo di inebetirmi ancora con il suo meraviglioso profumo, così maschio e sensuale, alzò gli occhi su di me, sollevando le sue lunghe ciglia nere e scoccandomi un’occhiata paralizzante; agganciò lo sguardo al mio con una prepotenza tale da spezzarmi il respiro in gola, e fu allora che il mio cervello decise di fare le valigie per rifugiarsi in una capanna sul mare a sorseggiare un cocktail. Dire che era l’uomo più bello che avessi mai visto non gli renderebbe giustizia: in realtà era un pericoloso contenitore di ormoni maschili che stavano facendo impazzire i miei. Inspirai con forza cercando di ritrovare la ragione, mentre lui continuava a fissarmi con insistenza, e solo allora capii la scelta del colore del suo completo; non era in tinta soltanto con la cravatta, ma anche con la profondità delle sue meravigliose iridi blu. Il panico mi attanagliò la gola, il suo sguardo penetrante continuava a bucarmi la pelle e, nonostante fossimo avvolti da un silenzio angosciante, i suoi occhi non smettevano di parlare...

non chiedermi di baciartiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora